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Carlo Redaelli: Notizie istoriche della Brianza

Copertina del libro di Carlo Redaelli

Copertina del libro di Carlo Redaelli

 

 

 

NOTIZIE ISTORICHE DELLA BRIANZA DEL DISTRETTO DI LECCO DELLA VALSASSINA

di Carlo Redaelli

fascicolo 3° , pp. 157-160

pubblicato dalla Tipografia di Felice Rusconi nel 1825

 

 

 

Carlo Redaelli nella sua opera "Notizie istoriche della Brianza del Distretto di Lecco della Valsassina e de' luoghi da' più rimoti tempi sino ai nostri giorni" pubblicata nel 1825 (primi due libri) e nel 1826 (terzo libro) accenna alla tradizione agostiniana cassaghese.

L'opera fu pubblicata a Milano dalla Tipografia di Felice Rusconi.

 

 

Carlo Redaelli (1784-1853) fu uno storico brianzolo originario di Galbiate, un paese alle falde del Monte Barro e del territorio della Brianza storica.

 

 

pp. 157-160

Ci è dolce di poter qui rammentare che S. Agostino dimorò per qualche parte dell'anno 386 ne' colli della Brianza, disponendosi ad abbracciare la religione cristiana. È noto, come i nostri maggiori, difficilissimi forse nella scelta de' precetti de' loro figli, spedirono a Roma una deputazione al celebre Simmaco; facendo istanze per un precettore di umane lettere. Venne Agostino, e fu con piacere ricevuto da S. Ambrogio. "M'accolse paternamente, dice lo stesso Agostino, quell'uomo di Dio, e col vero pastorale suo zelo gradì sommmamente il mio arrivo" (Confessiones Sancti Auguslinì, lib. V , cap. XIII).

Conobbe Agostino gli errori della setta manichea a cui apparteneva, ed a poco a poco per opera di S. Ambrogio e di 5. Simpliciano si dispose al battesimo. In questa risoluzione e per incomodi di salute incominciò a riuscirgli grave la scuola nel terzo anno di quello esercizio in Milano, e desiderava l'arrivo delle ferie autunnali.

Venute queste si ritirò in una villa dei di lui amico Verecondo Grammatico, che egli stesso denomina Rus Cassiciacum, ed era accompagnato da sua madre, dal figlio Adeodato e dal fedele Alipio (1). Il Rus Cassiciacum, secondo la comune de' nostri scrittori (2), ed una costante tradizione, deve riconoscersi Cassago nel Monte di Brianza, luogo di poco conto, ma ameno, nel distretto di Missaglia poco lungi da Barzanò. Si mostrano ancora in quella terra le stanze ove si crede abbia abitato, come in Milano indicavansi già le mura ove ebbe la scuola (3).

Fu in Cassago, ove si trattenne per due mesi, che S. Agostino compose i tre libri contro gli Accademici; i due De Ordine, il libro De beata vita, ed i due de' Soliloquii (4). Verecondo era un cittadino milanese. Teneva pubblica scuola in Milano di grammatica; onde venne detto Verecondo Grammatico, associatosi in questa occupazione con l'amico di S. Agostino Nebrìdio. Non professava Verecondo la religione cristiana, e non voleva abbracciarla se non con una condizione impossibile, quale era quella di lasciare la moglie che d'altronde era di religione cristiana. Conosciuti meglio i principii del Vangelo si fece non molto dopo cristiano. Cessò poi ben tosto di vivere (5). Non meno di grata memoria e lustro per la Brianza si è l'aver avuto il natale, secondo il credere d'alcuni scrittori, nella terra di Beverate S. Simpliciano (6), successore immediato a S. Ambrogio nella Chiesa arcivescovile di Milano, ed amico di S. Agostino. Fu egli il primo arcidiacono della Chiesa milanese, costituito in questa carica dallo stesso S. Ambrogio l'anno 380. Cessò di vivere l'anno 400. Beverate è a brevissima distanza da Brivio, ove lo stesso arcivescovo S. Simpliciano depositò per qualche tempo i corpi de' Santi martiri Sisino, Alessandro e Martirio stati uccisi l'anno 897 nel Trentino in Val di Non per la predicazione dei Vangelo (7). Questi corpi furongli mandati in dono da S. Vigilio vescovo di Trento, che sollecito li raccolse. Furono indi que' sacri depositi trasferiti a Milano. La chiesa parrocchiale di Brivio è dedicata a que' Martiri.

 

 

Note

(1) Nelle stesse Confessioni, lib. IX, cap. II, III e IV.

(2) Ripamonti, Hisloriae Ecclesiae Mediolanens is , lib. Ili, pag. 229 e seg. — Argelati , Script. Med. , tom. I , pag. XVI, ed altri.

