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Kasper Elm: IL DECLINO

I resti dell'Eremo di S. Croce di Batignano (Grosseto), fondato nel 1626 dagli Agostiniani scalzi

Resti del convento di Santa Croce a Batignano nel grossetano, che venne

fondato nel 1626 dagli Agostiniani scalzi

 

 

 

IL DECLINO

di Kasper Elm

 

 

 

Nella loro lunga storia, i Guglielmiti poterono veramente vivere la loro vita religiosa sulla base delle disposizioni della Costituzione approvata nel 1271 soltanto per pochi decenni. Già all'inizio del XIV secolo si affievolì, come in altri Ordini religiosi, la vita spirituale ancora celebrata dai Papi alla fine del XIII secolo - e contemporaneamente ebbe inizio la dissoluzione della Costituzione "esterna" appena fissata. La disciplina e l'ordinamento dei conventi perdettero in tale misura in vincolatività, che i capitoli dell'Ordine fra il 1271 ed il 1340, si videro ripetutamente costretti ad esigere per ogni convento l'edificazione di un carcere ed a comminare pene draconiane contro le condotte maggiormente criminali. L'affievolimento della "essenza" interiore non si manifestò solamente in tali sintomi grossolani. Altrettanto significative erano le insistenze dei monaci allo scopo di ottenere un alleggerimento della rigida condotta di vita, insistenze alle quali Clemente IV andò incontro allentando gli obblighi del cibo e del digiuno, e garantendo una facilitazione nei rapporti con il mondo esterno. Questa tendenza, che certamente il Papa benedettino promosse soltanto senza volerlo, non potè arrestarla neppure il priore generale Simone, energico e desideroso di riforme. Sebbene nell'ambito del capitolo generale del 1340 egli avesse tentato di metter da parte le tensioni interne e con il medesimo fervore i segni delle indisciplinatezze monastiche, non potè fare a meno, come il Papa, di fare concessioni alle province d'oltralpe: d'accordo con il capitolo generale, egli dovette permettere ai "Fratres de Francia et Alemania" di mangiare al di fuori dei loro conventi senza osservare le prescrizioni altrimenti vigenti.

La richiesta del priore generale di "inhaerere vestigiis patrum antiquorum" potè avere qua e là, come ad esempio a Parigi, effetti vivificatori che tuttavia, per quanto riguarda la questione dell'Ordine e della disciplina monastica, non portarono al ripristino della semplicità ascetica e della concordia fraterna; al contrario, la disciplina dell'Ordine venne ulteriormente alleggerita mediante dispense, l'unità dell'Ordine venne alcuni anni più tardi interamente compromessa. Ciò non impedì che a questo primo tentativo di riforma non seguissero sforzi simili. Nel XV secolo, periodo della generale riforma della chiesa e dell'Ordine, in numerosi conventi si operò per il rinnovamento dell'antica Osservanza. A ciò diede inizio, come per altri Ordini, il Concilio di Basilea. Il concilio, al quale i Guglielmiti erano rappresentati da un "magister Goffridus", dopo aver confermato il 2 settembre 1435 i privilegi e la proprietà dell'Ordine e dei suoi conventi tedeschi, francesi ed italiani, ordinò un mese più tardi ai cardinali legati di conferire al "Generalis Ordinis S. Guillermi in Alamania" gli stessi pieni poteri di riforma dell'Ordine conferiti ai prelati dei Benedettini e dei canonici regolari. Il 26 settembre 1437 i padri conciliari incaricarono tre priori dell'Ordine, fra cui Enrico Bischof, priore di Burlo, della riforma dei conventi guglielmiti delle diocesi di Colonia e Cambrai, di gran parte, quindi, delle case della provincia francese. Già nel 1434 Enrico Bischof aveva cercato, con l'appoggio del priore di Windesheim e del vicario foraneo di S. Ludgeri di Muenster, ed in contrasto con i suoi confratelli, di riformare il convento a lui soggetto; non aveva avuto successo, ma ciò non impedì al Concilio di affidargli il compito di riforma entro limiti più ampi. Nel medesimo anno il priore provinciale della provincia tedesca, (il) priore di Strasburgo Giovanni Wahsmann, venne ancora una volta incaricato della riforma della provincia a lui soggetta.

Al suo fianco il Concilio pose come collaboratori e consiglieri Giovanni Rode, il celebre abate riformatore di S. Mattia a Treviri, ed Alberto, priore della certosa di Christgarten nei pressi di Noerdlingen. L'effetto della riforma animata dal Concilio di Basilea non fu grandissimo. Nel decennio successivo al Concilio vennero quasi ovunque prese delle misure al fine di migliorare la situazione interna ed esterna dei conventi. Nonostante l'appoggio proveniente da Bursfelde, Treviri e Windesheim, non si giunse però ad un generale rinnovamento dell'Ordine, e della sua vita religiosa, come quello vissuto dall'Ordine benedettino nelle sue congregazioni di riforma. Presto si ristabilì in numerose case riformate l'antica situazione. Così, ad esempio, il priore di Graefinthal, destituito a causa del suo cambiamento di vita, tornò dopo poco tempo ad esercitare la sua carica.

