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Kasper Elm: ATTIVITA' E CONSEGUENZE

Resti della chiesa dell'eremo di Malavalle

Resti della chiesa e dell'eremo di Malavalle

 

 

 

ATTIVITA' E CONSEGUENZE

di Kasper Elm

 

 

 

L'occupazione fondamentale dei Guglielmiti, ossia la preghiera, si realizzava nel ritmo fisso delle ore canoniche. Per amor suo, "ad officia divina celebranda", era stata fondata nel XIII secolo la maggior parte dei conventi, e la sua attuazione regolata rappresentò, come insegnano gli statuti del capitolo provinciale e di quello generale, il segno più sicuro per la disciplina e per l'Ordine interno della vita conventuale. Proprio laddove non si sapeva più nulla dell'attività dei Guglielmiti, anche dopo la soppressione dei conventi, perdurò nella leggendaria tradizione la forte impressione esercitata sulla popolazione vicina da parte della preghiera dei monaci, praticata giorno e notte con puntualità e continuità. La preghiera corale e la liturgia che venivano regolate secondo le disposizioni precise del "Liber ordinarius", non determinavano solamente la vita interna del convento, ma rappresentavano anche una delle più importanti funzioni sociali dell'Ordine.

Aristocrazia, borghesia e contadini si attendevano dai membri dell'Ordine preghiere per sè ed intercessioni per i loro defunti, ed erano pronti a contribuire alla sicurezza materiale dei membri dell'Ordine, come denotano le numerose donazioni in memoria, gli anniversari, i libri funebri e le comunità di preghiera. Contemplazione e meditazione, che sono strettamente legate al concetto di Ordine eremitico, si sottraggono ancor più della preghiera all'accertabilità. Ad esse manca la forma istituzionale che la preghiera ha trovato nel "Divinum officium", e la precisa tradizione documentale mediante la quale i numerosi obblighi di preghiera dei singoli conventi sono giunti a noi. Il dato della vita contemplativa è tuttavia garantito abbastanza spesso. La Chiesa stessa, dalla fine del XIII secolo celebra ripetutamente questa caratteristica dell'Ordine e cerca, come risulta dalla bolla "Sicut ex tua" di Onorio IV, di assicurarla mediante i suoi privilegi "commodum pacis et quietie solacium" quali fondamenta della vita contemplativa - l'esistenza contemplativa dei Guglielmiti non ha tuttavia sortito effetti tangibili dal punto di vista storico. Esiste a malapena un commento che consenta di parlare in modo preciso e specifico della maniera in cui si realizzava presso di loro la forma più introversa della vita religiosa.

Nelle loro biblioteche il numero di scritti ascetico-omiletici non era ridotto, se si considerano i resti ed i cataloghi conservati. Si andava dalla classica letteratura dei Padri agli scritti dei mistici tedeschi, fino alle opere di Gherardo di Zutphen e di Tommaso di Kempen. Non sembra tuttavia che essi siano riusciti ad arricchire la letteratura mistico-ascetica anche soltanto di un'unica opera. Secondo un'antica tradizione monastica, accanto alla preghiera ed alla contemplazione, i membri dell'Ordine si dedicavano alle opere della "Caritas", soprattutto alla cura dei malati ed all'alloggiamento di pellegrini e senzatetto. Entrambe le attività, il cui legame con l'anacoretismo è caratteristico della spiritualità apostolica del XII e del XIII secolo, venivano già esercitate nel primo periodo dell'Ordine. Già Guglielmo stesso aveva edificato in Toscana un ricovero (HOSPITAL) "ad Dei venerationem et pauperum Christi refectionem". Seguendo il suo esempio, i Guglielmiti nel XIII e nel XIV secolo presero (su di sè) degli ospizi, fra i quali quelli situati a Weissensee, Villers-en-Chouchie, Walincourt, Elsne, Avroy e Beveren, ed asili nei quali viaggiatori e pellegrini potevano cercare riparo, come accadde a Bernardfagne, dove nel 1248 i Guglielmiti portarono avanti l'opera intrapresa dall'eremita Wericus a metà del XII secolo.

