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mons. dionigi tettamanzi

 Il cardinale Dionigi Tettamanzi firma il libro degli ospiti

Cassago: mons. Dionigi Tettamanzi

 

Omelia di mons. Dionigi Tettamanzi

LA CARITA' NEL MATRIMONIO SECONDO il PENSIERO DI S. AGOSTINO

(16 novembre 1985)

 

Omelia tenuta da Mons. Dionigi Tettamanzi in preparazione del XVI centenario di S. Agostino.

 

Nel 1986 si celebra il XVI centenario della Conversione e del Battesimo di S. Agostino, una celebrazione, questa, che interessa tutta quanta la Chiesa Cattolica, ma che evidentemente interessa innanzitutto la Chiesa di Milano, perché proprio da noi S. Agostino ha camminato verso l'incontro Battesimale col Signore Gesù, guidato da S. Ambrogio.

È una celebrazione che interessa in una maniera del tutto profonda, più intensa e viva la Comunità Parrocchiale e il paese di Cassago.

Secondo la tradizione proprio qui S. Agostino ha avuto la possibilità di riflettere a lungo entrando nell'intimo del suo cuore e accogliendo nel santuario segreto del suo spirito la voce del Signore che lo chiamava ad una nuova vita.

Questa sera vogliamo anticipare, per così dire, questa celebrazione parlando della Carità. Lo facciamo perché ci troviamo in un contesto, quello della nostra Diocesi, nel quale il Cardinale continuamente ci richiama al «Farsi prossimo».

In realtà noi ci facciamo prossimi gli uni gli altri, precisamente nella carità e con la carità. Sul tema della carità, ora è interessante sapere che S. Agostino ha predicato moltissimo, così come ha scritto moltissimo su questo tema.

Celeberrimo, in particolare, il commento grandioso e stupendo che il Vescovo di Ippona ha sviluppato sulla Prima Lettera di S. Giovanni Evangelista: è tutto un inno, questa lettera all'amore di Dio, all'amore che Dio ha per noi e che noi, di conseguenza, dobbiamo avere verso di Lui, come radice e sorgente di una carità fraterna, di una carità fra di noi.

 

L'ordine dell'amore

S. Agostino, che ha trattato a lungo il tema della carità, presenta un concetto originale rispetto agli autori del suo tempo. Questo concetto viene formulato con un termine caratteristico e che è durato tanti secoli nella Chiesa: l'Ordine dell'amore.

L'amore è un sentimento vivo, che si effonde e si diffonde, con una effusione e diffusione a cerchi concentrici. Parte da Dio e prende il cuore dell'uomo, ma poi il cuore dell'uomo, infiammato da questo «amore», si rivolge ad un altro cuore umano, quello cioè della donna. Così l'ordine dell'amore trova il suo primo luogo dentro la coppia, nel dialogo tra l'uomo e la donna che si amano nel matrimonio.

I cerchi continuano ad allargarsi: ecco che l'amore invade la comunità familiare. Poi di nuovo l'amore prosegue il suo cammino e raggiunge, di comunità in comunità, l'intera società umana.

Ora è interessante cogliere negli scritti di S. Agostino alcuni spunti che possono contenere e dire qualche cosa di significativo e di importante anche per noi. Oggi è utile ritornare al suo insegnamento e attingere alcune linee caratteristiche per interpretare la vita quotidiana della coppia e della famiglia.

 

La forza dell'amore

Un primo spunto è questo: S. Agostino parla dell'amore come della forza primogenia che lega insieme nella storia del mondo l'uomo e la donna. Scrive così nel libro «Sul bene del matrimonio»: «La prima alleanza con la quale si esprime la naturale società umana è quella dell'uomo e della donna»; e commentando il libro della Genesi, il primo libro della Bibbia, S. Agostino si domanda: «Come mai Dio ha voluto non creare separatamente l'uomo e la donna, ma ha voluto creare prima l'uomo e poi dall'uomo la donna?».

Ecco la risposta: «Dio non li ha creati separata mente, unendoli poi come due esseri stranieri; ma trasse l'uno dall'altro, sottolineando così la forza della loro unione col determinare che la donna fu tratta dal fianco dell'uomo». Come a dire: se la donna è tratta dall'uomo, è per far capire meglio che l'uno è fatto per l'altra e l'altra è fatta per l'uomo.

