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Luigi Beretta: SANT'AGOSTINO IN BRIANZA

 Agostino ai piedi della Croce, affresco in S. Marco a Milano

Agostino ai piedi della Croce, affresco in S. Marco a Milano

 

 

 

SANT'AGOSTINO IN BRIANZA

di Luigi Beretta

 

 

 

 

L'argomento certamente è stimolante, ma parimenti arduo da affrontare. Tuttavia se ci poniamo qualche domanda, è possibile avviare una indagine ad ampio orizzonte non scevro da piacevoli sorprese. Innanzitutto possiamo chiederci se sant'Agostino in Brianza c'è stato veramente e dove, e poi proseguire domandandoci perchè ci è venuto e che cosa ci è venuto a fare. A conclusione val la pena di chiederci che cosa sant'Agostino ha significato per la Brianza e che cosa, ieri come oggi, ha lasciato nel cuore e nelle tradizioni dei suoi abitanti.

 

Il rus Cassiciacum

Sant'Agostino nel IX libro delle sue Confessioni ricorda con grande amore e riconoscenza il periodo in cui si ritirò nella villa dell'amico Verecondo nella campagna di Cassiciaco. Siamo nel 386-387 d. C. ed Agostino sceglie questo luogo per appartarsi dalle lusinghe e dalle sirene mondane milanesi, poichè ha ormai deciso di mutare vita e, con il battesimo, di consacrarsi interamente al servizio di Dio. In questa località Agostino scrive I Dialoghi, una serie di opere che prefigurano ampiamente le idee che troveranno sviluppo nella produzione letteraria e teologica della sua maturità. Il rus Cassiciacum è così giustamente diventato famoso tra gli specialisti del pensiero agostiniano, ma anche per i devoti del santo. Ma dove si trovava questa località romana ? Ebbene una duratura tradizione milanese ha sempre identificato questo luogo con Cassago, un paese che si trova in quella che fu la pieve di Missaglia nel bel mezzo della Brianza storica.

Di questo rus Cassiciacum parlano il Petrarca (De Vita Solitaria, II, 3, 5), Tristano Calchi (Mediolanensis Historiae Patriae, II, Milano 1490), Giuseppe Ripamonti (Historia Ecclesiae Mediolanensis, 1617, 229 e 234), il cardinal Federigo Borromeo (De christianae mentis jucunditate, Milano 1632, 87), Giulini (Carta Corografica lombarda), Antonio Sassi (Historia Litterario-Typographica mediolanensis), Carlo Redaelli, Francesco Bombognini, Ignazio Cantù (Guida alla Brianza, 1837), Massimo Fabi (Dizionario Corografico, 1855) ed altri: tutti lo identificano con Cassago. Questa incontrastata tradizione venne messa in dubbio da Alessandro Manzoni. Rispondendo nel luglio 1843 a una richiesta del rev. Poujoulat, che chiedeva notizie per scrivere una biografia di sant'Agostino, il celebre letterato propose, sulla base di argomentazioni linguistiche, la candidatura di Casciago nel Varesotto. L'autorità del Manzoni creò una vexata quaestio che si trascina ancora oggi nonostante il progredire degli studi che hanno permesso di approfondire la identificazione del rus Cassiciacum. Tutti gli autori che se ne sono interessati seriamente dal secolo scorso sino ad oggi hanno dato torto al Manzoni: così Biraghi, Bartolomeo Savio, Poujoulat, Barberis, Filippo Meda, dom Morin, Rinaldo Beretta, Charles Boyer, Romano Guardini, Cayrè, Othmar Perler, padre Trapé, Courcelle, Hans Balthasar e l'elenco non è finito. Le ragioni individuate da questi autori sono di ordine letterario (i testi agostiniani), archeologico, toponomastico e storico.

