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dom Germain Morin: DOV'É FINITA LA QUESTIONE DI CASSICIACUM ?

 Il Palazzo Pirovano Visconti con la sua poderosa struttura

Il Palazzo Pirovano Visconti con la sua poderosa struttura

 

 

 

DOV'É FINITA LA QUESTIONE DI CASSICIACUM ?

di dom Germain Morin

 

dalla rivista La Scuola Carttolica, 1927

 

 

 

Cassiciacum, come ognuno sa, è il nome della villa dove sant'Agostino, dopo aver abbandonato la carica di insegnante a Milano, visse con i suoi (1), durante i mesi che precedettero il suo battesimo, dall'autunno del 386 fino a Pasqua del 387, che in quell'anno cadeva il 25 aprile. Verecundus, cittadino di Milano, aveva messo la sua casa di campagna a disposizione del retore africano, cui era molto affezionato.

Agostino nelle sue Confessioni, l, 9, c. 3, consacra questo ricordo commosso al suo benefattore, che poi si convertì e fu chiamato a una vita migliore: «Fidelis promissor reddis Verecundo pro rure illo eius Cassiciaco, ubi ab aestu seculi requievimus in te, amoenitatem sempiterne virentis paradisi tui quoniam dimisisti ei peccata super terram in monte incaseato, in monte tuo, monte uberi». Gli archeologi si sono dati molto da fare a riguardo della villa di Orazio e di altri luoghi abitati, anche di passaggio, da personaggi celebri nella storia. «Cassiciacum merita di entrare nel numero di questi luoghi famosi: e se le memorie della cristiana antichità sino ad oggi non fossero così dimenticate, i pellegrini della religione, della poesia, della storia, avrebbero cercato persino le minime tracce di questa terra nei dintorni di Milano» (2).

Da quando furono scritte queste parole, sono stati fatti lodevoli sforzi per identificare la località in questione, e ancora ultimamente, L. Bertrand ha fatto il possibile per giungere a una conclusione soddisfacente. Invano, sembra, perchè tutte le persone competenti di cui io ho sollecitato il parere, a cominciare dal Dottor G. Mercati (3) e il suo collega d'allora Don Achille Ratti (4), erano a priori dell'opinione che la questione è realmente insolubile. A dire il vero, io sono convinto che la responsabilità di questo atteggiamento scettico cade principalmente sul distinto filologo Carlo Salvioni, autore di un articolo dal titolo «Della villa dove avrebbe soggiornato S. Aurelio Agostino in Lombardia», articolo pubblicato nel 1899 nei rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, di cui ecco il finale, poco incoraggiante in effetti per gli studiosi: «Queste le conclusioni delle ricerche mie; le quali, se non d'altro, potranno per avventura lusingarsi d'avere spazzato via e Cassago e Cascago (Casciago)». Questa affermazione è categorica, e, per ciò che riguarda Casciago, perfettamente logica, come mi sembra. Ma io non saprei dire altrettanto dell'argomentazione proposta per scartare Cassago, che si riduce a questo sillogismo: la forma autentica del nome della villa di Verecondo, quella che danno quasi tutti i manoscritti, i migliori e i più antichi, è Cassiciaco, non Cassiaco come pretendeva Biraghi; ora, Cassiaco avrebbe potuto dar luogo al nome italiano Cassago, ma Cassiciaco avrebbe dovuto produrre il vocabolo Cassisciago, ma non v'è alcuna traccia d'un nome simile fra le attuali località della Lombardia. Dunque ... E' facile scoprire il tallone d'Achille di tale ragionamento. Salvioni sostiene con ragione che la forma autentica, originale, è Cassiciaco: ora, aggiunge, da un tale punto di partenza è impossibile sfociare nell'italiano «Cassago».

Ma cosa intende per punto di partenza? O piuttosto poniamo la questione altrimenti: è veramente indispensabile che il nome volgare attuale debba risalire alla forma latina primitiva e autentica? Non è possibile, più probabile anzi, che provenga da una forma già alterata, raccorciata, di questo vocabolo primitivo? L'autore ricorda che la Lombardia offre meno esempi di accorciamenti di questo genere che non il Piemonte e l'Emilia: tuttavia ci sono, egli lo attesta. Ha un bel dimostrare che in certe località, contro ogni verosimiglianza, la forma originaria dei nomi si è conservata fino al basso medioevo.

