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Pietro Vismara: Discorso nella seduta del consiglio comunale di mariano

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don Pietro Vismara

 

 

 

DISCORSO SU MANLIO TEODORO IN OCCASIONE DELLA DENOMINAZIONE DI ALCUNE NUOVE VIE DI MARIANO COMENSE

di don Pietro Vismara

Seduta del Consiglio Comunale di Mariano Comense del 18 dicembre 1914.

 

 

 

Illustrissimo Signor Sindaco, Egregi colleghi,

trattandosi di dare un nome ad una via qualunque di una città o borgata, generalmente succede che il nome illustre più o meno, od illustrissimo, che deve fregiare l'angolo della medesima, se di personaggio benemerito, o ricordanza storica ricordi per analogia e riproduca i sentimenti che riflettono il colore politico di una Amministrazione Comunale o di un partito imperante.

Io però, egregi colleghi, proponendo il nome dell'illustre personaggio che dovrebbe dar nome al largo della via che ha principio nella via Garibaldi e mette di fronte, verso ponente, al Palazzo Comunale, biforcandosi in seguito e fiancheggiandolo, voglio far astrazione completa da quei sentimenti e ricordi che riflettono qualsiasi colore politico, nonché da quei ricordi storici che possono essere discussi circa la loro più o meno veritiera natura, proponendo a Voi il nome quasi sconosciuto, ma illustrissimo del Console Teodoro Manlio fondatore della nostra cara Mariano, nome caduto da secoli nel dimenticatoio, fra la polvere secolare degli archivi dell'Ambrosiana di Milano, dissepolto e ricordato con speciale opuscolo in data 27 Febbraio 1877 dal dottissimo sac. Luigi Biraghi, dottore della Biblioteca Ambrosiana, prelato domestico di Sua Santità.

Questo nome pertanto sconosciuto alla maggior parte di tutti noi è ben giusto che riveda la luce e torni caro a tutti i nostri concittadini, poiché se ci è caro il luogo e la culla che ci videro nascere e che videro nascere i nostri antenati, dev'esserci pur caro colui che ha dissodato per la prima volta le zolle dei nostri campi, ed ha dato fondamento ai primi abituri, sulle rovine dei quali oggidì sorgono le nostre case.

E perciò vorrei che il nome che deve fregiare il largo verso ponente di questo Palazzo rimanesse un monumento perenne a Teodoro Manlio, filosofo cristiano, profondo astronomo e matematico, Console dell'Impero Romano, ricco e dovizioso quanto umile, caritatevole, pronto in ogni momento a sollevare i poveri bisognosi dall'indigenza ed infine amante dei campi, agricoltore consumato. Egli è adunque un dovere il ricordar qui con brevi cenni la stella più fulgida del firmamento nostro, che dall'inizio della nostra simpatica Mariano manda i raggi del suo splendore sino a noi, attraverso la Storia di ben 16 secoli. Ai tempi dei Romani Mariano dovette essere più verso la collina, anzi parte sulla collina, quasi castello signorile, perché ivi si vennero scoprendo monumenti romani e ruderi avariati.

In antico era chiamato Rus Manlianum. cioè Villa Manliana. in seguito Marliano, Villa Marliana; più tardi Mariano. (la più antica memoria del villaggio si riscontra in San Gregorio Magno, nell'Epistola 57 lib. IX diretta a Costanzo Vescovo di Milano). Gli storici affermano che tal nome gli è derivato dal fondatore e l'erudito Gaudenzio Merula (1534) afferma che Manliano o Mariano conserva il nome del fondatore. Il fondatore adunque non è altri che il milanese Teodoro Manlio, personaggio insigne per ogni titolo, sul finirel IV secolo letterato ed oratore, filosofo illustre, fu onorato delle più alte cariche dell'Impero sotto Teodosio e sotto il di lui figlio Onorio, quando Milano, era residenza imperiale e capitale di tutto l'Impero Occidentale.