Già mons. Biraghi, dottore dell'Ambrosiana e scopritore della tomba di sant'Ambrogio, nel 1852 produsse un libello dal titolo Sant'Agostino in ritiro a Cassago Brianza nel Milanese per sette mesi, dove con dovizie di particolari, soprattutto archeologici e toponomastici, ribattè punto su punto alle argomentazioni manzoniane. L'opera del Biraghi fece ricredere il Manzoni, ma la questione era ormai stata sollevata e si sarebbe protratta fino ai nostri giorni. Ma quali sono queste ragioni che fanno preferire il brianzolo Cassago a Casciago nel Varesotto ? L'analisi dei testi agostiniani presenta il rus Cassiciacum come un tipico ambiente di campagna, con la presenza di una villa rustica, ampi prati in dolce declivio, sufficientemente ricco di corsi d'acqua, circondato da boschi, dove qualche volta scende la nebbia e da dove si possono vedere alte montagne. Tutto ciò ben si accorda con Cassago, un po' meno con Casciago, dove la magnifica vista dei laghi non sarebbe passata inosservata ad osservatori attenti e critici come Agostino (che annota ogni particolare del paesaggio) e i suoi amici africani che soggiornarono a Cassiciaco. Ma v'è di più: da un episodio narrato nel Contra Academicos che ci ricorda un viaggio di Alipio, si deduce che rus Cassiciacum doveva distare da Milano non più di due o tre ore di viaggio a cavallo e cioè poco più di 30 Km.

Ebbene Cassago dista dalla metropoli 35 Km, mentre Casciago 60: una distanza, quest'ultima, eccessiva da percorrere in tre ore in un tardo pomeriggio di fine novembre con le strade malmesse per la stagione. E' l'archeologia tuttavia a tracciare un solco incolmabile: mentre Cassago ha proposto in questo ultimo secolo scoperte straordinarie di insediamenti dall'età celtica a quella del tardo impero romano, tanto da essere menzionato come uno dei centri di maggior interesse archeologico dell'area lecchese (Carta Archeologica della Lombardia), Casciago non ha restituito nulla di romano, né di altre epoche, anzi si ha il fondato sospetto che la sua campagna fosse a quei tempi paludosa e niente affatto abitata.

Le scoperte archeologiche indicano che a Cassago esistette sicuramente una villa di campagna in età tardo romana anche se a tutt'oggi non se ne è ancora scoperta l'ubicazione. Anche i risultati degli studi di toponomastica e di linguistica, messe in campo dal Manzoni, hanno favorito Cassago. La scoperta delle pergamene medioevali, che Manzoni non conosceva, hanno permesso di ricostruire una catena toponomastica da cui si evince che l'etimo originario di Casciago è Castiacus, mentre per Cassago è Cassciacum (XII sec.). Non bisogna neppure trascurare le tradizioni e la storiografia lombarde che hanno sempre e costantemente proposto il binomio rus Cassiciacum = Cassago.

Anche la devozione a sant'Agostino ha la sua importanza: a Casciago non esiste (il patrono è S. Eusebio), ma a Cassago la sua festa si celebra ininterrottamente da quasi quattro secoli.

 

Perchè a rus Cassiciacum

A Milano, capitale dell'impero d'Occidente con la dinastia dei Valentiniani, una città che contava quasi 130.000 abitanti, urbanisticamente imponente, culturalmente e socialmente attiva, politicamente importante, Agostino era arrivato nel 384, su richiesta della corte imperiale, che aveva sollecitato a Simmaco, il prefetto di Roma, l'invio di un maestro di retorica, con trasferimento a carico dello Stato. "Qui incontrai - scrive Agostino - il vescovo Ambrogio, noto a tutto il mondo come uno dei migliori e tuo devoto servitore " (Conf. 5, 13, 23). L'incontro con Ambrogio per Agostino fu un incontro fatale. Nei primi tempi del soggiorno l'influsso di Ambrogio fu decisivo fra la fine del 384 e l'autunno del 385, allorché Agostino dopo aver intuito il valore delle scritture cristiane, rafforza la sua volontà di farsi cristiano. L'uomo, spiegava Ambrogio, è creato ad immagine di Dio, non secondo il corpo, ma secondo l'anima: l'influenza ambrosiana più nitida sta qui, nella scoperta agostiniana della natura spirituale di Dio e dell'anima. Agostino approderà infine alle dottrine della immutabilità dell'anima, della incorruttibilità di Dio, del libero arbitrio, della natura del male. A Milano Agostino si accosta anche alla dottrina neoplatonica grazie alle discussioni teologiche che fervevano nella Chiesa Ambrosiana, dove si faceva ampio ricorso agli insegnamenti della scuola neoplatonica.