Egli è obbligato a riconoscere che a fianco di questa forma antica e dotta ne esisteva un'altra - e chi sa da quando? - una forma volgare e accorciata, che ha finito per prevalere: così Cislago-Cistellago, Inzago-Anticiaco o Inticiaco, Sizzano-Septiciaco, etc. Orbene, se c'era un nome destinato fatalmente a perdere qualcuna delle sue sillabe, questo era Cassiciaco, con quel ssici così strano in mezzo. Difatti, la medesima descrizione dello stato dei manoscritti, così come la fornisce Salvioni, p. 4 seg., mostra chiaramente come la naturale abbreviazione a Cassiaco si era prodotta al più tardi dall'età carolingia, poichè la si trova attestata dal IX al XI secolo. Ed è certamente verso quell'epoca, io credo, piuttosto che nei secoli IV e seguenti che da questa forma latina abbreviata, anzichè dalla forma latina classica, che ha potuto formarsi il nome volgare e moderno del luogo. Ammettiamo che Salvioni abbia ragione, sostenendo che Cassago non può aver come punto di partenza immediato Cassiciaco; non è però la stessa cosa, lo riconosce lui stesso, per Cassiaco: «dato Cassiaco come punto di partenza, ben poteva giustificarsi (quel termine Cassago), almeno quant'è delle norme fonetiche». Bisognerebbe dunque provare che il termine Cassago si è originato in un'epoca in cui Cassiciaco era già stato ridotto alle quattro sillabe Cassiaco. Ciò non sarà così facile! Per parte mia sono persuaso che si sia troppo sopravvalutato il valore delle ragioni filologiche, le uniche che possono essere utilizzate per escludere a priori Cassago: la questione deve essere esaminata e trattata in altro modo e da tutt'altro punto di vista. Bisogna incominciare a convincersi di questo: delle diverse località a cui si è pensato, come luoghi dove esisteva la villa di Cassiciacum, oggi non restano che le possibilità a favore di Cassago Brianza.

Riassumiamo brevemente la storia di ciascuna di esse.

CASCIAGO (nel medioevo Kastiaco, Castiaco, da un Castigliaco antecedente, il fondo di Castilius?), posto a 65 chilometri a nord di Milano, sulla strada da Varese a Gavirate. Io l'ho visitato nell'ottobre 1924. L'ambiente è dei più belli: dalla villa Castelbarco, la vista abbraccia i cinque laghi di Varese, Biandronno, Monate, Comabbio, Maggiore, come pure la catena del Monte Rosa. E' impossibile comprendere come Agostino, che ricorda tanti dettagli insignificanti e senza interesse di Cassiciacum, abbia passato sotto il più completo silenzio la vista di questo panorama meraviglioso di cui egli avrebbe gioito a Casciago.

CAZZAGO (Cattiacum, proprietà di Cattius? Gentilizio assai frequente: cfr. Thesaur. ling. lat., Onomast. II, 272), sulla riva sud del lago di Varese; parimenti escluso a motivo della medesima situazione, che era impossibile non segnalare durante le passeggiate giornaliere di Agostino e dei suoi compagni.

CASSAGO, a 33 chilometri da Milano, nella Brianza centrale, paese montuoso e fertile, dove, sui fianchi delle colline, sorgono numerose ville di ricchi Milanesi. Vi ci si arriva oggi con una piccola linea ferroviaria che collega Lecco a Monza attraverso Molteno: la stazione che serve il luogo porta i tre nomi Cassago-Nibionno-Bulciago, ed è posta a venti minuti circa dal primo di questi paesi. Questo, tutto circondato da campi di gelso, la ricchezza principale del paese, non offre nulla di particolare, ad eccezione della villa del Duca Visconti di Modrone, che si eleva sopra una altura che domina le abitazioni dei contadini, e che gode della vista delle montagne che chiudono l'orizzonte a nord, da Lecco a Como. La chiesa del luogo ne ha sostituito un'altra più antica, distrutta nel 1760: ha per patroni san Giacomo e santa Brigida, dedicazioni che ricordano sia il passaggio di pellegrini in epoche antiche sia l'influenza degli ambienti irlandesi o scoti, come si diceva allora. Un poco ad est della villa si eleva una collina dove l'acqua del canale Baglione (quando ne ha) giunge da Sirtori e Cremella, e, raccolta in canali di legno, forma, nel prato, ai piedi della villa, una specie di serbatoio che serve alla gente del posto.