Ad Aalst il priore Joost Vanderhagen, che nel 1447 aveva chiesto a Roma direttive per una riforma del suo convento, incontrò la resistenza di quasi tutte le case belghe: nel 1448 fu eletto ad Aalst un nuovo priore. Simile era la situazione a Burlo. Il priore incaricato dal Concilio della riforma dei conventi situati nelle diocesi di Colonia e Cambrai dovette capitolare, per quanto riguarda la riforma della sua stessa casa, di fronte alle resistenze dei conventuali. Appoggiato dal vescovo di Muenster, il convento, già alcuni anni dopo il Concilio di Basilea, si diede da fare, con successo, per essere accolto nell'Ordine cistercense. L'iniziativa, finalizzata alle aspirazioni di riforma che abbracciarono tutto il XV secolo, scaturiva, come possono mostrare alcuni esempi, non soltanto dal Concilio, ma anche dalla Curia e dai suoi legati, da membri dell'ordine desiderosi di riforma, da signori ed autorità cittadine. Già nel 1451/52 Nicola di Cues, nel corso dei suoi grandi viaggi di legazione, cercò di riformare i Guglielmiti olandesi attraverso i priori delle certose di Heerne e Dueren, proposito, questo, al quale egli fu probabilmente condotto dal suo accompagnatore, Dionigi il Certosino. Cinquant'anni dopo, il 10 novembre 1502, il legato papale Raimondo di Gurk, su richiesta del langravio Guglielmo II d'Assia, incaricò gli abati benedettini di Bursfelde e Breitenau della riforma del convento di Witzenhausen, che già a metà del secolo era andato in rovina. A tale proposito essi dovettero attirare membri dell'Ordine già riformati e garantire al convento, nella positiva evoluzione dei loro sforzi, le stesse libertà e gli stessi privilegi che già competevano agli altri Guglielmiti dell'Osservanza. Il legato revocò espressamente gli statuti ed i privilegi emanati in generale o in particolare per i Guglielmiti dai Papi Paolo II e Sisto IV. Quasi contemporaneamente, il 4 luglio 1499, il duca Guglielmo di Weimar chiamò in aiuto il vicario dell'Ordine e priore di Wasungen Enrico Udonis, in relazione alla riforma del convento di Orlamuende, dopo che i suoi tentativi di riforma, intrapresi nel 1494 con l'appoggio del parroco di Kahla e del consiglio cittadino di Orlamuende, erano falliti. Già il suo predecessore, il duca Guglielmo III, in base alla dispensa dall'ordinamento regionale del 1460, nel quale i ceti della Turingia avevano deciso una riforma generale dei conventi, aveva insistito più volte per il rispetto dell'Osservanza nei conventi guglielmiti del suo territorio.

Egli si appoggiò ai gruppi già ricondotti a quel tempo all'Osservanza, quando nel 1465 egli incaricò il vicario dell'ordine Matteo Wolf, priore di Sinnerhausen, della riforma di Orlamuende. I riformatori, particolarmente attivi in Turingia, sembra non abbiano esitato a sollecitare anche con la violenza, l'introduzione della vita osservante, come ad esempio nel caso di Weissenborn, dove nel 1471 il priore venne arrestato e condotto via. Come in Turingia, anche nella Germania meridionale i tentativi riformatori dei Guglielmiti furono appoggiati dalle autorità regionali o dai magistrati delle città. Con l'inserimento di laici in qualità di procuratori, essi tuttavia andarono spesso oltre l'appoggio offerto dai vicari dell'Ordine desiderosi di riforma, come, ad esempio, a Mengen, dove il priore Jakob Wahsmann contrastò fortemente l'inserimento di un capo cittadino di una classe. Anche dopo la riforma, in relazione alla quale divenne evidente, soprattutto in Alsazia ed in Turingia, un livello sorprendentemente basso del sentimento religioso, la situazione dell'Ordine non cambiò. Nonostante la riforma cattolica con più forza praticata nel XVI secolo, in molti conventi ci si comportò in seguito in modo così immorale, che l'ambiente esterno, divenuto particolarmente critico dopo la Riforma, dubitava del diritto dell'Ordine dei Guglielmiti all'esistenza.