Sono chiamati, continua S. Agostino, a camminare fianco a fianco e a guardare insieme nella stessa direzione verso la medesima meta. È questo uno dei concetti più chiari di S. Agostino: nel matrimonio ci si ama, ma il segno di questo amore è dato dal camminare non ciascuno per la propria strada, ma tutti e due sulla stessa strada, fianco a fianco, guardando nella medesima direzione e facendo passo dietro passo per arrivare alla medesima meta. S. Agostino presenta questa meta in chiave cristiana: è la meta del Paradiso.

Siamo così nel mare, nell'oceano dell'amore, come a dire che l'amore inizia quaggiù, cresce di giorno in giorno, ma è destinato a trovare il suo comPimento nell'aldilà. Il vero amore gli sposi non riescono dunque a sperimentarlo durante il sia pur lungo amore terreno, ma lo possono sperimentare e godere senza fine solo nell'aldilà.

 

La fedeltà e l'indissolubilità

Secondo spunto: S. Agostino, parlando dell'amore coniugale, sottolinea con particolare forza la fedeltà. Bisogna essere fedeli l'uno all'altro. S. Agostino ha un concetto di fedeltà molto ampio e molto profondo, perché essere fedeli nel matrimonio non significa soltanto essere fedeli nel dono del corpo, significa piuttosto essere fedeli in qualche cosa di molto Più impegnativo, significa cioè essere fedeli nella vita di tutti i giorni, anzi, insiste di nuovo S. Agostino, è possibile essere fedeli nella vita di tutti i giorni solo quando la fedeltà nasce dal cuore e cresce nel proprio mondo interiore.

Soltanto se si è fedeli interiormente si sarà poi fedeli anche nella vita esteriore e corporale, dunque anche nella realtà del corpo. Ma c'è un altro particolare nel pensiero di S. Agostino, che si rivela importante per la situazione che noi oggi registriamo nella società e nella cultura. S Agostino insiste a tal punto sulla fedeltà da affermare con chiarezza che il vincolo d'amore tra l'uomo e la donna non possa essere spezzato da niente e da nessuno.

È un vincolo indissolubile. Ma il dato più suggestivo e nuovo rispetto a tutti gli autori che hanno preceduto e hanno accompagnato S. Agostino, sono i due paragoni che porta nella sua predicazione per mostrare la forza indistruttibile dell'unione che si dà nel matrimonio tra l'uomo e la donna.

Il primo paragone è quello del sacerdote: il sacerdote riceve il Sacramento dell'Ordine e in forza di questo Sacramento viene mandato ad una popolazione con il compito di guidarla e di accompagnarla sulla strada della salvezza.

S. Agostino fa questo caso: può darsi che un sacerdote ordinato non venga mandato in nessuna parrocchia, oppure che mandato in una parrocchia venga poi richiamato via dalla stessa. Ebbene il Santo dice: ma quello rimane sempre un Sacerdote, ha ricevuto il Sacramento dell'Ordine per sempre, per l'eternità è Sacerdote.

Ora qualche cosa di analogo si da anche tra gli sposi: una volta che hanno celebrato il Sacramento del Matrimonio, il Sacramento è qualche cosa di stabile, di duraturo, di perenne. Il secondo paragone riguarda il Battesimo: un battezzato deve essere fedele a Cristo e alla Chiesa. Purtroppo l'esperienza ci fa vedere come tanti battezzati non rimangono fedeli a Cristo e alla Chiesa, anzi c'è addirittura il caso è sempre S. Agostino che parla di un battezzato che riceve la scomunica e viene pertanto tagliato fuori dalla comunità cristiana.

Ma S. Agostino osserva: anche se uno viene scomunicato e, al limite, se non verrà neppure in seguito riconciliato con la Chiesa, è però battezzato, rimane sempre battezzato. Anche lo scomunicato, anche colui che non è riconciliato con la Chiesa, se ha ricevuto il Battesimo rimane per sempre battezzato. Ora qualche cosa di analogo avviene per le persone sposate. Hanno celebrato il Sacramento del matrimonio, e questo Sacramento crea un vincolo nell'animo degli sposi che è intramontabile. Sono sposi per sempre. Ma la cosa più interessante che S. Agostino dice è questa: se vogliamo andare alla ricerca del motivo più profondo per cui due sposi, una volta che sono legati tra di loro, non possono sciogliere il vincolo, questo motivo noi lo conosciamo da Cristo che in Croce ama e si dona alla sua Chiesa e la rende sua sposa. E il gesto di Gesù Cristo, in altri termini, non si è mai pentito, né si pentirà mai, né può affatto pentirsi di avere amato la sua Chiesa come sposa.

