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BEAti dell'Ordine Agostiniano: ANTONIO TURRIANI DELL'AQUILA

Immagine di Antonio Turriani da l'Aquila

 

Immagine di Antonio Turriani

 

 

Beato ANTONIO TURRIANI DELL'AQUILA

(1424 - 1494)

 

 

 

E' uno dei grandi di Milano, anche se l'appellativo lo dice dell'Aquila, città ove trascorse l'ultimo periodo della sua vita. Era infatti figlio di Francesco della Torre, conte di Milano, e di Agnese, contessa di Guastalla: una famiglia nobile con un passato glorioso di personalità di spicco tra crociati, vescovi e politici. Schivo delle compagnie mondane e incline alla pietà, si sprofondava nello studio e seguiva la mamma in chiesa. La sua facilità di apprendimento suggerì al padre di avviarlo alla carriera medica. Antonio completò gli studi brillantemente all'università di Pavia, conseguendo a 22 anni la laurea di medico-chirurgo. Si creò ben presto una vasta clientela, fra cui molti poveri, ai quali oltre alle cure, donava cibo e alloggio. Dopo due anni di professione medica decise di farsi frate agostiniano.

Gli agostiniani di S. Marco in Milano lo accolsero nel proprio convento. Divenuto sacerdote, si ritrovò intorno la vecchia clientela: ma era difficile conciliare l'impegno caritativo con le esigenze della regola conventuale. Chiese perciò di essere trasferito all'eremo di San Nicolò a Foligno, nella Congregazione Riformata Perugina, ove visse per qualche tempo come infermiere. Si scoprì in quegli anni la sua perizia medica, che gli procurò l'ammirazione di altri medici. A 34 anni decise di fare un'esperienza di pellegrino proponendosi l'itinerario Tolentino-Loreto-Compostella. Fu a Tolentino nel 1458 dove partecipò alla festosa canonizzazione di san Nicola. Nel dicembre passò a Loreto, ove a Natale ebbe la visione della Vergine che gli offrì il santo Bambino dicendogli: "Prendilo e vezzeggialo a tuo piacere! ".

A Compostella si trattenne più a lungo per occuparsi dell'assistenza medica dei pellegrini. Rientrò a Roma nel 1474 e ricevette dal padre Generale l'obbedienza per l'Aquila, preceduto dalla fama di virtù. Come priore esercitò il suo comando con umiltà, aiutando i monaci nei lavori più pesanti. Le monache Agostiniane lo vollero come confessore e direttore spirituale. Durante la peste del 1478 e del 1486 svolse una intensa attività medica nei lazzeretti. Nel suo orto crebbe un rigoglioso olivo, che lui stesso aveva piantato da un semplice ramo delle palme benedette. Il suo olio era usato miracolosamente per guarire dalle malattie. Durante il suo ventennio di assistenza spirituale non morì alcuna delle 87 monache ed anche in seguito, secondo una promessa da lui fatta, sembra che le monache, finché rimasero nel monastero (cioè fino al 1908), ricevessero un particolare avvertimento all'approssimarsi della morte. Durante gli ultimi sei mesi di vita ebbe molto a soffrire, ma sempre con tanta serenità. Morì a 70 anni il 24 luglio 1494. Non fu sepolto sotto terra perché una pietra avvertì lo sterratore a smettere il lavoro cadendogli violentemente addosso e lasciandolo illeso per miracolo. Dal primo anniversario della morte la venerazione privata prese forma di culto pubblico con manifestazioni cittadine. Papa Clemente XIII lo beatificò nel 1759.

Le sue spoglie, dopo la soppressione del monastero e l'allontanamento degli agostiniani dall'Aquila nel secolo scorso, sono state ricomposte nel 1987 nella cappella delle Agostiniane di S. Amico, insieme a quelle della beata Cristina da l'Aquila. La sua memoria liturgica ricorre il 24 luglio.