Gli abusi divennero tali, che nel XVI e nel XVII secolo nei Paesi Bassi emerse da parte cattolica l'incitamento a porre fine all'indegna vita dei Guglielmiti, ad assoggettare l'Ordine alla giurisdizione dei vescovi o addirittura a scioglierlo completamente, affinchè attraverso la condotta di vita non venisse cagionato ancor più male ai Guglielmiti, poichè "totus iste Ordo ita languet, et plurima scandala inde proveniant neque personas habeant ut disciplina monastica restitui possit". Le richieste di soppressione dell'Ordine furono sollevate nel 1620 e nel 1625 con particolare vigore dal vescovo di 's-Hertogenosch, Nicola Zoes, che, assieme al legato papale (p.155) di S. Severino, era stato incaricato da Paolo V della riforma dell'Ordine e dell'attuazione nella sua diocesi delle decisioni del Concilio di Trento. A risultati simili erano giunti i suoi predecessori, ossia il vescovo Gisbert Masius (dal 1594 al 1614) ed il nunzio apostolico a Bruxelles, Ascanio Gesualdo (1615-17), che, con le loro esortazioni alla riforma, anzichè miglioramenti, avevano suscitato ostinazione ed insubordinazione. L'incitamento da parte di Zoes allo scioglimento dell'Ordine fu determinato,data la fondatezza delle sue lagnanze, dal desiderio di utilizzare le proprietà dei conventi dei Guglielmiti della sua diocesi per l'edificazione dei seminari prescritti dal Concilio di Trento. A tale proposito egli potè richiamarsi al consenso dei suoi confratelli, dei vescovi di Gent e Bruegge, dal momento che anch'essi, dalle loro circoscrizioni, avevano riferito soltanto cose negative sui Guglielmiti "fere indocti et saepe defectuosi". Nonostante questa concordia, le richieste della Curia non vennero accettate. L'Ordine dei Guglielmiti continuò ad esistere. Contro i sintomi di decadenza che diedero motivo, anche in seguito, ad ammonimenti e a richieste di riforma da parte dell'episcopato belga e di quello olandese, così come da parte dei nunzi papali, nel XVII secolo si ridestarono nell'Ordine stesso delle forze che insistevano per la reintroduzione dell'Osservanza. Nell'ambito dei capitoli generali si cercava di raggiungere tale scopo attraverso la richiesta dello svolgimento regolare di capitoli, attraverso l'incoraggiamento e la selezione cosciente dei novizi e non da ultimo attraverso severe comminatorie. Due statuti di riforma a noi tramandati, l'uno per il convento di Bernardfagne, l'altro per i conventi di Friburgo, Mengen e Klingnau, mostrano i sintomi del declino contro cui nel XVII secolo fu necessario combattere, e quali alte pretese i riformatori fossero pronti ad avanzare.

Gli sforzi di riforma del XVII secolo raggiunsero un certo culmine sotto il priore generale Nicola de Presseux de Hautregard (1638-1719). Con mezzi propri egli appoggiò la ricostruzione di alcuni conventi belgi, e tentò di ingiungere nuovamente l'Osservanza ai suoi confratelli mediante una rielaborazione delle Costituzioni dell'Ordine. E' quasi superfluo dire che anche tali tentativi fallirono. I conventi sopraffatti dalla mediocrità, dalla povertà e da cattive abitudini non poterono più sviluppare una nuova vita, e non fu più possibile mettere a tacere le lagnanze a causa della decadenza dei costumi. Dopo tali insuccessi la lotta per la vita giusta e per l'adempimento dell'Osservanza venne condotta con sempre minor vigore, cosicchè da allora non si potè più parlare di seri tentativi di riforma. I fenomeni di decadenza, contro i quali la Curia, l'episcopato, i signori territoriali ed i capitoli dell'Ordine si diressero sempre nuovamente a partire dal XIV secolo, nel tentativo di rimuoverli attraverso rigide disposizioni ed ancor più rigide comminatorie, fino alla caduta dell'Ordine furono sempre gli stessi e naturalmente non furono limitati ai Guglielmiti. Le loro cause vanno non da ultimo certamente ricercate nei capovolgimenti spirituali e sociali del tardo medioevo. Non è tuttavia possibile dimostrare che tale processo fu favorito ed accelerato, per quanto riguarda i Guglielmiti, dalle particolari caratteristiche dell'Ordine e dalle condizioni delle sue case. I piccoli conventi tipici dell'Ordine guglielmita, i quali nel tardo medioevo spesso non consistevano che di due o tre frati, offrivano condizioni ottimali per una vita eremitica in senso primitivo, ammesso che i conventuali avessero un serio desiderio di realizzare tale ideale. Per soggetti mediocri e poco convinti, la vita in una piccola comunità portava tuttavia con séè pericoli troppo grandi. Diversamente da conventi più grandi, dove la liturgia praticata in comune, i controlli reciproci e lo zelo preservavano il singolo membro dell'Ordine dall'adempimento eccessivamente frettoloso della sua vita religiosa, qui incombevano costantemente l'appiattimento, l'indisciplinatezza e l'allontanamento dalla vita religiosa. L'Ordine, infatti, non è sfuggito nel suo tardo periodo all'antico paradosso della vita eremitica, secondo il quale la solitudine e l'isolamento, i più efficaci strumenti della salvezza personale, possono molto facilmente divenire le cause della decadenza morale e religiosa.

