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Villa Manzoni-Redaelli a Renate

La villa Redaelli-Manzoni a Renate

villa Redaelli-Manzoni a Renate

 

 

 

LA VILLA MANZONI-REDAELLI A RENATE

di Luigi Viganò

pubblicato in BRIANZE anno IX n. 44 Luglio 2007  pag. 40 - 43

sotto il titolo SQUISITEZZE E FALLIMENTI DEL MANZONI DI RENATE

 

 

 

Ezio Flori quando illustra le vicende dei Manzoni di Renate descrive la Magnifica Villa signorile che li ospitò. Spettacolare lo scalone, i gradini sono di un sobrio grigio rosa compatto. Sui soffitti campeggiano ancora dipinti ottocenteschi, di cui due vagamente sul floreale, nel tipico stile che ostentavano le ville lombarde a metà dell'Ottocento. A lato del salone si trova un ampio camino, che Gozzano immortalerà nella sua ironica poesia. Il giardino non conserva più la piantumazione originaria. La struttura ricorda altre simili ville neoclassiche, sparse qua e là in Brianza.

Di Emilia Redaelli, la moglie di Enrico Manzoni restano pochi ricordi. E' scomparso anche lo splendido orto-frutteto, dove si coglievano le fragole che i golosi Manzoni gustavano freschissime.

 

La genealogia:

Alessandro Manzoni sp. Enrichetta Blondel

                                      * Sofia

                                      * .....

                                      * Enrico sp. Emilia Redaelli

                                                         * Enrichetta

                                                         * .....

                                                         * Alessandrino

 

 

ENRICO MANZONI

Nasce nel 1819 a Brusuglio (Brusù), fattoria di campagna di Manzoni, vicino a Milano. Eredita il nome dello zio materno Blondel, quasi a sottolineare una ritrovata concordia tra il Manzoni e i suoceri di Casirate, dopo la rottura dell'abiura al calvinismo della moglie Henriette. Buon ragazzo, si applica pure nello studio, ma non deve essere una cima, se la madre Henriette scrive di lui, in rigoroso francese: "Sì; cresce e studia parecchio, ma per ora non migliora neppur un poco nel modo di esprimersi e non ha comunicativa". In casa Manzoni si parlano due lingue "franche": il francese ed il dialetto meneghino. Quando i famigliari si esprimono in italiano, sgrammaticano alla più bella. A vent'anni è spedito a Lione a impratichirsi nell'arte della seta.

Nel 1843 sposa un'ereditiera brianzola, pure del ramo della seta, Emilia Redaelli. La sposina gli porta in dote la villa, il cui parco ed il frutteto comprendevano almeno la metà dell'attuale comune di Renate, più di dieci ettari, e 300.000 lire austriache, una ricca cascata di miliardi delle vecchie lire. L'anno dopo il matrimonio, emerge già l'incompetenza di Enrico nella compravendita dei bozzoli, un settore, quello serico, che, a metà Ottocento, era commercialmente assai scaltrito. Incontra i primi guai finanziari, chiede al cognato Trotti, allo zio Beccaria, al padre.

Enrico ha nove figli, come il padre, e soldi sempre mancanti. I cattivi affari travolgono presto anche il patrimonio della moglie e il declino finanziario sembra non aver mai fine. Per lenire il dissesto, il padre Alessandro studia la sistemazione in collegio dei due figli grandicelli e invia una sarta che provveda a vestire tutti i nipoti, subito rispedita a casa dall'altezzoso Enrico. Gli interventi di Alessandro sono però semplici palliativi per quel figlio scialacquatore. Ora gli anticipa parte dell'eredità della nonna Giulia, ora gli invia cataste di legna per l'inverno, ora sussidi non poi tanto occulti. E poi: pollastre, oche, cesti di frutta, perfino cesti di ciliegie, di cui Enrico era golosissimo, e che papà Alessandro acquista apposta per lui al mercato.

 

IL PIANOFORTE DI CASATENOVO

Alessandro Manzoni cerca in vari modi di aiutare il figlio. In una lettera del 10 febbraio 1851, all'epoca delle prime burrasche finanziarie, il padre così si rivolge al figlio: "Mio caro Enrico, Enrico mio tu sai ch'io sono alieno, e forse troppo alieno, dal far rimproveri ... Quando tu mi parlasti delle tue strettezze, confessando che venivano da tua colpa, io mi limitai a farti delle raccomandazioni per l'avvenire. Ma non posso ora passare sotto silenzio, che, quando poco tempo fa, ti proposi un'economia che mi pareva e mi pare ... evidentissima, il mio consiglio non fu accolto da te. Io non potevo entrare ne' particolari delle tue spese: ti parlai solamente d'una che credevo e credo che si potesse risparmiare. Tu m'opponesti ch'era piccola: non mi persuade ...".