Il culto mariano, tipico per i Guglielmiti così come per i Cistercensi, e che risale al fondatore ed emerge dai nomi dei suoi conventi, dal calendario delle feste e dagli emblemi dei sigilli, favorì questo tipo di ospitalità, dal momento che presto molte chiese dell'Ordine divennero luoghi di pellegrinaggio di importanza regionale, e che l'alloggiamento e la cura delle anime dei pellegrini nei conventi visitati più frequentemente, come ad esempio a Marienthal, Muehlbach, Bernardfagne e Louvergny, divennero quasi il compito principale dei monaci. L'alloggiamento di viaggiatori e senzatetto, però, nel corso del secolo diminuì. Lo sviluppo delle città e la sicurezza delle strade posero fine, in generale, al sistema di senodochii ed all'attività sociale dei Guglielmiti. Poveri e girovaghi innanzitutto cercavano ancora asilo da loro ed erano ospiti, questi, solo raramente benvenuti. Infine si rinunciò ad assistere simili "vreemder travanten end brootbidders" [vagabondi, forestieri e affamati] che durante il giorno dimoravano nel ricovero, ma verso sera andavano a zonzo per le osterie, come risulta drasticamente da un documento del convento di Beveren. Al contrario venivano accolte nella comunità persone più anziane, per lo più abbienti, alle quali venivano garantiti vitto ed alloggio in cambio di determinate prestazioni. Essi si assoggettavano al controllo del priore e costituivano una parte della comunità conventuale. Questo "sistema di commensali", comune anche nel più antico monachesimo, consentiva in alcuni casi all'Ordine, chiuso rispetto al mondo, un accesso alla vita letteraria ed artistica che altrimenti gli sarebbe rimasto precluso. I Guglielmiti di Liegi si gloriarono così di aver ospitato il celebre Sir John Manderville, che viaggiava per il mondo, dal 1343 alla sua morte, avvenuta il 17 novembre 1372, e di averlo sepolto nella loro chiesa.

La fama diffusa ampiamente in Europa di questo uomo d'avventura e scrittore fecero della sua tomba nella chiesa guglielmita e degli oggetti da lui lasciati in eredità - fra cui una maglia della catena di S. Guglielmo - curiosità generalmente visitate ed ammirate. I Guglielmiti di Beveren accolsero nel 1684 il pittore Adriaan de Munck, il quale, in cambio di vitto ed alloggio, rappresentò su numerose tavole la leggenda di S. Guglielmo. Ad un simile accordo i confratelli di Aalst dovettero i dipinti dell'altar maggiore al pittore storico e ritrattista Pieter Thys (1624-77), discepolo di van Dyck. L'attività pastorale alla quale la Curia aveva voluto inutilmente ottenere l'adesione dei Guglielmiti attorno alla metà del XIII secolo, giocò più tardi solamente un ruolo secondario, sebbene il privilegio di poter predicare e raccogliere confessioni su richiesta e con l'approvazione del clero - privilegio garantito da Innocenzo IV nel 1250 - fosse stato a più riprese ampliato nel corso del XIII e del XIV secolo. Nel 1295 Bonifacio VIII aveva così consentito di far esercitare l'attività pastorale parrocchiale nelle chiese cedute all'Ordine, dopo che a partire dalla metà del XIII secolo era stato loro permesso di accettare patronati ecclesiastici e le entrate ad essi collegate. Nonostante l'estensione del diritto di cura di anime grazie a Clemente IV, che consentì l'assoluzione in tutti i casi non riservati al pontefice, la "cura animorum" dei Guglielmiti rimase fondamentalmente costante attività pastorale direttamente nell'ambito del convento oppure nelle parrocchie incorporate al convento. A tale proposito si trattava soprattutto di spiccata attività pastorale locale. Laddove i Guglielmiti si insediavano nelle vicinanze delle città, il che accadde alla fine del XIII secolo per quanto riguarda alcuni conventi di nuova edificazione o trasferiti, si adattavano pacificamente al sistema parrocchiale esistente, come emerge da numerosi contratti fra i Guglielmiti ed il clero parrocchiale secolare. Laddove, come ad esempio in Alsazia, si giunse, nel XIII e nel XIV secolo, a contrasti fra i Mendicanti ed il clero secolare a causa dell'attività pastorale, i Guglielmiti si ritirarono disposti a venire ad un compromesso allo scopo di lasciare soltanto agli Ordini mendicanti la lotta.

