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CONVENTI agostinianI: Almenno San Salvatore

Il complesso monastico agostiniano di Almenno san Salvatore

Il complesso monastico

 

 

CONVENTO DI S. NICOLA AD ALMENNO SAN SALVATORE

 

 

 

LA FONDAZIONE DEL MONASTERO

Mentre si edificava la nuova chiesa parrocchiale, la popolazione di Almenno, per impetrare la liberazione dal terribile contagio della peste che imperversava nel 1484, fece voto a Dio di costruire una cappella dedicata ai santi Sebastiano e Rocco. L'anno seguente la pestilenza cessò, proprio mentre giungeva in paese come predicatore il frate Alberto da Sarnico dell'ordine degli Agostiniani. La fine del contagio e insieme l'ardente ed efficace parola del frate convinsero gli abitanti di Almenno a chiedere un «corpo di religiosi della detta Congregatione» e a fabbricare per loro a pubbliche spese, invece della cappella, un monastero e una chiesa «sotto l'invocatione di Santa Maria di Consolatione et Santi Sebastiano et Rocco».

A tale scopo, in data 29 ottobre 1486, il Comune di Almenno donò a fra' Alberto, che accettò a nome del convento di S. Agostino di Bergamo, un appezzamento di terreno campivo e a vigneto di dieci pertiche, posto nel territorio di Lemine Superiore in località detta «Bastia o Castello»: su questo terreno si sarebbero dovuti edificare la chiesa e il monastero. Nel 1487 giunse come predicatore nella chiesa parrocchiale di Almenno il frate Pasquale da Gazzaniga, che rafforzò la volontà degli Almennesi di avere i religiosi. Infatti il 2 maggio la popolazione inviò una lettera al Capitolo Generale della Congregazione Lombarda degli Agostiniani, celebrato proprio in quel periodo a Pavia, per chiedere ai Priori là congregati il permesso di fondare in Almenno un monastero di frati Eremitani Agostiniani dell'Osservanza. Nella missiva si assicurava l'impegno del Comune ad assistere i religiosi con elemosine e si mettevano a disposizione ben 1000 ducati d'oro per la realizzazione dell' opera.

Ad approvazione ottenuta, i frati si resero conto che il terreno donato in Bastia non era idoneo e perciò scelsero un altro luogo. Il 13 novembre 1487 acquistarono un appezzamento di terra posto nella Contrada della Porta in località detta "Umbriana" o anche "ad guastum". Fra' Pasquale da Gazzaniga fu nominato responsabile e coordinatore di tutte le attività volte alla costruzione della chiesa e del convento. Il frate poté ben presto dare inizio ai lavori, incoraggiato anche dalle elemosine che non tardarono ad arrivare. L'edificio fu consacrato il 16 novembre 1518.

 

Affresco medioevale con la Vergine e santi

Affresco con la Vergine

 

MONASTERO DI SAN NICOLA

L'ex Convento degli Agostiniani di Almenno è stato costruito per volontà espressa dal popolo, in un "pubblico e generale Consiglio" tenuto il giorno 29 ottobre 1486 dai rappresentanti delle Contrade di "Almenno di Sotto", "Almenno Superiore" e "La Porta". Tale volontà si era manifestata come voto e come segno di gratitudine nei confronti dell'Ordine degli Agostiniani del Convento di Bergamo, che aveva inviato, durante i due anni precedenti, frate Alberto da Sarnico per sopperire in parte al vuoto lasciato tra il clero locale dalla peste del 1484-85 che, specie ad Almenno, fu causa accanita di molte perdite umane. Il Convento doveva comprendere anche la chiesa che doveva essere dedicata a S. Maria della Consolazione e ai santi Sebastiano e Rocco. La località prescelta era originariamente collocata all'interno del "Brugo" fortificato per ragioni di maggior sicurezza, ma Padre Pasquale Gazzaniga, considerato il fondatore del Convento, preferì una località esterna, meglio esposta del territorio almennese e lungo un pendìo "Ubi dicitur Umbriana" in contrada "Porta" già da allora coltivata ad abbondante vigna. La posa della prima pietra venne effettuata il l0 agosto del 1488 per mano di Padre Agostino da Crema, priore del Monastero di S. Agostino in Bergamo. Dopo solo due anni la costruzione risultava già in gran parte realizzata.

La vita del Monastero fu sempre molto viva e al centro della attività religiosa di Almenno. I Padri Agostiniani dovevano godere molta stima e benevolenza se in pochi anni divennero, per lasciti e acquisti fatti con le elemosine, proprietari di gran parte del territorio comunale e di una ricchezza tanto cospicua da poter concedere prestiti anche al Convento di S. Agostino di Bergamo. Durante la peste del 1630-31 che falcidiò per quasi due terzi la popolazione, gli almennesi nutrirono grande devozione per S. Nicola da Tolentino al quale da allora venne dedicata la chiesa. Il convento di S. Nicola svolse la sua funzione di monastero fino al 1770, quando il Senato Veneto lo confiscò e lo vendette a privati.