Ebbe i primi onori del Foro e le prime Magistrature dell'Italia, poi della Grecia, dell'Africa e della Gallia, poi il posto più elevato presso il trono: si può quindi dire che a quel tempo era il primo uomo di stato. Ma né grandi affari, né da sommi onori non si lasciò distogliere dai cari suoi studi, né dalle pratiche e dallo spirito cristiano. Sant'Agostino, ancora semplice, professore di belle arti a Milano e non ancora battezzato, lo chiamò uomo dotto e cristiano, e dalla villa di Verecondo, signore milanese, da Cassago di Brianza scriveva a Manlio Teodoro che colla famiglia si era recato alla sua cara Villa Manliana, ovvero Manliano.

Sant'Ambrogio stesso lo ebbe in molta dimestichezza, ritenendolo uomo di grande spirito. Stanco ormai Teodoro Manlio e sazio degli onori imperiali e del tumulto di tanti affari, avendo buon diritto a riposo, a poco a poco si appartò nella solitudine e nella quiete del suo Manliano, i mezzo ai concittadini, nostri progenitori, dedito all'agricoltura, agli studi ed alla cristiana filosofia. Faceva parte della sua famiglia una sua sorella chiamata Manlia Dedalia, Vergine professa e già matura oltre gli anni cinquanta, dedita a sollevare le miserie dei poverelli e quindi cara consolazione nella città di Milano ed in mezzo ai villici della sua cara Manliano.

Ma la sua carità uscì ancor fuori da Mariano nei paesi vicini, cioè giunse a Meda, ad Albiate, a Figino ed a Galliate di Canturio, ovvero Galliano di Cantù. Essendo aumentata la popolazione Teodoro e sua sorella costrussero nuove abitazioni ed in mezzo a queste anche la basilica di Santo Stefano ed il Battistero. (Al Battistero fu aggiunto secoli dopo un piccolo portico sostenuto da due colonne e sul fregio leggonsi due distici latini Absortos Erytrhaea sile cum curribus hostem quam minor hic Stigium suffocat unda ducem" ovvero "Non parlare dei nemici travolti con i carri dall'onda del Mar Rosso, qui un'onda tanto più piccola soffoca il principe infernale") La Basilica molti secoli dopo fu abbattuta perchè forse cadente e di poca capacità. Il Battistero invece rimase superstite, nè valsero 17 secoli a distruggerlo, l'unica, la più cara memoria che possegga la nostra Mariano.

Manlia Dedalia morì nel 408 e fu sepolta nella basilica di S. Ambrogio a Milano ed oggidì se ne legge ancor l'epitaffio sulla sua tomba. Ma l'arringo di Teodoro non era finito: l'Impero aveva bisogno di tanto uomo e sul finire dell'anno 398, i torbidi dell'Africa, le minacce dei Goti Orientali, il Paganesimo ed altre gravi cause determinarono l'Imperatore Onorio a scegliere Teodoro per Console. Teodoro era appartato in villa a Mariano, lontano dai Tribunali e Seggi Curuli, ma non in ozio. Lavorava, studiava, contemplava, componeva. Pubblicava libri e quanto di meglio eravi in Grecia trasportava.in Italia.

Si dilettava alla cultura dei campi e dei colli, quando Onorio spedisce i messi che dovevano condurlo a Milano. Teodoro è in casa immerso a segnare sul tavolo colla polvere delle figure astronomiche, quando la porta s'apre ed entrano i messi dell'Imperatore. A questa vista si turba, si leva all'incontro, scompigliando quelle cifre, ed al comando dell'Imperatore oppone resistenza dicendo ai messi: "lo sono divenuto un uomo agreste, sono un uomo arrugginito dalla vecchia ruggine dei campi e mi si vuole ancora presso l'Imperatore. Ben lo sapete, io per tanti anni non ebbi altra cura che dissodare coll'aratro terreni prima ammolliti, studiare qual fosse la diversa natura del suolo, quale di queste rupi fosse più opportuna ad imboschire, qual più atta ad oliveto, quale di questi colli meglio convenisse coprir di viti, ed ora, io veterano, mi trarrò di nuovo alle terribili trombe guerriere?