Capofila di questo movimento che cerava di coniugare il meglio del neoplatonismo con le dottrine cristiane era Simpliciano, un presbitero che taluni ritengono nativo di Beverate, che in gioventù aveva risieduto a Roma, dove aveva conosciuto e convertito al cristianesimo Mario Vittorino, il celeberrimo retore traduttore dal greco delle opere di Plotino. Simpliciano fu il maestro spirituale di Ambrogio, colui che istruì a fondo il santo vescovo di Milano. Simpliciano fu anche pungolatore e stimolatore di Agostino con quella sua straordinaria metodologia d'insegnamento che chiedeva al discepolo di interrogare il profondo della propria anima per metterne a nudo le speranze, i desideri profondi, la coscienza di sè. In questo ambiente intriso di neoplatonismo, dagli incontri con Ambrogio, Simpliciano, Manlio Teodoro, Zenobio e altri, Agostino trarrà l'idea di Dio unico vero essere, l'idea del Verbo (Conf. 7, 9, 13-14). Nel 386 Agostino si sentì maturo per aderire totalmente al cristianesimo: abbandonò l'insegnamento della retorica presso la scuola imperiale e per diversi mesi, dall'estate fino alla primavera seguente, si ritirò a rus Cassiciacum in una villa dell'amico Verecondo, un suo collega d'insegnamento a Milano. Questa località sorgeva nei dintorni della città, in una regione periferica che si era però urbanistiamente ben sviluppata nel IV sec. dopo che Milano era diventata capitale dell'impero. A Cassiciaco Agostino fu accompagnato dalla madre Monica, dal figlio Adeodato, dall'amico Alipio, dal fratello Navigio, dai cugini Rustico e Lastidiano, dai discepoli Trigezio e Licenzio, figlio quest'ultimo di Romaniano, suo benefattore e influente personalità africana presso la corte imperiale. Li accompagnava anche uno stenografo con il compito di registrare le discussioni su argomenti che Agostino invitava a trattare.

A rus Cassiciacum questo gruppo di persone, che sarà chiamato il cenacolo agostiniano, lavorerà a fondo interrogandosi sui perchè dell'esistere e del mondo lasciandocene una squarcio vivissimo nei libri chiamati complessivamente I Dialoghi.

 

L'attività a rus Cassiciacum

Il soggiorno nella campagna dell'amico Verecondo realizza un vecchio sogno di Agostino e il suo desiderio di dedicarsi all'otium. Ma il suo non è più l'otium latino, è un otium che ha spiccate qualità cristiane. La vita condotta a Cassiciaco prefigura un modello di vita, sostenuto con forza da Ambrogio, che Agostino farà proprio per tutta la vita. E' l'esperienza della vita monacale attiva nella ricerca spirituale e nell'intelligere. Ciò che Agostino sperimentò a Cassiciaco fu decisivo, perchè vi gustò la prima fragranza della vita comunitaria che negli anni a venire svilupperà nella sua Africa lasciando alla Chiesa, come scrive Possidio, il suo primo biografo, "clero abbondante e monasteri di uomini e donne praticanti la continenza con i loro superiori." Allo stesso tempo a Cassiciaco sono intensissime le discussioni che matureranno in lui il solco del pensiero che esprimerà nelle opere della maturità. In un mondo, quello romano, che si sta avviando al crepuscolo, Agostino a rus Cassiciacum getta la basi per la nascita di una nuova civiltà, che il suo genio illuminerà, maestro della cultura medioevale come di quella moderna. Il suo famoso interrogativo: "Che altro non sono i regni senza la giustizia se non grandi latrocini ?" e insieme il suo accorato appello "alla nobile natura romana, alla progenie dei Regoli, degli Scevola, degli Scipioni, dei Fabrizi perchè cercasse i comandamenti del vero Dio, e i doni e i favori suoi, ben distinguendoli dalle turpitudini e dalle malvagie menzogne dei dèmoni", costituiscono i due argini ideali della condanna del vecchio e della conversione al nuovo ordine entro i quali fu accolta in una straordinaria teologia della Storia umana le più pure tradizioni di Roma. A differenza del romano Ambrogio, l'africano Agostino immagina una Storia senza Roma, dove la mano di Dio guida i destini dell'uomo.

