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brianza romana: Agliate

Epigrafe dell'aruspice Veraciliano su disegno in Amoretti (1794)

Epigrafe dell'aruspice Veraciliano

disegno in Amoretti (1794)

 

 

AGLIATE

 

 

 

 

 

All'incirca verso l'anno 1793 fu scoperto ad Agliate la lapide di un aruspice di nome Veraciliano.

E' questo monumento un bianco marmo somigliante al carrarese, alto più di tre piedi e largo uno, in cui vi è la seguente iscrizione:

 

D. M . T .

VERACILIANUS

ARISPIX D. M. S.

Q. V. A. CXXXV

S. C. ME SE SE VI

VO FECIT M.

MARCELLINA

 

Sotto dell'iscrizione vi è una specie di otre, e di fianco, alla destra il disegno di un coltellaccio, e a sinistra di una patera e di una verga.

L'Amoretti vorrebbe attribuire alla salubrità dell'aria in que' dintorni l'avere l'Aruspice Veraciliano vissuto 135 anni.

Lo stesso autore Carlo Amoretti ne parla ampiamente nella quinta edizione (1817) del suo "Viaggio da Milano ai tre laghi Maggiore di Lugano e di Como e ne' Monti che li circondano":

"Un'importante iscrizione di Veraciliano era a Giussano in casa Torri, e or è a Verano. Volendo colà andar da Giussano si passa a Robiano, ove pochi anni addietro fu scoperto a poca profondità un pavimento a mosaico non lungi dalla chiesa. Per coltivare il fondoè stato poi ricoperto.

A Verano che sta sopra Agliate in riva al lambro vassi a vedere la Villa trotti ove cento cose, che non sembrano fatte per istare insieme, son raunate. Ivi ognuno trova di che occuparsi, e anche l'antiquario e l'amante delle belle arti vi vedrà cose importanti. Vi sono parecchi antichi bassi rilievi, ed alcune iscrizioni, e fra queste il mentovato epitaffio di Veraciliano.

Questa lapide è stata negli anni addietro trovata nel distrutto castello d'Agliate con qualche altro pezzo antico e varie monete d'argento e di bronzo assai pregevoli che mostrano quanto colti fossero que' Confalonieri che li possedeano, e che, sul finire del XIII secolo, crudeli contrasti ebbero colla nascente Inquisizione."

 

 

 

 

In antico nota come castrum de Aia per la presenza di un castello, poi Costa d'Agliate sino all'Unità d'Italia, tra i suoi ruderi fu scoperta l'epigrafe dell'aruspice Veraciliano un sacerdote devoto al culto del dio Mithra. Il culto veniva celebrato all'interno di ipogei a cui si prestavano ottimamente le grotte che si aprivano e si aprono ai piedi della Costa, verso Realdino. Scriveva Ambrogio Palestra: «La religione di Mithra, il Sole-Re, entrò in Roma sulla fine del I secolo d. C. e si diffuse nel secolo seguente.  Questo culto conobbe una ben determinata gerarchia sacra che teneva i devoti organizzati in vere e proprie chiese e li educava ad una morale elevata iniziandoli col rito del taurobolio, il quale rito per alcuni aspetti esteriori, assomigliava al battesimo cristiano. Il culto di Mithra rappresentò una grave difficoltà alla diffusione del cristianesimo ed è noto che si scelse il dies natalis solis invicti cioè del dio Mithra, come data convenzionale per celebrare la nascita di Gesù Cristo. Il culto di Mithra è testimoniato a Milano dove esisteva un suo tempio in un luogo imprecisato ...  ad Agliate, che divenne poi sede di una antica pieve ... Nel 394 Teodosio soppresse a Roma il culto di Mitra, ma certamente lontano dalla capitale esso resisté più a lungo».

Da Costa proveniva un'altra lapide romana in serizzo con l'iscrizione mutila Blanda Viria Macri L. Era inserita in un muro di cinta e si diceva provenisse dall'antico castello di Agliate.