Ma in ultimo si arrende e riceve il comando. Gran gioia si sparse intorno ... Ed ecco in Mariano, recate a Teodoro le Trabee, insegne consolari, candide e purpuree, ecco le quadriglie, e ufficiali e littori coi fasci e colle verghe; e così anche in Mariano videsi altra volta "Ex rure profectus lictor", cioè dalla ruggine del campo uscire la salute dell'Impero, il nostro Manlio Teodoro, novello Cincinnato. Il nuovo Console fu invero la salute dell'Impero (anno 399 d.C.) e per Mariano sarà sempre di gloriosa memoria.

Egregi colleghi, perché adunque per Mariano sia ognora di gloriosa memoria il grande uomo testè da me lumeggiato, mediante queste brevi notizie stralciate qua e là da documenti storici, ancor invitovi a deliberare il nome di Manlio Teodoro il largo a ponente del palazzo municipale. ricordando su lastra marmorea, con lettere incancellabili le sue gesta, le sue virtù a tutti nostri concittadini.

 

 

 

don Pietro Vismara

Don Pietro Vismara nasce a Mariano il 22 Maggio 1872, figlio di Elia e di Teresa Capellini; dai pronipoti si è appreso che il giovane Pietro è presto avviato agli studi in seminario e che, spinto da uno spiccato spirito di avventura e desiderio di dedicarsi al prossimo, abbandona gli studi prima della consacrazione sacerdotale ed emigra in Messico. Ben poco si sa della sua permanenza in America e del suo rientro al paese natale; della sua parentesi messicana gli rimane però il nomignolo "don Pedro" usato dai più intimi, fra i quali il nobile Enrico Porta Spinola che con tale soprannome lo ricorda in una corrispondenza romana indirizzata al prevosto don Gerolamo Colombo. In Messico, nella città di Puebla degli Angeli, don Pietro si diletta a scrivere una tragedia in tre atti, "Innocenza parricida", ambientata in Spagna nei primi anni del secolo XIX.

Del libretto rimangono ancora alcune copie stampate dal tipografo e cartolaio marianese Mario Galimberti, il cui negozio apriva i battenti all'inizio di via Vittorio Emanuele II, attuale via Risorgimento. Le cronache cittadine iniziano a parlare di lui con le elezioni amministrative dell'anno 1914, quando è candidato nel partito cattolico impegnato a riprendersi il controllo del Comune, dopo la sconfitta subita quattro anni prima dalla formazione laico-socialista guidata dal nobile Luigi Calchi Novati. I marianesi stavolta premiano il programma del Partito Popolare, a cui non è mancato il prezioso aiuto del clero locale, con il prevosto promotore di iniziative, incontri, dibattiti. La nuova maggioranza può contare su amministratori validi ed esperti: il mercante Carlo Pozzi, il nobile Enrico Porta Spinola, l'avvocato Filippo Meda, il rag. Alessandro Pavesi presidente dell'Unione Rurale, il bancario Luigi Lucioni, eletto alla carica di Sindaco. Il rinnovato Consiglio Comunale procede poi alla nomina della Giunta Municipale di cui don Pietro fa parte come Assessore Supplente.

I nuovi amministratori non hanno molto tempo per dedicarsi alla realizzazione del programma elettorale; incombe la guerra mondiale che richiama al fronte molti fra gli amministratori ed ogni attività comunale è indirizzata a sollevare gli immancabili disagi della popolazione: le provviste alimentari, gli aiuti ai combattenti, i soccorsi alle famiglie dei Caduti, dei feriti e dei prigionieri, l'assistenza ai minori che frequentano le Scuole Elementari e l'Asilo Infantile, dove le Suore dell'Ordine delle Ancelle della Carità sostituiscono il personale laico Nascono dissensi in seno alla maggioranza consiliare ed il Sindaco Lucioni ben presto si dimette dalla carica, il Vice Sindaco Pozzi è richiamato al fronte, il nobile Porta Spinola si trasferisce a Roma per curare la sua malattia, muore l'Assessore Mantegazza; in questa situazione spicca la figura di don Pietro Vismara che assume con energia e determinazione il carico dell' amministrazione cittadina e ne coordina le attività. Il Consiglio Comunale, anche a ranghi ridotti continua la sua attività e la firma di don Pietro apparirà spesso in calce alle delibere, quale facente funzione di Sindaco, fino all'anno 1922, quando saranno indette le elezioni per il rinnovo dell'assemblea, con la nomina del Sindaco Giuseppe Boga.