Ebbene la forza dell'amore di Gesù Cristo, attraverso il dono dello Spirito Santo, viene offerta anche agli sposi cristiani perché nella loro vita posano far vedere al mondo che Gesù Cristo continua ancora oggi ad amare la Chiesa, e donarsi alla Chiesa, a fare della sua Chiesa una sposa ricolmata dal suo amore.

Gesù Cristo rivela tutto questo al mondo proprio attraverso la testimonianza degli sposi fedeli, degli sposi cioè che non rompono il loro vincolo indissolubile.

L'amore dei genitori: procreazione ed educazione.

Vorrei accennare ad un ultimo spunto presente negli scritti di S. Agostino sulla carità coniugale e familiare.

Passiamo dalla coppia alla famiglia, dal rapporto non più tra uomo e donna bensì al rapporto tra papà, mamma e figli.

Parlando della famiglia S. Agostino sottolinea molto il bene da lui ritenuto il più importante: il Bonum prolis, il bene della prole, i figli. Il Concilio Vaticano II, vent'anni fa, ha scritto queste parole: «Per gli sposi cristiani i figli (al plurale non al singolare: il figlio) sono il dono preziosissimo del matrimonio». Pare di dover riconoscere che è venuta meno in tanti sposi anche cristiani la coscienza che il figlio esige si tanto sacrificio, tanta dedizione, tanta capacità di mettere a sua disposizione le proprie forze e il proprio tempo ecc., ma è un grande dono, è una benedizione, è una grazia.

È questo un concetto di S. Agostino, che il Concilio ha ripetuto e che meriterebbe di essere ripreso e rilanciato di continuo ai giorni nostri. Ma quando S. Agostino parla dei figli come del bene più prezioso del matrimonio, non intende fermarsi soltanto alla procreazione,. intende soprattutto, un'altra opera non meno importante, non meno impegnativa: è la procreazione di tutti i giorni, ossia l'educazione.

Non basta dare la vita al corpo, è indispensabile dare la vita all'anima: per questo, una volta che hanno procreato il figlio, gli sposi diventano educa tori, educa tori permanenti del figlio.

 

La responsabilità pastorale dei genitori

S. Agostino ha su questo punto un concetto formidabile, che noi abbiamo riscoperto soltanto in questi ultimi tempi: è il concetto che anche gli sposi cristiani, nella Chiesa, non sono persone che devono limitarsi a ricevere quanto la Gerarchia dice e offre loro, perché anch'essi hanno un loro posto, un loro compito, un loro carisma e loro ministero.

Questo è stato detto in maniera limpidissima e con grande vigore dal Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium: nella Chiesa tutti abbiamo un posto e un compito, tutti possiamo e dobbiamo essere attivi e responsabili. E ricorda in modo particolare il dono degli sposi e dei genitori cristiani (cfr. Lumen Gentium, n. II).

Ora il Concilio non ha soltanto il testo, ha anche le note al testo,. e chi legge oltre il testo anche le note, si trova di fronte a questa sorpresa: là dove il Concilio parla degli sposi che hanno un comPito a favore di tutta la Chiesa, attraverso l'educazione dei figli, in nota viene citato un testo di S. Agostino. S. Agostino, in una sua opera, dice che non soltanto i Sacerdoti, i religiosi e le religiose hanno un ministero da svolgere a favore della Chiesa, ma anche gli sposi stessi.

Vorrei concludere leggendo un testo di S. Agostino, dal quale appare la preoccupazione pastorale che egli aveva. Non voleva essere lui soltanto a impegnarsi per la salvezza delle anime, voleva che tutti condividessero la sua ansia pastorale, e i primi chiamati sono precisamente i Padri e le Madri, i genitori cristiani.