La località è stata abitata in epoca romana, come è provato dalle iscrizioni scoperte in loco, di cui una murata un tempo nei muri della chiesa (CIL V, 6662): ma la villa vicina, che ha generato il paese, è completamente moderna, e sembra che non si sia lì trovata finora nessuna sicura vestigia d'antichità (5). Tuttavia è là, io credo, che bisognerebbe ormai indirizzare le ricerche, c'è là sotto la villa attuale, sotto il poggio verdeggiante che la sostiene, un insieme imponente di costruzioni che hanno prodotto su di me un'impressione vivissima. Queste costruzioni sono oggi sotto terra, chiuse alla luce da ogni lato; ma non è sempre stato così, come appare dalle numerose finestre forate da diversi lati nelle poderose mura. Tutto ciò doveva elevarsi sopra il suolo, prima di venire interrato, fino a formare la collina artificiale che regge la villa. Io non avrei mai immaginato l'esistenza di questa altra villa sotterranea, né mi sarei avventurato senza l'assistenza del parroco del luogo e di un servitore del Duca: c'è là sotto tutto un mondo sotterraneo, con differenti piani, scale, fontane, etc.

Mi è occorso, me ne ricordo, un lungo tempo per esaminare sommariamente tutti gli angoli e i recessi: solamente una piccola parte è utilizzata come cantina per conservare le provvigioni. E' mia convinzione che sarebbe della più grande importanza per la soluzione del problema, che un archeologo autorizzato intraprenda uno studio meticoloso di queste costruzioni, con lo scopo di sapere se esiste là sotto qualche parte antica che possa risalire fino all'epoca romana. Sfortunatamente, tutti i miei sforzi, a Milano e a Como, per trovare qualcuno veramente competente e interessato alla questione, sono andati a vuoto. Può darsi che non si arriverà mai a stabilire in modo certo che Cassago occupa verosimilmente il sito della villa di Cassiciacum; ma c'è una cosa su cui dovrà convenire chiunque si è preso la briga di visitare il paese, e cioè che Cassago corrisponde esattamente a quello che Agostino ci ha detto a proposito del luogo dove egli trascorse i mesi che precedettero il suo battesimo e soprattutto a ciò che egli non ha detto. Doveva essere una località piacevole e verdeggiante, montuosa e fertile (6), posta in vista di alte montagne (7), senza terreni accidentati. Agostino in effetti, non parla mai se non di un piccolo prato vicino, dove discendeva a filosofare, quando il tempo lo permetteva (8), dei bagni, alimentati da un corso d'acqua che dei canali in legno conducevano attraverso un terreno sassoso (9). In vicinanza c'erano le abitazioni dei contadini che dipendevano dalla villa (10).

Ed è tutto: non il minimo accenno a un fiume, a un lago, a un monte particolare. Quanto alla lontananza da Milano, non sembra sia stata eccessiva: perché, allorché Alipio e Navigio vi si recarono per affari, Agostino usa indica semplicemente l'espressione «andare in città» (11), come se la villa di Verecondo si trovasse nei suoi dintorni o comunque a poca distanza dalla città. Tutte cose ancora una volta, che si adattano perfettamente con il caso e la configurazione di Cassago.

Una parola ancora per concludere. Dato che S. Agostino nel suo trattato De quantitate animae, redatto all'inizio del 388, indica Cassiciacum con queste parole: «Cum e nuper in agro essemus Liguriae ... », si è proposto, nel supplemento all'ammirevole opera di Alfred Holder, Altkeltischer Sprachschatz, di porre questa località nella Liguria propriamente detta, dunque a una distanza notevole da Milano e in vicinanza di altre città. Ciò rappresenta un eccesso di scrupolosità: ognuno sa che a partire da Costantino la Liguria comprendeva amministrativamente anche il territorio a nord del Po: Ambrogio, in qualità di governatore della Liguria e dell'Emilia, aveva la sua residenza ufficiale a Milano, e il Laterculus di Polonius Silvius dice formalmente: «Liguria, in qua est Mediolanus» (12).

Non c'è alcuna ragione d'andare a cercare il luogo del ritiro di Agostino e dei suoi compagni fuori del territorio di Milano, la sola città che sia ricordata, sia come loro punto di partenza e di ritorno, sia come luogo dove si andava ogni volta che c'erano degli affari da sbrigare, la città infine di cui era cittadino Verecundus, il proprietario di Cassiciacum.