La cura delle anime era per loro veramente meno importante che per i frati mendicanti, che qui ravvisavano il loro vero campo d'azione. Del modo di vivere monastico-contemplativo dei Guglielmiti era caratteristico il fatto che preferissero forme di attività pastorale indiretta: non esisteva quasi convento che non legasse a sè una confraternita e che in questa maniera non chiamasse a sè i credenti, anzichè andar loro dietro. In molti luoghi, ad esempio a Strasburgo, Klingnau, Limburg, Nivelles ed Aalst, i Guglielmiti si prendevano cura sempre indirettamente anche di beghine e monache di clausura, senza tuttavia che dalle comunità femminili soggette alla loro protezione si fosse sviluppato un secondo Ordine, come ad esempio era accaduto per i Cistercensi ed i Francescani. Lo studio universitario in genere strettamente collegato all'attività pastorale, non è stato assolutamente trascurato nell'Ordine guglielmita, tuttavia non è stato in alcun modo promosso sistematicamente, sebbene si fosse coscienti del fatto che ciò fosse necessario "propter bonum commune et honorem dei et Ordinis augmentandum". L'Ordine, al quale Innocenzo IV nel 1250 disse che possedeva il "donum scientiae", aveva in sè i presupposti favorevoli alla costruzione di un sistema accademico di studi. Già poco dopo l'insediamento a Montrouge, alcuni dei suoi membri studiarono presso la facoltà di teologia dell'Università di Parigi. Al fine di facilitare lo studio a questi componenti dell'Ordine, il 18 luglio 1297 Bonifacio VIII trasferì all'Ordine il convento dei Serviti situato in Rue des Parchemins. Si trovava nelle vicinanze del Temple, e solamente a poche centinaia di metri dalle lezioni e dalle case di studio sull'altra riva della Senna.

Ai "fratres studentes in theologica facultate" veniva così risparmiato il grande tragitto fra Montrouge, oggi situato nella periferia (Banlieue), ed il centro della città, secondo l'espresso desiderio del pontefice. Per offrire un'ulteriore facilitazione, nel 1334 il re Filippo IV consentì di aprire un passaggio attraverso le mura delle città situate vicino alla parte posteriore del convento, cosicchè la strada più lunga, attraverso la porta di S. Babette, divenne superflua e divenne possibile percorrere la via più corta per il Quartiere Latino. Queste premesse, in sè favorevoli, non diedero vita, come invece il Papa si era aspettato, ad alcuna vita di scienza e di studio. Al contrario, sebbene la vita religiosa, secondo il parere del re Filippo, non meritasse alcun biasimo, e la provincia francese facesse grandi sforzi per garantire materialmente gli studi, nel 1340, ad uno degli ultimi capitoli generali a S. Guglielmo a Malavalle, ci si dovette lamentare del fatto che lo studio della teologia a Parigi fosse "damnose et irreligiose neglectum". Contemporaneamente si tentò di porre rimedio a ciò. In base a direttive della Curia, il capitolo generale decise di porre mano alla riforma della loro casa di Parigi. Tali sforzi mostrarono nella seconda metà del XIV secolo un certo successo. Si riuscì a superare, anche se per poco tempo, la decadenza in cui versava il convento. Oltre al priore generale Simone, resosi benemerito della riforma dell'intero Ordine, la figura trainante fu il priore Giovanni, il compagno proveniente da Parigi (morto nel 1403). Egli aveva i presupposti favorevoli, era "magister" di teologia, provinciale della provincia francese, ed era probabilmente l'unico membro dell'Ordine a possedere la dignità di vescovo. Egli potè così mobilitare le forze dell'Ordine e guadagnare, attraverso la sua influenza, l'appoggio della corona e dell'episcopato all'obbedienza avignonese, al fine di porre il suo convento su una solida base dal punto di vista materiale. Egli riuscì, tra l'altro, a portare a termine la costruzione della chiesa conventuale intrapresa nel 1253 dai Serviti con l'aiuto di Luigi il Santo. Il 31 ottobre 1397 potè egli stesso consacrare la nuova costruzione in presenza del sovrano ed assistito dai vescovi di Auxerre, Chartres e Chalons.