Appena il grande Alessandro riceve dallo stato un vitalizio annuo di 12.000 lire per le benemerenze acquisite in campo culturale (1859), il primo provvedimento è in favore del figlio Enrico: fa inviare a sue spese in collegio i suoi figli grandicelli. Alessandro risparmia, ma il figlio, già in piena miseria, a Casatenovo tiene un pianoforte a noleggio in casa. Naturalmente non paga il nolo dello strumento. Nel 1863 Enrico deve vendere la villa di Renate.

L'acquista un certo Giovanni Mazzucchelli che abitava in via San Vittore 2 a Milano; la proprietà prende tuttora il nome di costui (Villa Mazzucchelli - Cagnola - Stucchi). La famiglia di Enrico, vieppiù cresciuta, va ad abitare a Torricella, in comune di Monticello Brianza (Lecco). Quindi si trasferisce a Milano in condizioni precarie, in una casa di ringhiera alla periferia (allora) della città, in via San Vittore, oltre Sant'Ambrogio. Le figlie non escono di casa non avendo vestiti decenti da indossare ... Poi ritorna in Brianza, a Casatenovo (Lecco). Ma in queste strettezze, Enrico, con tutta la famiglia, va a pigione presso un oste di Bizzarone, per la cura delle acque, e a Stabio, appena al di là della frontiera (Canton Ticino, Svizzera).

Non paga; l'albergatore scrive, inevitabilmente, a Milano al gran padre Alessandro. In un momento di desolazione, Alessandro scrive al prevosto di Casatenovo don Saulle Miglio, suo confidente circa i guai della famiglia di Enrico che si era stabilita colà. Nella lettera da Milano del 6 maggio 1864, "buttata giù in momento di troppa dolorosa commozione", Alessandro produce una distinta delle spese sostenute l'anno innanzi per Enrico. Ha voluto percentualizzarle in modo contabile: ammontano al 51% dell'intero vitalizio che lo Stato gli versava. Di quando in quando, lo sovvenzionano anche il rude fratello Pietro e il fratellastro Stefano. La cugina Enrichetta Garavaglia invia vestiti leggeri per le figlie.

Tutto invano. Enrico prova a trasferirsi a Firenze, poi di nuovo a Milano, dove grazie al nome del padre ottiene un modestissimo impiego, presso la Biblioteca Braidense: in pratica, fa il commesso. Ma la cattiva vista, ereditata dalla madre, peggiora: sono più frequenti i giorni di malattia che quelli dediti al lavoro. I figli, nel frattempo, trovano mogli e mariti. Si spegne nel 1881 a sessantadue anni. Lo sciagurato è stato il più acerbo dolore della vita del grande Alessandro. L'epistolario paterno ne è un'eco rovente.

 

EMILIA REDAELLI

Tutti ne parlano bene. È intelligente, colta; anzi, il Flori la definisce "brillantissima". Ispira in chi le sta attorno un vif sentiment de sympathie - sono le cognatine a sottolinearlo - ed esprime, a prima vista, dolcezza e bontà. In particolare, Sofia, la bellina dei figli di Manzoni, colei che trascina civettuola l'erre moscia, la ritiene charmante (incantevole).

La vorrebbe sempre con sé nella vicina Verano. Non sono coetanee: Sofia è del 1817, Emilia del 1824 ed ha solo diciannove anni. Dunque, Sofia, sposata felicemente già da alcuni anni con Lodovico Trotti Bentivoglio dei marchesi di Fresonara, le scrive: "Sii pur certa che troverai sempre in mèl (proprio così: mél) una vera e sincera amica". Non solo, si firma anche v. aff soeur (Vostra affezionatissima sorella). Conclude ogni lettera con uno schiocco affettuoso: Tua amica, o, Tua sorella. Quando poi la sposina è incinta per la prima volta, Sofia, che ha tanta esperienza in materia, tre figli in tre anni ed è in attesa del quarto, la riempie di consigli. Dopo il parto di Enrichetta (1844), cuffie e cuffiette e ... la balia, di rigore nella nobiltà milanese. Sarà la stessa di Tonino, il primogenito di Sofia.

Camino interno della villa Redaelli-Manzoni a Renate

Camino della villa

Vorrebbe essere a Renate per il parto: "Vorrei aver le ali per volare a Renate", ma ahimè la salute di Sofia non è delle migliori e poco dopo partorirà anche lei. E poi c'è il battesimo: si preoccupi la cognatina di far mettere acqua calda nel battistero di Renate: "questo s'usa anche a Milano ...", per la precisione nel battistero di San Francesco da Paola. Addirittura Sofia si sente un po' la parente povera e nei primi anni lo è; quando manderà non so che capo d'abbigliamento per il carnevale dei bambini. La coppia di Renate non bada a spese. Al piccolo di Sofia piacciono gli agnellini? Per il compleanno arriva da Renate un agnellino! Anche da parte di Matilde, l'ultima nata di casa Manzoni, la simpatia è vivissima e vicendevole. Dopo il suo soggiorno a Renate, ecco il biglietto affettuoso: "Ti ringrazio con tutto il cuore per la premura che ti sei presa per me e per tutte le cose che mi hai mandato" (15 aprile 1844).