Oltre a ciò, fu soprattutto la povertà ricevuta come un'ipoteca dal periodo più antico ed accelerare la caduta dell'Ordine e l'appiattimento della sua spiritualità. Nel XII e nel XIII secolo la povertà veniva salutata quale stimolo ad un'esperienza particolarmente ascetica, più tardi, invece, fu avvertita come un peso che impediva all'Ordine di adoperare le proprie forze per cose che in parte presupponevano sicurezza materiale. La creazione di biblioteche, la costruzione ed il mantenimento di un sistema accademico erano, in tali circostanze, impossibili a lungo andare anche laddove esistevano presupposti in sè favorevoli. Gli sforzi dei conventi riuniti in capitolo a Walincourt nel 1337, al fine di assicurare finanziariamente lo studio universitario a Parigi attraverso contributi comuni, fallirono alla fine per la povertà dei conventi, e non solo per lo scarso interesse scientifico dell'Ordine contemplativo. Ancor più della rinuncia a tali istituzioni pesò il fatto che dal punto di vista del "primum vivere", tutte le attività nella maggior parte dei conventi dovessero essere rivolte ad incrementare le entrate ed a garantire il sostentamento, cosicchè per la vita realmente monastica rimaneva ben poco spazio. Conseguenze simili derivavano dal fatto che nel tardo medioevo la maggior parte dei novizi provenivano da famiglie borghesi e contadine dei dintorni dei conventi. La "stabilitas loci" non consentiva di mandare da un convento all'altro come monaci mendicanti i figli dei cittadini ed i contadinelli, rendendo così impossibile il distacco dalle loro famiglie e dall'intreccio con l'ambiente familiare, e la loro apertura all'ARCANUM dell'isolamento eremitico. Al contrario, invece di abbandonare per amore di Cristo il padre, la madre ed i fratelli sull'esempio del loro patrono, essi cercavano di ritornare alle loro famiglie ed ai loro amici terreni.

Di conseguenza era continuamente necessario mettere in guardia contro tali deviazioni, intimare agli eremiti di tenersi lontani dalle feste dei loro parenti ed amici e di astenersi dall'organizzare gozzoviglie nelle loro celle. Il venir meno della vita religiosa venne favorito ed accelerato dal dissolvimento dell'organizzazione dell'Ordine e dalla decimazione della stabilità esterna, fenomeni questi, le cui cause son già state chiarite altrove. Laddove non esisteva alcuna guida e quindi necessariamente alcuna sorveglianza ed alcun controllo, tutte le forze di buona volontà a lungo andare si avvilirono, come risulta da documenti di quei conventi che rinunciarono all'appartenenza ormai soltanto nominale all'Ordine, e si unirono ad altri Ordini monastici meglio organizzati. Il declino ebbe inizio in Italia prima e più rapidamente rispetto a quanto accadde al di là delle Alpi. Già all'inizio del XIV secolo, quando la Curia venne trasferita ad Avignone ed i papi non poterono più dedicare ai conventi italiani la stessa cura che avevano garantito loro Onorio IV e Bonifacio VIII, lo zelo riformatore dei Guglielmiti perdette in forza e vigore. Nei vincoli della tradizione benedettina, sotto la spinta dei Comuni e dell'aristocrazia, la vita religiosa nelle abbazie incaricatesi della riforma ricadde al livello di un tempo. Le abbazie celebri, specialmente quelle di S. Antimo e di S. Maria de Mazzapalu, ribadirono la loro immunità ed i loro privilegi, intendendo in tal modo crearsi prerogative che non potevano certo andare d'accordo con l'appartenenza ad un Ordine. L'abate di S. Antimo, ad esempio, affermò il diritto di accogliere novizi senza consultare il priore generale, di fondare con i propri poteri conventi, chiese e ricoveri, e di esercitare la funzione di vicario permanente dell'Ordine. Più caratteristico di questi singoli diritti era il fatto che i capi degli antichi conventi mantenessero il titolo di abate, sebbene le Costituzioni si fossero vantate del fatto che la povertà e l'umiltà dell'Ordine non consentivano di dare un tale titolo ai superiori dei conventi. Nel contrasto con gli abati, che spesso, come a S. Antimo, provenivano dalle famiglie abbienti della Toscana, la carica di priore generale perdette in dignità e, sotto le pressioni esercitate contemporaneamente dalle case ultramontane, in aiuti ed autorità. Di fronte a tale debolezza dei vertici dell'Ordine, non deve meravigliare il fatto che l'Ordine, dalla fine del XIV secolo, si trovasse in completo dissolvimento, e che della desolata situazione dei conventi guglielmiti italiani siano state tramandate notizie più che altro sporadiche.