Alla sicurezza materiale della casa, emersa dal completamento dell'edificazione della chiesa, corrispose una certa fioritura della vita spirituale di cui Giovanni di Genossia stesso, che appartiene ai pochi "magistri" dell'Ordine, dà testimonianza. Tale fioritura, tuttavia, non comportò in alcun modo che il convento parigino dei Serviti (WEISSMAENTEL = mantelli bianchi) giocasse un ruolo paragonabile a quello dei celebri studi generali degli Ordini mendicanti, o che rivelasse teologi di grande valore. Dopo la morte del priore Giovanni, la vivacità spirituale dei Guglielmiti diminuì sempre più. E' vero che come associazione studentesca essi rimasero, fino alla loro soppressione nel 1618, membri dell'università, tuttavia non risulta praticamente nulla di una partecipazione creativa alla vita spirituale di questa. La situazione degli eremiti di Parigi era, con alcune sfumature, caratteristica anche dei rimanenti conventi dell'Ordine. Nel XV e nel XVI secolo si trovano nei registri di immatricolazione delle università di Friburgo, di Colonia, di Erfurt e di Loewen i nomi di numerosi eremiti provenienti da conventi tedeschi ed olandesi per i quali, tuttavia, vale quanto già detto per i loro confratelli studenti a Parigi. Il dedicarsi alle scienze non andò oltre lo studio passivo. Da nessuna parte è possibile accertare (l'esistenza di) "magistri" insegnanti di prestigio o addirittura rappresentanti di una propria dottrina teologica. Al contrario, i Guglielmiti che studiavano a Colonia dovettero lasciarsi deridere nelle "Epistolae obscurorum virorum" a causa delle loro scarse capacità scientifiche. I conventi diedero, per quanto riguarda i loro giovani professi, soltanto uno scarso impulso ad un'attività di studio realmente intensiva. Laddove non si trascurò assolutamente l'attività spirituale, sembra che in linea di principio essa sia stata svolta in maniera tutt'altro che erudita. Nonostante tutte le esigenze programmatiche di intensivizzazione dello studio teologico, si ritenne, come mostrano i resti delle loro biblioteche, l'acquisto e la lettura della letteratura ascetico-contemplativa più sensate delle summe e dei trattati colti di teologia - e men che meno se ne favorì la formulazione. L'eredità delle origini eremitiche, la tendenza alla contemplazione ed alla propria autoformazione religiosa, anche per quanto riguarda i Guglielmiti, come per altri Ordini meditativi, è possibile abbiano suscitato un'avversione, spesso più istintiva che cosciente, nei confronti dell'erudizione e della formazione razionale, ed aver determinato una maggiore stima per la "sapientia" acquisita in altri modi. L'impressione prevalente di un atteggiamento poco scientifico dei Guglielmiti viene certamente corretta dal fatto che, nel XVI secolo, in alcuni conventi si sviluppò una vivace attività spirituale che tuttavia scaturiva significativamente da propositi più pedagogici che scientifico-teologici. Soprattutto nei Paesi Bassi ed in Alsazia, dalla fine del XV secolo e sotto la spinta dell'umanesimo e della "Devotio moderna" ci si dedicò con maggior energia rispetto ad un tempo allo studio ed all'insegnamento del latino, del greco e dell'ebraico.

L'aristocrazia e la borghesia, i cui figli frequentavano le scuole dell'Ordine (aperte anche all'esterno), seppero apprezzare queste aspirazioni fino a quando nell'Impero Germanico la Riforma non pose fine ad esse, e nei Paesi Bassi esse non furono soppiantate, nel XVI e nel XVII secolo, dai collegi dei Gesuiti e dai loro nuovi metodi d'insegnamento. Fra i conventi olandesi i cui professi, nel XV e nel XVI secolo, furono in parte istruiti presso le scuole dei frati (FRATERHERRENSCHULEN) di Deventer, Emmerich e Wesel, godevano di particolare considerazione soprattutto i conventi di Baseldonck e di Aalst a causa delle capacità filologico-pedagogiche dei loro conventuali. Nel XVI e nel XVII secolo emersero da essi alcuni uomini che, grazie ai loro studi storici e filologici, meritarono di essere assimilati ai "Viri illustres" dell'Ordine, il che evidentemente non significa che i loro nomi siano sopravvissuti nel tempo anche al di fuori dell'Ordine. Il più celebre membro del convento di Baseldonck fu l'amico di Macrobio, Simone Pelgrom (circa 1507-72), famoso ai suoi tempi. Terminato il periodo scolastico presso i "Frati della vita comunitaria" a 's-Hertogenbosch, egli entrò ben presto nell'Ordine guglielmita: nel 1539 fu eletto priore del convento di Baseldonck, e nel 1557 superiore della provincia francese dell'Ordine. In entrambe le cariche egli acquistò grandi meriti. Si dedicò alla ricostruzione del convento trasferito nel 1542 a 's-Hertogenbosch, e con maggior energia si dedicò alla riforma dei conventi della sua provincia religiosa, cosicchè lo si potè definire "reformator Ordinis". Egli si fece tuttavia un nome non - come già anticipato - come superiore dell'Ordine, bensì come filologo e storico. Ancor prima della sua elezione a priore, scrisse un libro di testo in latino molto usato nelle scuole del XVI e del XVII secolo, dal titolo "Synonymorum silvae in usum eorum, qui compositioni student epistolarum" e poco dopo la "Descriptio originis urbis silvae ducensis", tradotta in olandese dal suo confratello Giacomo van Oudenhoven (morto nel 1690) nel 1629. Il suo traduttore, anch'egli appartenente in origine al convento di Baseldonck, non fu inferiore a Pelgrom nè per capacità nè per interesse storico. L'Ordine potè tuttavia gloriarsi di meriti simili a quelli acquisiti da Pelgrom con la storiografia del Brabante, solamente con sentimenti contrastanti. All'inizio del XVII secolo Giovanni van Oudenhoven aveva rinnegato il suo credo e nel 1626, dopo studi teologici all'università di Leiden, era stato ordinato predicatore riformatore ad Aalburg. Pietro von den Bosche (1561-1640), un contemporaneo più anziano di Oudenhouvens, si guadagnò una certa stima attraverso i suoi studi sulla storia dell'Ordine.