Proprio a rus Cassiciacum, nelle splendide pagine dei Soliloquia, affiora prepotente la presenza di Dio nella storia dell'uomo e di ogni uomo. A rus Cassiciacum Agostino scopre che la vera felicità è conoscere Dio e null'altro: "Noi siamo fatti per Te - specificherà nelle Confessioni - e il nostro cuore è inquieto finchè non riposa in Te." Sono parole gigantesche che dischiudono un orizzonte insperato ma ricchissimo di conseguenze che portano direttamente alla santità cristiana. Nella tranquillità di Cassiciaco Agostino interroga se stesso: l'aiuto di Dio nei momenti critici dell'uomo e la necessità dell'autorità di Cristo per conseguire una vera dottrina, altrimenti impossibile al semplice filosofo, sono i temi dominanti del Contra Academicos. Così pure nel finale del De beata vita Agostino esprime la ritrovata serenità dello spirito nell'incontro fra la saggezza e la novità di Cristo, misura unica della verità. La storia nelle mani di Dio e della provvidenza sono il tema entrale del De ordine, dove il pensiero si spalanca alla intuizione dei segni divini nel mondo. Questi argomenti introducono ai Soliloquia, nelle cui riflessioni trovano spazio le invocazioni e le aspirazioni profonde della sua esperienza di creatura in cerca di se stessa.

 

Agostino e la Brianza

L'ombra di Agostino, l'ombra di sua madre, dei suoi amici aleggia ancora sulla verde Brianza ? Sì, la sua presenza non si è mai affievolita e il suo nome vive spesso associato nel ricordo di Ambrogio e di Simpliciano. Nel tempo diverse chiese o cappelle gli sono state dedicate a Civate, Monte Marenzo, Calco e Cassago. Dal medioevo ci viene la tradizione tutta milanese del Te Deum che lo vuole cantato in mottetto da Ambrogio ed Agostino in occasione del suo battesimo a Milano. Vari movimenti che hanno attraversato la storia della Brianza hanno professato la regola agostiniana lasciando segni duraturi.