 

 

 

(1) Sua madre Monica, suo fratello Navigius, il suo giovane figlio Adeodatus, i suoi cugini Rusticus e Lastidianus, il suo amico e compatriota Alypius, i suoi discepoli preferiti Licentius e Trygetius.  

(2) POUJOULAT, Hist. de s. Augustin, ed. Bruxelles, 1847, t. I, p. 133.  

(3) Lettera data 2 maggio 1899.

(4) Lettera conservata all'inizio di una copia della serie di articoli di L. Biraghi, S. Agostino a Cassago di Brianza sul Milanese, (Milano 1854) che mi ha gentilmente voluto indicare l'attuale curato di Cassago, Don Enrico Colnaghi. Questa trattazione, che contiene certamente informazioni locali d'una incontestabile utilità, ha sfortunatamente nuociuto alla causa di Cassago, a motivo della mancanza di critica e della parzialità troppo evidente di cui l'autore fa prova in ogni circostanza. Questioni di questo genere non dovrebbero in generale essere trattate da persone dello stesso paese, poiché il senso del campanile influisce necessariamente sullo scrittore.  

(5) Nessuna traccia d'una tradizione locale veramente antica, relativa al soggiorno di S. Agostino. Ma chi era Agostino nel 386-387? Un uomo qualsiasi di passaggio, un retore straniero ancora poco celebre, che non doveva interessare particolarmente i contadini del luogo. D'altronde il luogo stesso quante vicende ha dovuto passare, delle quali non ci è rimasta traccia alcuna nella storia? Senza la testimonianza precisa di scrittori estranei, chi ci avrebbe conservato a Treviri il ricordo del soggiorno di un Atanasio, d'un Gerolamo, d'un Ambrogio, di un S. Martino stesso? Treviri come importanza è ben altra cosa di Cassago!.    

(6) E' quanto Tillemont e altri hanno tratto dall'allusione contenuta nel passo delle Confessioni citata all'inizio: «ab aestu saeculi requievimus ... amoenitatem ... paradisi tui ... in monte incaseato ... monte uberi».  

(7) Il giovane Licenzio ricordava qualche tempo dopo al suo maestro il loro soggiorno a Cassiciacum, che egli chiama poeticamente «i soli trascorsi fra le alte montagne dell'Italia»: transactos ... soles ... quos ... tecum ... duximus Italiae medio, montesque per altos (Epist. inter Augustinianas XXVI: Migne P. L. 32, 105).  

(8) Academ. 2, 14 ad pratum regressis nobis: ibid. 2, 25 ad pratum processimus: ibid. 3, 1 erat tristior (dies) quam ad pratum liberet descendere; Beata vita 6 Placuit ergo in pratuli propinqua descendere; De ord. 2, 1 invitavit caeli nitor ... in pratum descendere, quo saepius et familiarius utebamur, etc.  

(9) Academ. 1, 10 inde ad balneas; ibid. 3, 1 cum alio die consedissemus in balneis; ibid. 3, 9 certe vel istae balneolae aliquam decoris gymnasiorum faciant recordationem; Beata vita 6 omnes in balneas ad consedendum vocavi; ibid. 23 nubes quae nos cogebant in balneas; De ordine 1, 6 vigilabam, cum ecce aquae sonus pone balneas, quae praeterfluebat ... aqua strepebat silicibus irruens ... Animadvertisti, quomodo canalis iste in­constanter sonet? ... ; ibid. 7 Non enim quemquam putamus his horis vel transitu vel re aliqua lavanda toties illum meatum interpellare; ibid. II illa (aqua) ligneolibus canalibus superlabitur, et ducitur usque ad usus no­stros; ibid. 25 ire coeperamus in balneas; De ord. 2, 19 quoniam caelum obduxerat nubes, solito loco in balneo consedimus ... Ibid. n. 34, Agostino descrive la disposizione delle porte e delle finestre di questi bagni.

(10) Acad. I, 15 dies que pene totus in rebus rusticis ordinandis peractus fuit; ibid. 2, 10 Maturius itaque solito lectos reliquimus, paululumque cum rusticis egimus quod tempus urgebat; De Ord. I, 25 ire coeperamus in balneas, cum ecce ante fores advertimus gallos gallinaceos ineuntes pugnam nimis acrem.

(11) De Ord. I, 7: nam et Alypius et Navigius in urbem ierant.  (12) Monum. Germ. hist. Auctor. antiquiss. IX, Chron. min. I, 386.