Così un giorno commentando una pagina del Vangelo nella quale si parla del servo, del servo che pigro non traffica i talenti ricevuti ma preferisce nasconderli e che alla fine viene condannato, S. Agostino dice: «Avete sentito nel Vangelo il premio dei servi buoni e il castigo dei servi cattivi. E tutta la mancanza di quel servo riprovato e gravemente condannato fu questo: non volle far fruttificare. Conservò integro ciò che ricevette. Ma il suo Signore esigeva i frutti, Dio è Avaro quanto alla nostra salvezza. Se viene in tal modo condannato chi solo non ha fatto fruttificare, che cosa devono aspettarsi quanti addirittura perdono?

Noi dunque (si riferisce a Lui come Vescovo) siamo dispensatori (Parliamo in Chiesa, educhiamo, formiamo, stimoliamo verso la salvezza), noi fruttifichiamo e voi ricevete ... ».

Così si rivolge ai fedeli. Ma subito aggiunge: «ma non pensate che voi non siete tenuti ed obbligati a dare e a fruttificare. Non potete fare fruttificare da questo luogo superiore (il pulpito), ma lo potete in qualsiasi posto vi trovate. Dove si biasima Cristo, difendetelo, rispondete ai mormoratori, correggete i bestemmiatori, non partecipate alle loro compagnie. Così voi fruttificate se guadagnate qualcuno alla salvezza».

Qui c'è la frase più bella: «Fate le nostre veci nelle vostre case. Il Vescovo è chiamato così perché sovrintendete e sovrintendendo cura. A ciascuno dunque nella sua casa, se ne è capo, deve aspettare l'incarico del Vescovo (Episcopatus Officium, sono parole precise di S. Agostino), perché i suoi credano, né alcuno di essi cada nell'eresia: né la sposa, né il figlio o la figlia, e neppure il servo. Se fate così, voi fruttificate, non sarete servi pigri e non dovrete temere la condanna così detestabile della fine dei tempi» (Sermone 94).

 

Costruire la civiltà dell'amore

Quanto sono venuto dicendo, anche se nei limiti ristretti di un 'omelia, penso che possa farci comprendere come S. Agostino sia ancora estremamente attuale, abbia ancora qualche cosa da dire anche nel campo della carità, di una carità che prende sede, innanzitutto, nel rapporto d'amore tra uomo e donna, i quali nel matrimonio sono chiamati a camminare insieme, guardando nella stessa direzione per raggiungere finalmente la stessa meta.

È l'amore, questo fra uomo e donna, che deve avere, come caratteristica oggi particolarmente importante, la caratteristica della fedeltà. Questa è possibile anche nelle situazioni Più difficili, se sappiamo che la sua sorgente non è il cuore dell'uomo, ma il cuore di Cristo che ha amato e si è donato alla sua Chiesa.

S. Agostino infine ci ricorda che l'amore dal cuore dell'uomo e della donna deve esprimersi raggiungendo i figli, preoccupandosi dei figli non soltanto per i problemi della vita terrena, ma innanzitutto per i problemi dell'anima, per i problemi della vita eterna. L'ansia pastorale non è soltanto del Vescovo, è anche dei genitori. S. Agostino li stima così tanto da chiamarli addirittura partecipi a loro modo, di un ministero episcopale. Vorrei chiudere ricordando un sentimento che riempiva il cuore di Paolo VI e che rappresentava il suo programma pastorale e la meta a cui voleva che convergesse non soltanto la Chiesa, ma l'intera umanità. Paolo VI ha parlato ripetutamente della civiltà dell'amore.

Papa Montini, che era veramente un innamorato di S. Agostino, quante volte nei suoi discorsi, soprattutto durante le sessioni del Concilio Vaticano II, ha citato questa parola di S. Agostino: «È necessario che vengano strappati i vincoli, le catene dell'egoismo; è necessario che la carità dilaghi ed invada il mondo intero».

Ma la prima fondamentale Pietra per costruire la civiltà dell'amore, è ancora S. Agostino che ce la insegna, è quella che viene collocata a base e a sostegno, di giorno in giorno, di questa primissima società d'amore che è la coppia, che è la famiglia. Durante questa S. Messa preghiamo tutti quanti perché le coppie e le famiglie di questa parrocchia abbiano a ricevere, proprio grazie all'intercessione di S. Agostino, questo che è uno dei più grandi doni: il dono di amar si sempre e di testimoniare agli altri che è bella, preziosa ed esaltante una vita intessuta ed alimentata dall'amore.