Solamente nel XV secolo, tuttavia, l'Ordine sopportò in Italia perdite realmente radicali. Già nei primi decenni di questo secolo i Guglielmiti rinunciarono al convento di S. Paolo fondato da Giacomo Savelli presso il lago Albano. Esso tornò con i suoi possedimenti alla famiglia del fondatore e, pervenuto nel frattempo ai Borgia, nel 1492 venne ceduto da Alessandro VI ai Girolamiti che ne rimasero in possesso fino alla fine del XVIII secolo. Alla fine del XV secolo i Silvestrini presero l'abbazia di S. Giovanni ad Argentella. Già nel 1373 il livello della vita religiosa era sceso a tal punto, che Gregorio IX dovette incaricare l'abate di S. Lorenzo al Verano di riformare il convento. Probabilmente nel medesimo periodo fu sottratto all'Ordine anche il convento romano nei pressi di S. Balbina. Esso fu affidato e fu vittima di un abuso che da sempre aveva recato grandi danni alla vita monastica. A metà del secolo Papa Pio II inflisse duri colpi ai Guglielmiti toscani. Nel 1462 soppresse l'abbazia di S. Antimo e conferì i suoi possedimenti alla diocesi di Montalcino di recente fondazione. Nel medesimo anno trasferì agli Eremiti Agostiniani di Siena l'abbazia di S. Bartolomeo, la quale in passato era stata a lungo legata a S. Antimo. Nel 1458 il Papa aveva consegnato S. Pancrazio al cardinale Francesco Piccolomini, il quale poco dopo donò questa abbazia ai già citati Eremiti Agostiniani. Ci volle ancora un secolo perchè anche la casa madre dell'Ordine decadesse. Nel 1564 la sua proprietà e gli edifici andati in rovina vennero affidati al conte Bartolomeo Conchino da Pio IV, con l'approvazione del granduca Cosimo I di Firenze. Il figlio del conte, Giovanni Battista, non risparmiò fatica per restaurare l'antico convento, cosicché dal 1604 esso poté ancora una volta vivere una nuova fioritura come convento agostiniano sotto l'eremita agostiniano Giovanni di S. Guglielmo.

Una volta perduta la casa madre, la vita dell'Ordine in Italia si spense. Attorno al 1600 non c'erano più Guglielmiti in Italia. Soltanto nella fedele devozione del popolo, nel nome di chiese e confraternite continuò a vivere il nome ed il ricordo di S. Guglielmo di Malavalle. Nelle province d'oltralpe la dissoluzione ebbe inizio in tutta la sua forza non prima del XV secolo. Qui l'incapacità delle guide dell'Ordine di conservare l'unità dell'Ordine e di garantirne la fedeltà alle regole, fece sì che una serie di conventi, sia di propria iniziativa, sia su iniziativa delle autorità temporali e spirituali, cercasse di unirsi ai grandi Ordini monastici. Il 18 marzo 1448 i Guglielmiti di Gross-Burlo e Klein-Burlo a Borken si unirono ai priorati cistercensi di Isselstein, Zybekeloe e Wermond, appartenenti alla filiazione di Kamp. Tale annessione, avviata già nel 1444, trovò il vivo consenso del vescovo Enrico di Muenster, dal momento che nell'ambito della scarsa sorveglianza da parte dei superiori dell'Ordine, era soltanto dall'esterno che si poteva sperare in una riforma del convento caduto in rovina dall'inizio del secolo. Tali aspettative non vennero deluse. I conventi vennero riformati e gli edifici di Gross-Burlo interamente rinnovati sotto il priore Hinrik Vornodeken (tale dal 1469 al 1484). Certamente la "paupertas loci" deplorata già nel XIII secolo, non consentiva alcuna sicurezza di base per quanto riguarda la situazione materiale del convento, cosicchè, nonostante tutti gli sforzi dei monaci,nel XVI secolo si ritornò all'antica situazione. Nel 1482 abbandonarono l'Ordine anche i Guglielmiti di Strasburgo sotto il loro priore Jakob Messinger. Con il consenso del vescovo Roberto di Strasburgo e del Consiglio della città, essi vollero tentare di giungere nell'Ordine cistercense ad una riforma della loro casa. Diversamente da quanto accadde a Gross-Burlo e Klein-Burlo, la loro decisione di luogo più elevato non trovò alcuna approvazione definitiva. Nel 1490 i Guglielmiti, per ordine della Curia, dell'imperatore e del vescovo Alberto di Strasburgo, dovettero tornare nuovamente nell'Ordine: "i Guglielmiti, dunque, sono diventati nuovamente Guglielmiti". Oltre un secolo più tardi questa vicenda si ripetè nel convento di Sion, nelle vicinanze di Klingnau. Nel 1540 l'allora priore del convento, Hans Noettlich, dopo la sua elezione ad abate della confinante abbazia cistercense di Wettingen, aveva "de facto" incorporato ad essa il proprio convento.