Egli proveniva da Aalst e dopo gli studi (universitari) a Loewen, entrò nel convento guglielmita della sua città natale, del quale fu eletto priore nel 1626. Con le sue opere sulla storia dell'Ordine, su uno scritto sulle origini dell'Ordine andato perduto e con la biografia di S. Guglielmo, pubblicata nel 1626, egli portò avanti l'attività letteraria che nel convento di Aalst, già nel primo quarto del XVI secolo, aveva raggiunto il suo culmine. A quel tempo, presso la scuola la cui esistenza è documentata già nel XV secolo, insegnò una serie di membri dell'Ordine i quali, con la loro formazione letteraria, seppero creare un'atmosfera che non solo fece progredire il sapere e l'insegnamento, ma portò anche alcuni rappresentanti del primo umanesimo olandese a ricorrere all'ospitalità dei Guglielmina aperti ai loro interessi. Fra questi ci fu il tipografo Dir Martens, probabilmente già educato alla loro scuola, "d'erste letterdruckere van Duitschlant, Vrankereyke ende dese Nederlande" [= il primo tipografo di Germania, Francia e Paesi Bassi], come egli fu definito sulla sua lapide originaria. Il colto tipografo, che aveva infatti fra i primi reso famosa nei Paesi Bassi la stampa di libri, e che dall'ultimo quarto del XV secolo, prima a Loewen poi ad Antwerpen, aveva stampato fra gli altri numerosi scritti di Erasmo, dal 1529 al 1534 trascorse gli ultimi anni della sua vita nel convento dei Guglielmiti. Egli lasciò loro in eredità non soltanto una parte delle sue stampe invendute, ma anche lo stimolo a dedicarsi come i FRATERHERREN alla stampa di libri ed alla tipografia. Già prima che Martens fissasse il proprio domicilio presso i Guglielmiti, uno dei primi umanisti di Antwepen, Cornelius de Schrijver (1482-1558), amico di Erasmo e divenuto famoso con lo pseudonimo di Graphaeus, prese parte "velut socius charusque sodalis" agli studi e ai dialoghi dei Guglielmiti colti. In un "Carmen" al patrono dell'Ordine, il "Maso Alustensis", cita le ragioni del suo attaccamento al convento di Aalst. Egli loda la disciplina conventuale, generalmente riconosciuta, della casa, la quale fa presumere la severità ascetica delle origini, ed il fervore degli studi che non si limitarono alla lingua latina, ma si dedicarono anche alle "fontes salubres" del greco.