Icnografia della chiesa

Icnografia della chiesa

La chiesa a pianta rettangolare è formata da un 'unica ampia navata che si conclude in un altrettanto ampio presbiterio. Le pareti laterali sono occupate nella parte bassa da una teoria di sei cappelle per lato, definite da altrettanti archi a tutto sesto e da volte di copertura; nella parte alta da un matroneo che si affaccia, tramite bifore ad arco a tutto sesto, sulla sottostante navata. La copertura è con tetto a capanno, sorretto da robusti archi a sesto acuto, scanditi dal passo delle cappelle laterali e costituito nell'intradosso da un'orditura in legno e formelle di cotto decorate a fresco, molto gustose e originali, anche se in gran parte alterate dall'azione corrosiva dell'umidità. Il paramento esterno in muratura di pietra rosa del Tornago, la copertura dei tetti in coppi, le dimensioni e i rapporti volumetrici, conferiscono a tutto il complesso, compreso il convento naturalmente, una notevole capacità di inserimento ambientale. È questo sicuramente un suggestivo quanto esemplare modello, tra i tanti dell'antichità, di connubio tra il costruito e il contesto.

 

LA CHIESA

Il fronte principale della chiesa, un tempo intonacato, si erge come quinta anteposta all'edificio vero e proprio, fino a superarlo in altezza, oltre il limite del tetto. Le due lunghe finestre laterali; il portale d'ingresso cinquecentesco e il rosone al centro; le nicchie con le statue di S. Nicola, di S. Agostino e della Madonna; suggeriscono consistenti riferimenti al fronte della chiesa di S. Agostino in Bergamo alta. Le pareti interne quasi completamente rivestite di stucchi barocchi, soprattutto nella parte bassa, tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII secolo, sono state solo in parte recuperate allo stato d'origine, per consentire la lettura degli innumerevoli affreschi che le rivestono. La qualità degli stucchi, alcuni di Giovanni Sanz, e la loro azione corrosiva sugli affreschi sottostanti, non hanno ancora consentito la messa in luce di tutto quanto è ricoperto, in parte anche con la calce che in abbondanza venne stesa sulle pareti durante la peste del 1630.

Interno della chiesa

Interno della chiesa

Gli interventi in affresco più cospicui e di maggior pregio, sono quelli del bergamasco Antonio Boselli di S. Giovanni Bianco del quale in particolare si ricordano: "Lo sposalizio di S. Caterina" nella terza cappella del lato di sinistra; "la Madonna col bambino e offerente" (1518): "S. Pietro in Cattedra" e "Battesimo di Gesù" nella sesta cappella di sinistra. Si segnalano ancora, di autori ignoti: "Lo sposalizio della vergine" (1537) nella quinta cappella di destra; gli affreschi della Sacrestia; scene della vita di S. Rocco e di S. Paolo, nella prima cappella di sinistra; nella quarta cappella di sinistra, dove è conservata l'effige della "Madonna del Buon Consiglio", gli affreschi del XVI secolo con "La Madonna tra S. Sebastiano e S. Rocco", "S. Antonio", "Gli Evangelisti". Alcune tele di particolare valore completano infine il corredo iconografico della chiesa: "L' Assunzione di Maria Vergine in cielo" del Cifrondi, "La Trinità" (1517) di Andrea Previtali; la "Sacra Famiglia" del Bassano; "S. Agostino e S. Tommaso da Villanova". Per ultime si richiamano le numerose pietre tombali a pavimento, con i nomi delle persone sepolte e con decorazioni scultoree. L'organo Antegnati (1588), venne costruito da Costanzo Antegnati (1549 - 1624), rappresentante più celebre della blasonata dinastia di artigiani bresciani, allorchè nella bottega aveva "maneggio e cura" sotto la guida del padre Graziadio (1525 - post 1590). Per la sua rarità ed eccezionalità rappresenta un documento unico, di straordinaria importanza dal punto di vista storico - artistico, nel campo dell'arte organaria italiana ed europea.

Si tratta di uno splendido strumento in cassa cinquecentesca a cinque campate, racchiuso da due portelle con angeli musicanti e scene dell'Annunciazione. Lungo il corso dei secoli venne in parte modificato, ma ha conservato tali e tanti elementi di autenticità e interesse da motivare un esemplare restauro, portato a termine nel 1996 dall'organaro Marco Fratti di Campogalliano (Mo). Tale lavoro è stato documentato dettagliatamente in una pregevole pubblicazione. I suoi suoni, vivaci, chiari, ricchi di fascino e di poesia, si propagano in un contesto architettonico e ambientale di grande suggestione e fanno assaporare in modo privilegiato la nobilissima civiltà musicale rinascimentale.