Questa tacita integrazione nell'Ordine cistercense venne tuttavia nuovamente revocata nel 1610 su iniziativa dei rimanenti conventi guglielmiti della Germania meridionale, del governo austriaco e del nunzio papale in Svizzera. Diversamente dal caso di Klingnau e di Strasburgo, la fusione dei Guglielmiti di Grevenbroich e dei Cistercensi fu di lunga durata. Il 22 maggio 1628 il capitolo generale dell'Ordine cistercense acconsentì alla incorporazione del convento nella filiazione di Kamp. Un anno più tardi essa fu confermata da Urbano IV, e da allora non venne nè messa in dubbio nè annullata: gli abati dell'antica ed importante abbazia cistercense furono, dal 1628 fino alla secolarizzazione, anche priori di S. Guglielmo di Grevenbroich. Che l'annessione all'Ordine cistercense venisse soppesata anche in altri gruppi dell'Ordine, emerge da trattative che attorno al 1638 vennero condotte fra i Guglielmina belgi e l'allora riformatore generale dei Cistercensi in Spagna, Angelo Manrique. I Guglielmiti si dichiararono pronti ad utilizzare "Officia" e breviari comuni, e a venerare Bernardo di Chiaravalle (v. Clairvaux) quale padre dell'Ordine, qualora l' "Officium" di S. Guglielmo fosse stato accettato nella liturgia dei Cistercensi, ed ai fedeli fossero state concesse il 10 febbraio le medesime indulgenze concesse in occasione della festa di S. Bernardo. Le trattative, di cui non conosciamo le condizioni nè i retroscena, non ebbero successo. Interessante è tuttavia il fatto che i Guglielmiti avessero fatto notare la comunanza di entrambi gli Ordini senza menzionare in alcun modo - almeno da quanto è possibile ravvisare - la tradizione eremitica altrimenti così coscientemente custodita. A partire dal XVII secolo è possibile osservare simili avvicinamenti da parte dei Guglielmiti ai Benedettini. Questi, dopo il Concilio di Trento, avevano trovato in numerose congregazioni di nuova formazione una determinata forma, che non mancò di far colpo (p. 163) evidentemente sui gruppi che all'interno dell'Ordine guglielmita auspicavano una riforma. Una delle più importanti di queste congregazioni di riforma si formò il 7 aprile 1604 dall'unione delle comunità di Verdun e Moyenmoutier. Dopo essersi in un primo momento limitata soltanto alla Lotaringia, la congregazione di S. Vannes e S. Hydulph trovò la via di accesso per Parigi. Essa lo dovette non da ultimo ad un giovane Guglielmita che aveva conosciuto la loro condotta di vita a Verdun ed aveva richiamato la loro attenzione sul convento guglielmita di Parigi. Qui, in quel tempo, il disordine dominante già da decenni ed accresciuto da scarsi controlli, aveva raggiunto il suo culmine. Nel convento, totalmente indebitato nonostante buoni redditi, due frati, Giovanni de Rogny ed Anselmo Debonnaire, comandavano in un modo che capovolgeva tutte le esigenze monastiche e suscitava contrarietà generali. Non si riuscì a convincere all'attività nè attraverso controlli, nè attraverso l'inflizione della scomunica; nel 1611 al priore provinciale Stefano Loemmel, che cercava di ripristinare l'Ordine, fu reso impossibile l'ingresso nel convento.

Egli cercò più tardi, ma inutilmente, di suddividere i frati ribelli fra i conventi dell'Ordine, e di riformare il convento grazie a monaci delle Fiandre e della Francia settentrionale. La considerazione dell'Ordine e del suo convento di Parigi era talmente rovinata, che esso non ricevette più l'appoggio dell'opinione pubblica. In questa situazione i Benedettini riuscirono a convincere alla fusione il priore Giovanni Goyer, giunto a Parigi da Walincourt, e la maggior parte degli abitanti del convento. Il 3 settembre 1618 essa fu attuata da Don Martino Tesnieres, capo della congregazione ed alcuni giorni più tardi approvata dal vescovo Enrico de Gondi e da Luigi XIII, affinchè in questo modo "les grandes desordres, qui ont estè depuis quelques annèes en la dite maison" venissero rimossi. I Guglielmiti belgi, sotto il loro provinciale Stefano Loemmel, tentarono in tutti i modi di annullare l'atto arbitrario compiuto dai loro "sciocchi" confratelli parigini: tutti i tentativi di revisione presso la Corona, la Curia, il Parlamento e l'Università di Parigi non sortirono tuttavia alcun effetto. Fino alla metà del XVII secolo il convento guglielmita di Parigi fu il centro della congregazione, la quale dal 1621 si chiamò "Congregatio S. Mauri". Soltanto dopo la riforma di Saint-Germain-des Pres i colti Mauriniani (MAURINER) trasferirono il centro della loro attività dall'ex convento guglielmita dell'antica abbazia, senza che certamente si fosse spenta la vita spirituale iniziata nel convento dei Serviti. Quei Guglielmiti che non furono disposti a sottomettersi alla rigida riforma, si recarono in parte da Parigi a Montrouge, da dove cioè erano giunti nella città i primi confratelli. Anche qui la vita religiosa dei Guglielmiti non durò a lungo. Nel 1680 morì a Montrouge l'ultimo guglielmita di Parigi. Alcuni anni dopo che i Mauriniani avevano preso il convento parigino, anche nel più antico convento guglielmita francese, a Louvergny, l'osservanza venne meno. Nel 1620 il convento venne visitato per l'ultima volta; da allora fra i quattro o cinque conventuali regnò una situazione pressochè di anarchia della quale le fonti del tempo riferiscono soltanto nel senso di una "chronique scandaleuse". Dopo innumerevoli tentativi di vendere a conventi maschili del luogo il convento, divenuto economicamente del tutto non redditizio, assieme ai suoi terreni, nel 1643, dopo ancor più lunghe trattative, si riuscì finalmente a cederlo alle Benedettine di NotreDame-de-Mouzon.