Fra le benemerenze del nostro diacono merita una particolare menzione l'attenzione riservata alla corrispondenza dei militari e delle loro famiglie: nella cartella n. 4 "Corrispondenza guerra 1915-18" dell'Archivio Parrocchiale sono conservate centinaia di cartoline e di lettere che i soldati marianesi indirizzavano al loro Prevosto, la cui lettura testimonia i sacrifici, la paura, la nostalgia della famiglia, l'orrore per i "macelli" che avvengono al fronte, la speranza della pace, il sogno del ritorno a casa, la devozione alla Madonna di San Rocco, la disperazione per la morte del compaesano, il biasimo per la propaganda nazionalista. Termina la guerra e sarà proprio don Pietro Vismara a parlare alla popolazione esultante che si porta in corteo davanti al Palazzo Comunale. Partecipa in seguito ai lavori del "Comitato per le onoranze ai Caduti di Mariano" e con il mercante Carlo Pozzi stipula il contratto con lo scultore Ernesto Bazzaro per la realizzazione del Monumento, inaugurato il 22 Giugno 1922.

Dopo questo periodo in cui è stato protagonista principe della vita cittadina, il diacono pare scomparire: le cronache comunali e quelle parrocchiali lo ignorano; avrà ripreso senz'altro la sua attività in parrocchia a fianco del Prevosto e dei coadiutori. Il suo lavoro durante gli anni della guerra sarà però premiato con il conferimento dell' onorificenza della Corona d'Italia nell'anno 1922; il Liber Chronicus ne riporta la notizia: "Nel mese di Settembre fu concessa dal Governo di Sua Maestà, il nostro Re, il titolo di Cavaliere della Corona d'Italia, al diacono Pietro Vismara, già pro Sindaco e tanto meritevole per molteplici titoli per opere diverse compiute e cariche sostenute in tempo di guerra e dopo. Il distintivo fu acquistato con firme collettive di persone distinte della grossa borgata e consegnato dal Sindaco signor Giuseppe 8oga in Municipio, con brevi parole pronunciate dal Prevosto. Il festeggiato tutto commosso rispose assai bene e la bella cerimonia ebbe termine con brindisi, auguri e felicitazioni".

Il cronista parrocchiale non perde occasione per rimarcare con malcelata polemica di parte i contrasti politici che si riscontrano anche a Mariano in quei difficili anni del dopoguerra, ed annota che "Il partito socialista locale si astenne dalla partecipazione alla pesca pro Monumento ed alle feste pro Cavaliere don Vismara".

Trascorrono gli anni e la riconoscenza dei marianesi nei confronti di don Pietro si manifesta ancora in occasione della sua scomparsa avvenuta il 26 Settembre 1943, quando il Commissario Prefetti zio, generale Ferruccio Mola, delibererà la concessione gratuita e perpetua di una sepoltura nel locale Cimitero. La delibera recita: "Premesso che il diacono don Pietro Vismara durante la guerra 1915-18 prestò l'opera sua quale amministratore comunale prodigandosi in tutti i modi a favore della popolazione di Mariano, da meritare veramente la sua gratitudine; che tale opera meritoria fu riconosciuta anche dalle Autorità Superiori che vollero assegnargli l'onorificenza della Corona d'Italia; considerando che anche l'Amministrazione Comunale intende dare una prova tangibile alla, famiglia dell'ora defunto saggio amministratore del Comune, assegnandogli la tomba a perpetuità nel Cimitero dei capoluogo, tomba n. 4 campo 20".

A don Vismara si devono le notizie intorno al presunto fondatore di Mariano, il Console Teodoro Manlio, da lui esposte nella seduta consiliare del 18.12.1914, in occasione della denominazione di alcune nuove vie cittadine.