A sottolineare la corrispondenza affettuosa, Emilia darà il nome di Matilde alla terzogenita (1848). L'incanto durerà pochi anni, perché le difficoltà economiche del marito renderanno prioritarie le difficoltà economiche, sciupando l'idillio. Come Emilia abbia potuto poi appassire in una vita di stenti e di privazioni è un mistero. Come abbia potuto trascinarsi sugli scalini delle case di ringhiera è impensabile. Figuriamoci perfino la fame. La fine è ancora più triste: a Mombello, in manicomio. Conserviamo una missiva, tanto angosciata quanto lucida, che la sfortunata madre invia alla figlia Bianca, dopo essere stata internata in manicomio:

"11 aprile 1896.

Carissima mia Bianca,

Ti ringrazio proprio di cuore delle tue belle nuove che mi dai, colla lettera del 3 corrente; spero che non dubiterai mai del mio vero affetto per te, e tuo marito, e che se le parole mi mancano per dirti l'ebbrezza del mio cuore, pure esso ne è tutto compreso. Credilo, cara mia. Voglia il cielo che la prossima promozione di Pietro, dopo l'onorificenza accodatagli a premio de' suoi meriti reali, possa avvicinarlo a Milano, e meglio ancora in Milano stesso (si tratta del marito Pietro Fregonara, ispettore delle Finanze); è l'augurio di tua mamma che molto ti ama. Vorrei non funestare la tua giusta e santa gioia ... ma l'anima mia è troppo angosciata; e prepotente è il mio bisogno d'aprirmi teco! Dona tu una lacrima alla sventurata tua madre! ... il primo dello scorso mese col più schifoso inganno mi si tolse dalla Casa di Salute ... e venni portata senza un cenno d'avviso al Manicomio di Mombello ! Mai saprò dirti cosa ho sofferto! e tu mai potrai fartene un'idea ... Vivere nell'infermeria fra spasimi crudeli; fra sgraziati sventurati è orribili."

Morirà un mese dopo di emorragia cerebrale. Ma Emilia non è pazza. Lo testimonia il direttore sanitario del manicomio. Lo testimonia l'analisi grammaticale, sintattica, della punteggiatura stessa della lettera. Lucida anche nel dolore. Abbandonata nella morte.

 

ZIA SOFIA MANZONI

Sofia è l'elemento che unisce la famiglia Manzoni ed i due di Renate; i rapporti sono facilitati dal fatto che Sofia soggiorna volentieri nella casa di campagna di Verano a nemmeno una decina di chilometri da Renate: due ore di andatura svelta a piedi. Sofia verso il fratello Enrico ha una spiccata predilezione: "Avrei voglia d'insaponarti un po' ...".

Gli racconta come trascorre le giornate ai bagni di Prè S. Didier, presso Courmayeur. Oppure s'incanta e fa incantare il lettore con le belle giornate sul lago di Como. Inventa perfino un neologismo: faccio delle lagate, per dire che fa splendide escursioni in barca sul lago. Quelli di Renate contraccambiano le affettuosità: inviano frutta e verdura che un agile calesse porta in poco più di un'ora a Verano. Apprezzati in particolare les magnifiques marrons que vous m'envoyez (letterina dell'ottobre 1842). L'orto di Renate produce squisitezze; tra l'altro le belle fragole che, a metà mattina sono già in mostra sui vassoi a Verano. "I miei ragazzi se ne fanno una gran festa .." e la frutta fresca arriva anche sulla tavola di Via Morone a Milano e papà Alessandro ringrazia. E poi i dolci confezionati da un'abile cuoca, o dalla madre di Emilia, Luigia Martinez, o da Emilia stessa: a Verano arrivano anche i dolcetti di cui " ... Enrico mi ha fatto una descrizione che tenta veramente ..."

Quando i guai incominciano, è Sofia a mediare con il padre e l'arcigno fratello maggiore Pietro per liquidare ad Enrico un sostanzioso anticipo della famosa eredità della nonna Giulia.

L'uragano che investe casa Manzoni non risparmierà neppure la graziosa Sofia. Muore per una banale pleurite pochi mesi dopo, nel 1845. Ha soltanto vent'otto anni e lascia quattro bambini: il più grandicello non tocca ancora i sei anni. Anche l'altro scialacquatore di casa Manzoni, Filippo (settanta giorni di galera per un debito di 400 lire austriache non onorato; una miseria, ma nel secolo scorso non si scherzava) sarà a Renate con moglie e figlioletto per qualche mese.