Nel 1654, con l'autorizzazione papale e reale, l'antico convento guglielmita venne incorporato, anche ufficialmente quale priorato, al convento delle Benedettine, dopo che i suoi abitanti originari si erano nel frattempo dispersi un po' dovunque. Nel XVII e nel XVIII secolo anche i conventi tedeschi di Mengen, Klingnau e Friburgo, al quale dal 1507 si era nuovamente unito il convento di Oberried, caddero sotto l'influenza dei Benedettini e precisamente dell'abbazia di S. Blasien, S. Biagio, la quale non si era certamente unita ad alcuna congregazione, ma aveva sviluppato tuttavia nel XVIII secolo una vivace vita spirituale.. Già nel 1630 i tre conventi si erano riuniti in un gruppo avente una comune Osservanza allo scopo di contrastare la decadenza, che minacciava anche la loro esistenza conventuale. Quando però tutt'intorno i rimanenti conventi dell'Ordine andarono in rovina, questo appoggio reciproco non fu più sufficiente. Essi cercarono piuttosto presso l'antica e ricca abbazia di S. Biagio protezione ed appoggio, che vennero loro finalmente accordati nel 1724 attraverso l'incorporazione quale priorato, incorporazione a favore della quale si dichiararono d'accordo Carlo VI, il vescovo di Costanza e la Curia. L'Ordine subì al di là delle Alpi le perdite più gravi, certamente non a causa di queste scissioni, bensì a causa della Riforma e dei generali fenomeni di secolarizzazione del XVIII e del XIX secolo.Già attorno al 1520, ancor prima che avesse inizio la generale decadenza dei conventi della Germania meridionale, il convento di Orlamuende era stato vittima di un incendio. Dal momento che i suoi abitanti già dalla metà del XV secolo avevano una cattiva fama, non poterono aspettarsi aiuto, per quanto riguarda la ricostruzione, nè dal consiglio della città nè dalla corte di Weimar, totalmente a prescindere dal fatto che i WETTINER avessero ben presto aderito alla Riforma e facessero tutt'altro che promuovere la ricostruzione di istituti religiosi distrutti.

Al contrario, si chiuse il convento e si fu così generosi da indennizzare gli ultimi membri, cinque frati sotto il priore Gioacchino Ellinge, mentre la maggior parte della proprietà venne utilizzata per scopi scolastici ed ecclesiastici. Già dopo pochi anni i restanti conventi del sud della Germania percorsero la stessa strada. Come molti altri conventi ed abbazie della Turingia e della Sassonia, anche i conventi di Sinnerhausen, Wasungen e Weissenborn caddero nelle mani dei contadini ribelli, per i quali anche queste modeste case dell'Ordine meritavano di essere saccheggiate e distrutte. Ciò che rimase, una volta distrutti gli edifici ed il mobilio, venne confiscato dai signori territoriali ed in parte utilizzato per la dotazione e la retribuzione dei predicatori della nuova confessione. Senza aver sofferto alcun danno alla proprietà a causa delle guerre dei contadini, anche il convento di Witzenhausen venne soppresso da Filippo d'Assia, in base al negoziato della Dieta regionale del 1527, i monaci indennizzati ed il resto della proprietà pignorata nel 1533. Come i conventi della Turingia, della Sassonia e dell'Assia, anche le sedi del Palatinato e dell'Alsazia andarono in rovina nel corso della Riforma. Nel 1533 il convento di Strasburgo, nonostante una forte opposizione da parte dei suoi abitanti, venne assorbito dalla città e trasformato nel 1538 nel "Collegium Wilhemitatum", luogo di formazione per teologi evangelici esistito fino al 1660. Nel 1543 l'ultimo priore di Marienthal, di cattiva reputazione, vendette il convento, già gravemente devastato nel 1525 dai contadini, alle autorità municipali della città di Hagenau, che lo conservarono fino al 1617, nonostante ripetute proteste da parte del provinciale e dei Guglielmiti di Hagenau e Graefinthal, per poi trasferirlo ai Gesuiti operanti a favore della Controriforma. Proprio ad Hagenau i Guglielmiti riuscirono in un primo tempo a tollerare la Riforma. Nel 1612, tuttavia, il loro convento si ridusse ad avere un unico monaco, cosicchè, nonostante le rimostranze dei Guglielmiti di Oberried, non si ebbero esitazioni a cedere nel 1614 il convento sempre ai Gesuiti. Già nel 1545 gli stessi Guglielmiti di Hagenau avevano venduto il loro convento figlio, ossia Muehlbach, abbandonato dai suoi abitanti dal 1543, al parroco di Eppingen, incaricandolo di celebrare l'ufficio divino nella chiesa del convento. Già un paio d'anni più tardi questi lo alienò, assieme alla chiesa ed ai possedimenti, alla città di Eppingen, garantendosi un diritto di riacquisto che non venne mai più esercitato. Il 14 aprile 1559 il convento di Marienpforte, nel Palatinato, venne soppresso e venduto dal principe elettore Federico II al conte Cratz von Schrafenstein di Sobernheim, dopo che truppe di Alessandro di Zweibruecken già nel 1504 avevano arrecato al convento gravi danni. La fine di Marienpforte era stata preceduta dal declino e dalla rovina dei conventi guglielmiti di Worms, Spira e Magonza - irrimediabilmente rovinati ed abbandonati dai loro abitanti, già fra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo i loro terreni ed i loro edifici furono venduti o demoliti.