Già i pauperes catholici, che avevano conventi a Milano, Como e Monza, verso il 1238 seguivano questa regola e nel 1256 confluirono nell'ordine agostiniano. La storia dell'influenza agostiniana in Brianza grazie allo svilupparsi di monasteri dell'ordine è tuttavia tutta da ricostruire. Solo qualche squarcio è noto, che ci permette di arguire la complessità di questo fenomeno. Nel 1457 ad esempio è nota l'attività di un monastero femminile di regola agostiniana a Brianzola (A.S.M., fondo notai cart. 1466), altri monasteri femminili sono noti a Treviglio nel XVI sec. (A.C.M. Fondo Spedizioni Diverse 6,5), a Cambiago nel 1462 (Biblioteca Ambrosiana, m. C 71) e a Seregno (Bartolomeo Milanese, Lustri Storiali de' Scalzi Agostiniani, 1700) nel XV secolo. Conventi maschili si svilupparono ad Appiano nel XII sec. (G. Picasso, L'origine della Canonica di San Bartolomeo del Bosco), ad Almenno, a Como, a Turro (Agostino Lubin, Orbis Augustinianus, Parigi 1639). Recentemente Oleg Zastrow ha messo in evidenza una probabile influenza di agostiniani a Nava (Archivi di Lecco, n.2 1981, 169-192), ma le tradizioni più significativamente agostiniane sopravvivono ancora oggi in due paesi: Calco e Cassago. A Calco il culto ad Agostino va ricollegato alla devozione per la Madonna della Cintura, mentre a Cassago, l'antico rus Cassiciacum, l'odierna Cittadella Agostiniana, esiste un legame specialissimo che fa di Agostino il patrono del paese. La documentazione storica parte del 1631, ma vi sono motivi per ritenere che il culto sia di più antica data. Il primo parroco di Cassago, ad esempio, un certo don Antonio Brambilla, nativo del luogo, vi fa cenno in una sua carta del 1574 in cui, riferendosi alla sua parrocchia, definisce il paese "caseatus", cioè formaggioso, fertile, esattamente con lo stesso termine che Agostino aveva usato nelle Confessioni per esaltare nei suoi ricordi la bellezza di rus Cassiciacum. Dopo il 1631, come s'è detto, le notizie diventano frequenti e degne di studio. Una pagina del Chronicon, scritta dal parroco don Filippo Balsamo prima del 1640, testimonia che Cassago superò indenne la pestilenza "manzoniana" del 1630 grazie alla intercessione di sant'Agostino. Il parroco aggiunge che la popolazione riconoscente lo proclamò patrono della Comunità, tanto più che "proditum sit patrios lares habitasse." Già in quel secolo si aveva dunque già la coscienza che Agostino avesse soggiornato a Cassago.

Questa annotazione è unica nel suo genere non solo perché specifica le origini "ufficiali" della devozione agostiniana a Cassago, ma soprattuto in quanto attribuisce ad Agostino qualità taumaturgiche del tutto eccezionali nel suo panorama devozionale non solo europeo ma mondiale. mai Agostino era stato invocato a protezione della peste, prerogativa questa costantemente attribuita generalmente o a san Rocco o san Sebastiano. La festa di sant'Agostino per Cassago divenne la festa della Comunità che dal 1631 fu celebrata con sufficiente regolarità fino ai nostri giorni. Nella Chiesa parrocchiale fu costruito un altare dedicato al santo vescovo, più volte venne richiesta e ottenuta l'indulgenza papale in occasione della sua festività, mentre nel 1797 un lascito di mons. Giovanni Vincenzo Visconti di Modrone, che aveva vasti possedimenti in Cassago, assicurò una rendita che permise per tutto l'Ottocento di celebrare la festa con grande solennità. Sul finire del secolo al santo venne dedicata una via del paese mentre acquistò sempre più importanza la peregrinatio alla cosiddetta "fontana di sant'Agostino" , luogo di memorie agostiniane già dall'inizio del secolo scorso. In questo secolo straordinarie sono state le manifestazioni in onore del patrono nel 1930 (centenario della morte) con la presenza del card. Schuster, nel 1954 (centenario della nascita), nel 1986 (soggiorno a rus Cassiciacum) con l'intervento del card. Carlo Maria Martini, nel 1987 (centenario della conversione), nel 1991 (ricorrenza del presbiterato), nel 1995 (ricorrenza dell'elezione a vescovo).

Ma il frutto più bello di questa devozione ad Agostino, che la rende viva e feconda sul territorio brianzolo, è stata la costituzione della Associazione S. Agostino nel 1967 che nel suo statuto esprime la volontà di valorizzare questa memoria storica con studi e ricerche per valorizzarne il messaggio in età moderna. Cosa può dire oggi Agostino dai luoghi brianzoli, che amò per tutta la vita e il cui gioioso ricordo riaffiora prepotentemente dalle pagine del nono libro delle Confessioni ?

Può ricordarci, come scrisse acutamente il 30 agosto 1986 il card. Carlo Maria Martini, sul libro dei visitatori di rus Cassiciacum, che è necessario "ritornare alle fonti della Verità."