 

ENRICHETTA

Enrico ebbe nove figli. Enrichetta, la primogenita, nata nel 1844, porta il nome dell'angelica nonna, Henriette, prima moglie di Manzoni, la "diletta e venerata che era stata la silenziosa ispiratrice di tutti i capolavori. Rimarrà forse la sola a ricordare con nostalgia le gioie della residenza a Renate. A lei decenne Manzoni dedica una copia de I Promessi Sposi che è tutta un canto d'amore per la moglie, ormai perduta da vent'anni (nel Natale del 1833):

ALLA MIA CARA NIPOTINA ENRICHETTA MANZONI.

- ENRICHETTA! NOME SOAVE, SACRO, BENEDETTO PER ANNI HO POTUTO CONOSCERE QUELLA IN NOME DI CUI FU DATO; NOME CHE SIGNIFICA FEDE, PURITA', SENNO, AMOR DE' SUOI, BENEVOLENZA PER TUTTI, SACRIFIZIO, UMILTA', TUTTO CIÒ CHE È SANO, TUTTO CIÒ CHE È AMABILE. POSSA QUESTO NOME, CON LA GRAZIA DEL SIGNORE, ESSERE PER TE UN CONSIGLIERE PERPETUO, E COME UN ESEMPIO VIVENTE.

La celeberrima dedica è stata riportata in bronzo sulla tomba della nipote nel cimitero di Casatenovo. Enrichetta, giovanissima, s'innamora del segretario comunale di Casatenovo, Giambattista Preti, che è pure l'organista della chiesa e le impartisce lezioni di pianoforte. Il matrimonio avviene nel 1862. L'amore era stato contrastato, forse perché lo sposo aveva vent'anni più di lei.

Il nonno Alessandro, in una lettera del 1 gennaio 1863, ha tuttavia espressioni affettuose per i freschi sposini: "La felicità che hai trovata nella compagnia del tuo ottimo marito ... una concordia già felicemente stabilita ...".

Prima della cerimonia religiosa, al ricevimento è presente anche il nonno don Lisander ...

 

ALESSANDRINO

L'atto di battesimo è conservato nella parrocchia di Renate ed è firmato da don Giuseppe Masnaga, parroco a Renate dal 1827 al 1857. Alessandrino nasce nel 1846; gli è imposto il prestigioso nome del nonno; come nomi, a seguire, quelli dello zio Pietro (Pedrin), fattore tuttofare nel latifondo di Brusuglio. Madrina di battesimo la moglie di costui, quella Giovannina Visconti, ballerina della Scala, che Pedrin aveva impalmata all'insaputa del grande padre. Diverrà una nuora adorabile e accudirà Manzoni negli ultimi anni della vita, stabilendosi nella casa avita in via Morone. Stranamente, assiste al parto del bimbo non l'ostetrica "patentata" di Renate, ma quella di Besana.

Alessandrino è adorato da zii e di zie. La diciassettenne Matilde lo divora di baci, in una lettera alla cognata Emilia, di cui subiva fortemente il fascino, scrive: "Un milionone (sic!) di baci ai tuoi e miei angeli ..." Nella Casa del Manzoni a Milano esiste tuttora il probabile ritratto di Alessandrino sui dieci anni, eseguito da Giuseppe Molteni, ritrattista principe nella Milano risorgimentale. Il riconoscimento, abbastanza recente, spetta a Jone Riva, segretaria della Casa del Manzoni, che appunta: "il bambino veste una casacca a quadri sopra una camicia bianca ed un paio di pantaloni che coprono il ginocchio, mentre lasciano scoperte le calze rosse. Tiene sotto il braccio sinistro un frustino e nella mano destra il filo legato ad un carretto che sta sul pavimento, sotto ad una sedia rivestita di seta gialla, insieme ad altri giochi ".

Quel che Jone Riva non dice è che dal ritratto non pare proprio promani perspicacia o intelligenza. Anche la vita da adulto sarà del tutto anonima. Alessandro junior sposa a Milano nel 1872 una Elvira Costa, quando è ancora in vita il nonno Alessandro (che morirà nel 1873). Lavora come impiegato statale a Roma. Probabilmente è lui a chiamare nella capitale il padre Enrico malato e in disastrosa povertà. Lo accoglierà per un anno intero tra il 1878 ed il 1879.

Muore a Lecco nel 1910. Aleggia il sospetto che questo figlio "esemplare" sia il responsabile dell'internamento in manicomio della madre Emilia. Ezio Flori, conoscitore non pettegolo del clan Manzoni, supporta l'invereconda accusa. Dopo mezzo secolo, è proprio svanito il sapore delle rosse fragole di Renate !

Una cerchia inesausta di dolori colpisce e conclude l'esistenza dei discendenti del grande Alessandro.