Nel XVI secolo andarono in malora anche i conventi di Limburg e Dueren, certamente, tuttavia, senza un legame diretto con la Riforma. Una volta morto, nel 1568, l'ultimo conventuale di Limburg, la città utilizzò gli edifici ed i redditi del convento guglielmita per la costruzione di un ricovero, a cui l'arcivescovo Giacomo III di Treviri diede la propria approvazione il 13 giugno 1573. Il convento di Paradies, situato davanti alle porte di Dueren, venne nel 1542 completamente distrutto; i suoi abitanti, in seguito a ciò, andarono in città dove da allora sbrigarono il servizio parrocchiale presso la chiesa di S. Anna. Nel 1570 la loro proprietà venne infine utilizzata, con l'approvazione dei confratelli di Grevenbroich, nella dotazione della fondazione canonica di Nideg trasferita a Juelich, per cui gli ultimi Guglielmiti di Dueren furono risarciti con posti di parroco a vita. Fino al XVIII secolo il convento di Graefinthal fu l'ultima sede dell'Ordine in Germania. Nel 1785, tuttavia, anche i conventuali di Graefinthal rinunciarono alla loro appartenenza all'Ordine. Con il consenso della Curia, che il priore Norberto Dresse aveva personalmente consultato, essi si trasferirono nella vicina Blieskastel per vivere là da canonici regolari presso la Chiesa di S. Sebastiano. Nei Paesi Bassi la Riforma ed i disordini ad essa conseguenti portarono ai Guglielmiti maggiori tribolazioni. Quasi tutti i conventi, nelle guerre fra le province ribelli e gli Spagnoli, vennero saccheggiati e distrutti. Ciò non impedì tuttavia ai Guglielmiti di portare avanti la vita religiosa che fino ad allora avevano condotto. Non prima dell'inizio del XVII secolo Baseldonck, il più antico convento guglielmita d'oltralpe, venne soppresso. Nel 1629 i suoi abitanti, che già nel 1542 erano andati a s'-Hertogenbosch, abbandonarono la città dopo che Federico Enrico, con la capitolazione di 's-Hertogenbosch, aveva preteso l'espulsione di tutti gli ecclesiastici cattolici. I Guglielmiti si recarono in via transitoria a Bokhoven nel Brabante ed a Turnhout in Belgio, fino a quando gli ultimi conventuali di Baseldonck ancora in vita si unirono, il 13 giugno 1654, ai loro confratelli di Huybergen. La fine dei rimanenti conventi guglielmiti fu causata poi dal giuseppinismo e dalla Rivoluzione Francese.

Nel 1784 i conventi di Aast, Nivelles e Beveren, assieme alle numerose sedi di altri Ordini contemplativi, furono eliminati, i loro possedimenti venduti all'asta, i monaci indennizzati e lasciati vivere a propria discrezione. Sei anni dopo caddero, vittime della Rivoluzione, Nieuwland e Walincourt, gli ultimi conventi guglielmiti francesi. L'1 settembre 1796 un decreto della Repubblica eliminò i conventi di Bernardfagne e La Motte, dopo che già nel 1794 i loro occupanti erano fuggiti in Vestfalia passando per Aquisgrana. La stessa sorte toccò nel 1798 al convento guglielmita di Huybergen. Inutilmente i suoi ultimi abitanti cercarono nel 1814, mediante il richiamo al Concordato del 1802, di riprendere il filo della lunga tradizione. Si realizzò un convento più piccolo, i cui novizi vennero formati nell'abbazia cistercense di Bornhem. La loro attività era tuttavia talmente insignificante, e la loro condotta di vita così poco lieta, che nel 1844 si tentò di trasferire il convento ai Redentoristi. Questo progetto tuttavia fallì, ed i Guglielmiti di Huybergen si unirono nel 1847 ai Cistercensi dell'abbazia di Bornhem. Qui, il 3 agosto 1879, morì padre van den Berg da Huybergen, e con lui l'ultimo membro dell'Ordine.