(3) Nel 1758, demolendosi l'antica chiesa, fu rinvenuta una breve iscrizione che noi crediamo tuttora inedita: MARILLA R. OMINE . F. O. V. M. F. Farebbe d'uopo di una migliore lezione per poter avere una spiegazione soddisfacente, ed i nostri tardi posteri soltanto potranno ottenerla, giacché dice il Sirtori, che solo ce ne conservò la memoria, d'essere stato per incuria quei sasso adoperalo nella costruzione del campanile (Scritti citati). Nullameno il sig. bibliotecario di Busseto Abbate Seletti, noto alla repubblica letteraria pel valore nell'antiquaria, nelle lingue orientali, ed in altre parti dello scibile umano, ha creduto che questa iscrizione sia votiva ad Opi madre di tutti gli Dei per un fausto augurio, e si è degnato di comunicarci la di lui interpretazione, che può certo accontentarci se solo si vuol col medesimo ritenere che l'ultima lettera debba essere un S e non un F probabilmente letta male. L'ha dunque interpretata: Marilla recepto ornine fausto, Opi votum merito solvit. Il rinvenimento di questa lapide non potrebbe addursi in appoggio dell'esistenza di Cassago ne' primi secoli almeno del Cristianesimo ? Questa terra dicevasi nel medio-evo Cassagum (Giulini, Memorie ec. , tom. IX, pag. 70). Lo stesso autore nella Tavola Corografica (tomo IX, pag. 127) le dà il nome di Cassiciacum e gli fu forse di guida l'opinione comune che Cassago sia l'antico Cassiciacum di cui parla Agostino. Nello scorso secolo fu da alcuni promosso il dubbio che il Rus Cassiciacum fosse Casteggio nella Lumellina, detto Clastidium dai latini scrittori; ma se pure un dubbio qualunque si voglia promovere contro una costante tradizione e l'autorità de' nostri scrittori patrii, potrebbesi dire essere stato Casirago nella Brianza stessa, o Casciago nelle parti di Varese dal Castiglioni (Gallorum Insubrum Anliquae sedes, pag. 63) detto Cactiacum.

(4) V. luoghi citati delle Confessioni. — De Ordine, lib, II 9 cap. I , ec. ec.

(5) Luoghi citali delle Confessioni di S. Agostino.

(6) Fiamma, De Arch ec. — Bossi, Giro. p. 45. Non ignoriamo le opposizioni fatte a questa asserzione, che noi crediamo bastantemente appoggiata. I/csaminarlc troppo ci devierebbe dal cammino.

(7) V. Ruinart, Ada Mari/rum, pag. 532, ed altri.

 

 

 

pp. 172-177

Dobbiamo ben anche far parola d'altra breve iscrizione gentilesca esistente a Barzanò, riferibile pure, secondo la opinione dei più, ai secoli primitivi dell'era cristiana. Devesi questa alle dotte cure del sig. avvocato Celestino Mantovani, che la rinvenne l'anno 1821 in quella chiesa parrocchiale, che è lungi breve tratto dal maggior abitato. Difficilissima quant'altra mai è la spiegazione di questo monumento. Convengono alcuni archeologi che ci furono cortesi delle loro interpretazioni, che quell'astrusa iscrizione esprima un voto di Feliciano agli Dei Giove e Summano; ed è quest'ultimo il Dio a cui si attribuivano i fulmini notturni.

Rimanendo la chiesa parrocchiale di Barzanò poco lungi da quella di S. Salvatore, ove altre iscrizioni gentilesche vedemmo esistere, è presumibile sia stato trasferito il sasso in cui è scolpita, che è pur serizzo, da quella di S. Salvatore nella Parrocchiale, ed essere il Dio Summano uno degli Dei che avevano culto nel tempio probabilmente colà eretto da Novelliano Pandaro. Ci osservò il signor dottor Labus, la di cui lezione è come segue:

Votum . Solvit . Libens . Merito IOVI AL

TO , ( vel ALTITOnanti ) et SVMM

ANO . FELICI

ANVS . PRI

M1VS . CV

M . SV1S

Locus . Datus . Decreto . Decurionum

Ci osservò, diciamo, che «in questa brevissima epigrafe sono ricordate due somme Deità dalla gentilesca superstizione credute arbitre dei fulmini scagliati dal cielo a spavento e terrore dei mortali. Una di queste è Giove col predicato di alto od altitonante, l'altra è Summano. Fin dall'età più rimota l'arma terribile della ultrice divina vendetta le umane menti commosse, e l'etrusca dottrina parecchie sorta di fulmini riconobbe, e ne scrisse trattati (1). I Romani poi conobbero soltanto due sorta di fulmini, attribuendo i diurni a Giove, ed i notturni a Summano. Non è dunque improbabile che Feliciano atterrito da una saetta scoppiatagli non lontana, abbia fatto voto agli Dei, e che ciò essendogli occorso sul far della notte o sull'alba, non sapendo a quale dei due Numi dovesse la propria salvezza, rimeritolli entrambi.