Il vero stimolo, la "dulcedo" e "voluptas", consistevano per Graphaeus, autore di poesia bucolica, nella serenità di questo contesto che aveva le proprie radici non in un'attitudine letteraria, bensì nella contemplazione spirituale dei monaci. L' "Encomium" di Cornelius Graphaeus ha un valore particolare, in quanto opera di un uomo che percepì le debolezze della Chiesa e della vita dell'Ordine, e che nel 1520, nella prefazione agli scritti di Jan Pupper van Goch, non ebbe timore di accusare l'Ordine di aver sbarrato più che aperto il cammino verso Dio. Le simpatie di Cornelius Graphaeus, che, a causa della sua aperta critica, attirò su di sè il rimprovero per eresia e venne costretto nel 1522 alla ritrattazione, non rimasero senza ripercussioni; esse furono a tal punto condivise da suo fratello Jan, che questi entrò nel 1543 nell'Ordine e da allora visse come conventuale ad Aalst. Jan, che, come suo fratello, fu influenzato da Erasmo, aveva fino ad allora stampato ad Antwerpen soprattutto opere di scienze naturali. Egli possedeva buone conoscenze del greco e dell'ebraico, che dopo il suo ingresso tornarono molto utili alla vita culturale del convento. Come il suo collega di corporazione Dirk Martens, egli lasciò in eredità al convento, in base agli statuti dell'Ordine, la sua biblioteca ed i suoi manoscritti latini e greci. La biblioteca del convento, sviluppatasi in questo modo, come quasi tutte le altre testimonianze della vita spirituale dei Guglielmiti di Aalst, subì danni allorquando il convento divenne preda delle fiamme durante le guerre di religione. Anche i resti ed i beni in seguito nuovamente acquisiti possono però dare un'idea degli interessi e dell'erudizione dei monaci. Oltre a classici come Naevius, Terenzio, Cicerone e Seneca, essi conservavano le opere di importanti umanisti come Petrarca ed Erasmo. In Alsazia, dove il convento di Strasburgo aveva una fama simile a quella di Baseldonck ed Aalst, i Guglielmiti trovarono in Giacomo Wimpfeling un amico ed un sostenitore particolare. Già da giovane aveva difeso a Friburgo la maggiore antichità dell'Ordine guglielmita dagli attacchi degli Eremiti Agostiniani, impegolandosi in tal modo in una controversia che più tardi coinvolse numerosi contemporanei eruditi fino a quando non fu infine portata di fronte all'imperatore ed al Papa. Wimpfeling teneva in gran conto i conventi dei Guglielmiti a Friburgo e a Strasburgo, dove in seguito soggiornò spesso, cosicchè al suo seguace J. Sturm, nel 1505, nell'opera "De Integritate", egli credette di poter raccomandare, fra i numerosi Ordini stabilitisi a Strasburgo, accanto ai Certosini ed ai Gerosolimitani (JOHANNITER), soltanto i Guglielmiti. Qui, nel silenzio e nella solitudine degli eremi ricondotti nel XV secolo alla rigida Osservanza, egli poteva aver colto qualcosa della dolcezza della vita eremitica che egli stesso, anche se per motivi diversi da quelli che avevano spinto gli eremiti dell'XI e del XII secolo, aveva voluto intraprendere nella Foresta Nera. Wimpfeling ravvisava nella condotta di vita dei Guglielmiti tratti della vera "vita monastica", la cui degenerazione ad ignoranza, arroganza ed abbandono morale egli attaccò con durezza ed eloquenza instancabile.

L'alta stima di Wimpfeling, attraverso la quale è possibile gettare una luce sugli albori della storia dei Guglielmiti, venne confermata dai suoi contemporanei Geiler von Kaysersberg, Girolamo Gebweiler e Martino Butzer, i quali lodarono e stimarono il "modus vivendi", la pace e la tranquillità della vita dei Guglielmiti e la sua "quietum et pulchrum eremitotium". Come questo quadro d'insieme denota, l'attività pastorale, lo studio, il ricovero e la cura dei malati ebbero un'importanza effimera per la spiritualità dei Guglielmiti. Essi dovettero passare in seconda linea di fronte alle esigenze per le quali l'origine e la denominazione dell'Ordine erano un programma: rinuncia, isolamento, preghiera e meditazione. Nonostante tutti gli indebolimenti e le concessioni, rimasero questi i veri compiti ed i tratti caratteristici più importanti dell'Ordine. Nella povertà della condotta di vita continuò a vivere la severa ascesi delle origini, nel silenzio, il "Desertum", nell'immutato esercizio del "Divinum Officium" la preghiera e la meditazione. Le grandi esigenze di questo ideale religioso trovarono ammirazione e comprensione laddove esse vennero realmente attuate, laddove invece la condotta di vita si allontanò molto da esse, lo scandalo e le critiche, proprio per la grandezza dell'ideale, furono ancora più intensi.

Non deve perciò meravigliare il fatto che i sintomi della decadenza, del crollo e del disfacimento siano più chiari delle tracce della vita quodidiana dell'Ordine, più o meno consapevole del proprio dovere.