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BEAti dell'Ordine Agostiniano: ANTONIO da AMANDOLA

Immagine di Antonio da Amandola monaco agostiniano

 

Immagine di Antonio da Amandola

 

 

Beato ANTONIO da AMANDOLA

(Amandola 1355 - 1450)

 

 

Il beato Antonio nasce in Amandola, piccolo centro ai piedi dei monti Sibillini, il 17 gennaio 1355 da Simpliciano Migliorati, un contadino nella zona montana, alle pendici del Castel Manardo, presso l'abbazia benedettina dei Ss. Vincenzo e Anastasio. La sua famiglia semplice e povera è ricca però di fede e di onestà; la prima istruzione gli fu impartita dai monaci benedettini che, nei presi della casa natale, avevano l'Abbazia dei santi Vincenzo e Anastasio. La religiosità dei genitori e l'educazione benedettina fecero da sfondo ideale alla sua vocazione e la presenza in Amandola di un eremo agostiniano lo indusse a farsi agostiniano. Sui 20 anni affrontò il normale corso di formazione: noviziato, professorio e finalmente è ordinato sacerdote. Si mostrò subito un uomo di grande maturità spirituale, tutto preso dal sacro ministero e zelante apostolo del Signore, fedele all'osservanza religiosa, molto dedito alla preghiera, alle vegli, alla penitenza raggiungendo così quella libertà interiore che lo conduceva a dare il primato assoluto all'amore di Dio e al servizio della Chiesa sull'esempio di S. Nicola da Tolentino. La fama di santità di Nicola da Tolentino lo attrasse ad entrare tra gli Agostiniani di Amandola.

La santità di questo frate si costruì nel continuo dono di se stesso a Dio e ai fratelli; nella preghiera attingeva luce e forza che trasmetteva nel suo ministero: la S. Messa, la predicazione, il confessionale, la direzione spirituale, l'incontro umano erano tutte occasioni preziose di estendere agli altri la sua esperienza di Dio. I tempi erano difficili, bisognava rimboccarsi le maniche, andare alla questua, assistere i poveri, visitare le famiglie, affrontare il malcostume e ogni forma di violenza. Se nel 1464 il comune gli riconobbe il titolo di difensore del popolo è perché egli invitava alla pacificazione e anche dopo la morte si prodigava a vantaggio di tutti dall'ambito spirituale a quello materiale. Con sapore di leggenda raccontano come egli ad Amandola arrestasse l'orda dei soldatacci che dalla strada del Tenna correvano all'assalto della cittadina: presentandosi con un gesto di comando sulla porta d'ingresso all'istante ecco cavalli che s'impennano, soldati che si danno alla fuga, cavalieri gettati a terra che scampano alla calca e il popolo che dagli spalti delle mura grida al miracolo. Professati i voti e completati gli studi, fu ordinato sacerdote verso il 1380. Verso i trent'anni l'obbedienza lo porta a Tolentino a fare il sacrista presso il sepolcro di San Nicola, rimanendovi 12 anni. Da Tolentino nel 1397 passa nelle Puglie, forse come predicatore o anche come devoto del santo di Bari. Ricco di queste due esperienze nel 1400 all'età di 45 anni, il beato Antonio torna in Amandola: il suo rientro fu un avvenimento festoso per la popolazione che riaveva il concittadino tanto benemerito. Divenne subito un preciso punto di riferimento per chiunque cercasse una soluzione. Riusciva a vivere con piena intensità la vita conventuale come la partecipazione ecclesiale e sociale. Fu più volte priore del convento di S. Agostino che riedificò insieme alla chiesa e la sua popolarità gli guadagnò tanta collaborazione da parte degli amandolesi.

Per tutte le grandi iniziative non mancarono preoccupazioni, problemi e sofferenze, ma tutto fu superato. Per la sua dimestichezza con Dio, i concittadini ricorrevano a lui anche per avere la stagione propizia, in particolare per ottenere la pioggia. Da qui l'appellativo di nubigero e l'iconografia lo ritrasse spesso con le nubi in mano per distribuire la pioggia secondo necessità. Il fisico robusto gli permetteva di realizzare frequenti pellegrinaggi ai santuari mariani, a quello vicino dell'Ambro e a quelli lontani di Loreto e Tolentino, che raggiunse a piedi nel 1432 all'età di 77 anni. Si spense alla bella età di 95 anni il 25 gennaio 1450. Ebbe subito il culto: dopo tre anni si dovette procedere alla esumazione del corpo prelevandolo dal sepolcro comune. Nel 1453 il suo corpo, tolto dal sepolcro comune dei frati, fu sistemato in un'arca di legno sopra un altare, intitolato a suo nome. Nel 1641 fu posto in un sarcofago di legno lavorato da Domenico Malpiedi, che nel 1897 fu sostituito da un altro di marmo, che ora si vede nel coro. Nel 1798 i soldati estrassero il copro dal sarcofago e ne fecero scempio: nel 1899 gli fu recinto il capo con una corona d'oro. A 10 anni dalla morte già il Consiglio Comunale deliberava di festeggiare la sua memoria. Il suo culto venne ufficialmente riconosciuto da Clemente XIII nel 1759 che lo ascrisse nel numero dei beati, riconoscendone il culto ab immemorabili. Vilipeso il corpo nel 1798 dalle truppe francesi, il 20 aprile 1890 papa Leone XIII concesse l'indulgenza plenaria ai visitatori del suo santuario. La memoria liturgica nel calendario agostiniano ricorre il 29 gennaio. Amandola è legatissima al suo beato e lo festeggia con solenne novena dalla data della sua nascita a quella della sua morte: 17- 25 gennaio.