Nulla dico di Giove (prosiegue il sig. dottor Labus) di cui nota è la favola, bensì di Summano, Nume antichissimo, d'origine Sabina, recato in Roma da Tito Tazio, il quale fatta la pace con Romolo, gli eresse un tempietto di cui fa ricordo Varone. Semplice e mite fu dapprima il culto prestatogli; ma di poi che il Prisco Tarquinio, nativo d'Etruria e greco di schiatta, modificando i patrii istituti, alla modesta frugalità prescritta da Numa sostituì la pompa il fasto e le cerimonie dei Greci, il Giove Summano fu confuso col Giove Dite, fervendo la guerra con Pirro, l'umile edicoletta da Tazio inalzata fu ridotta in un tempio (2), innanzi al quale ogni anno al 20 giugno sacrifizi solenni si celebravano, e che sussisteva ancora nella regione del Circo Massimo molto tempo dopo.

Se non che dilatandosi poi felicemente la religione cristiana, andò questo Nume in dimenticanza, affermando S, Agostino che ai giorni suoi, vo' dire nel quinto secolo, appena trovavasi chi avesse letto, non che udito il nome del Dio Summano (3), Onde è notabile il sasso che esaminiamo, perchè ci mostra che anche nel terzo secolo dell'era cristiana, al quale l'attribuisco, non solamente ne' colli briantei ricordavasi, ma sussisteva un tempio, ed era in vigore il culto di questa Deità.

Siccome poi vuolsi credere che l'ara sia stata posta in luogo pubblico, e probabilmente non molto lungi ove cadde il fulmine sopraccennato, così essendovi mestieri del permesso della pubblica autorità, Feliciano ha indicato l'ottenuto decreto a questo uopo. Ho già dato altrove ragione di questo antico costume parlando di una lapide esistente a Desio (che noi dobbiam riferire in progresso per essere questa relativa al nostro argomento) posta probabilmente in egual circostanza , ove leggonsi le due formole ex Decreto; Datum pubblice.

Così il sig. dottor Labus; e noi vogliamo poi dire che d'assai convenevole nelle tenebre dei Gentilesimo doveva riputarsi il culto a questa Deità nell'alta Brianza, dove vanno a scagliarsi tante procelle e forse sino d'allora era il centro di questa bella regione in cui trovasi Barzanò, devastato sempre dalle tempeste, come ai nostri giorni, onde pare che riclamino que' territorii una speciale contemplazione pe' censi. Ne ci sembra poi lecito di riferire questa lapide, che ci rammenta uno de' Dii degli antichi Itali ad età d'assai anteriori a quelle che andiamo ora percorrendo, per la sola ragione d'aver detto S. Agostino, che fu a villeggiare a Cassago di tanto vicino a Barzanò, che ai suoi tempi appena conoscevasi il nome del Dio Summano, mentre un'ara al medesimo pur ci aveva a Barzanò. S. Agostino, per quanto si rileva dalle sue opere, visse in una somma ritiratezza a Cassago, componendo opere, dialogizzando scientemente col figlio Adeodato e con l'amico Alipio, meditando le verità della nostra religione e non potè per avventura aver avuta notizia di un delubro, forse già diruto, di un'ara abbandonata e deserta pur esistente al Dio Summano poche miglia lungi dalla villeggiatura in cui era. D' altronde v'andò mal fermo in salute, non vi si fermò più di due mesi, e vi fu anche incomodato da asprissimo dolor di denti (4). Abbiamo già sospettato per lievi indizj d'avervi avuta stanza nelle nostre regioni qualche parte dei popoli che in rimotissime età abitarono l'Italia e dei quali ci rimasero pressoché solo i nomi: abbiamo non meno dubitato della dimora d'alcuni individui componenti una delle colonie etusche stabiliti al di qua del Po (5), e potrebbe esser rimasto ai Briantini questo antico culto a Summano più a lungo, che in ogni altra parte d'Italia.

 

 

 

Note

(1) V. Cicerone, De Divinatione, lib. I. — Seneca , Nat.quaest lib, II , e. 33 , ed altri.

(2) Ovid. Fast. VI, 731

(3) De civitate Dei, lib. c.

(4) Luoghi citati delle Confessioni.

(5) Libro II , pag. 7 5 e segg.