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Traslazione delle reliquie di Agostino dal valico di savignone

Traslazione delle spoglie del santo: l'episodio di Savignone descritto nel Ms. 78A 19a del Kupferstichkabinett di Berlino (1430-1440)

 

Traslazione delle spoglie del santo: l'episodio di Savignone

Ms. 78A 19a del Kupferstichkabinett di Berlino (1430-1440)

 

 

La Traslazione del Corpo di S. Agostino dalla Sardegna a Pavia attraverso il Valico Della Vittoria e Savignone

 

 

 

Il periodo della decadenza dell’Impero Romano si saldò a Savignone col regno barbarico di Liutprando, che nel 725, secondo la tradizione venne nel paese ad accogliere le spoglie mortali di Sant’Agostino, per trasferirle a Pavia. Il corteo funebre passato da Sampierdarena lungo la Valpolcevera, salito al colle della Vittoria e disceso su San Bartolomeo, fu collocato a Savignone nella primitiva chiesa, sorta sul vicus romano dopo la diffusione del Cristianesimo. Si racconta che, al momento di riprendere il viaggio, le reliquie non si poterono smuovere. Fu allora che re Liutprando promise un terreno su cui erigere un monastero alle dipendenze di San Pietro in Ciel D’Oro di Pavia. Il corteo poté riprendere il viaggio verso la pianura ed a Savignone, nel luogo che la tradizione da allora iniziò a chiamare San Sarvòu, sorse una cella monastica, mentre le chiesa locale, in memoria del grande avvenimento, assunse il titolo di San Pietro. Anche in questo caso la realtà storica si maschera alla leggenda, ma alla donazione di Liutprando fanno riferimento annali anteriori al Mille e ad essi aggiunge credibilità la scoperta delle fondazioni del convento benedettino di San Salvatore.

 

 

 

Riportiamo alcuni stralci dell'opuscolo di Padre Basilio Schenone OFM di Savignone (P. B. Schenone, Ricerche sulla storia medioevale di Savignone, a cura di E. Cicardi (Quaderni del Chiostro 8) Roma 1989) circa la traslazione del corpo di Sant'Agostino da Genova a Pavia a cui sono legati la fondazione del monastero di San Pietro.

 

 

In Savignone e il ricordo del passaggio delle spoglie mortali del Santo al valico del Santuario della Vittoria. Sebbene non siamo a conoscenza della esistenza di qualche nesso tra la fondazione del monastero e la traslazione del corpo di S. Agostino nel tratto Genova-Pavia, non mi pare fuori luogo dedicare qualche pagina all'esame d'una tradizione locale che ha attinenza con quell'avvenimento. Tralasciando i particolari che si riferiscono alla data ed alle vicende della traslazione, mi limito al fatto particolare che interessa più da vicino il mio racconto. La storicità del fatto principale, oggetto della leggenda, ossia il riscatto del corpo di S. Agostino dalle mani dei Saraceni ad opera di Liutprando e la sua traslazione a Pavia, è suffragata dalla testimonianza di parecchi scrittori del tempo, come Paolo Diacono (Historia rerum gestarum Longobardorum, in MGH, 11 rer. Longob. Au., De Laudibus Papae; ecc).

Secondo una lettera indirizzata da Pietro Oldrado, Arcivescovo di Milano, all'Imperatore Carlo Magno, re Liutprando dopo aver riscattato dalle mani dei barbari invasori della Sardegna il corpo di S. Agostino, dispose che fosse trasportato a Pavia allora capitale del regno ed ivi deposto col dovuto onore nella chiesa, da lui edificata, di S. Pietro in Ciel d'Oro. Lo stesso re, scortato da tutti i Vescovi del regno e da gran copia di magnati, si fece incontro ai portatori del sacro deposito fino a Genova. Il fasto corteo incontrandosi coi portatori ed unitosi ad essi, re Liutprando a piedi scalzi, a capo scoperto e spoglio di tutti gli ornamenti regi, procedeva con tanta umiltà e devozione che tutti ne erano grandemente ammirati e lodavano Dio per cosi grande devozione del piissimo re. E il misericordioso Iddio per glorificare il santo Confessore si degnò di operare molti prodigi. Dopo aver passato il valico appenninico della Vittoria che immette dalla Valle Polcevera alla Valle Scrivia (allora chiamato passo del Pertuso o del Malpertuso), sorpresi dal calare della sera ai confini del territorio di Tortona presso il podere detto Savinariense (apud praedium quod dicitur Savinariense), portatori e seguito, compreso re Liutprando, passarono ivi la notte intorno alle sacre spoglie di S. Agostino. All'alba del giorno seguente vollero proseguire il viaggio verso Pavia, ma, per quanti sforzi si compissero, non si riuscì più a rimuovere il sacro corpo tanto s'era fatto pesante. Il re Liutprando, ardendo dal desiderio di portare il corpo di tanto Padre nella sua città di Pavia, in segno di penitenza si strappò di dosso le vesti e si avvoltolò nella terra; ma ciò a nulla giovava, cosicché ormai disperava di poter soddisfare il suo ardente desiderio. Tra i Vescovi presenti v'era anche la santa memoria di Graziano, Presule della chiesa di Novara e uomo di molta scienza e santità il quale si avvicinò con confidenza al re Liutprando affermando che la misericordia di Dio si doveva sollecitare non con parole e atti esterni ma piuttosto con voti ed opere. Il re, accogliendo di buon grado tali esortazioni, promise con voto che se il Signore gli avesse concesso di poter proseguire il viaggio col sacro corpo fino a Pavia avrebbe donato a Dio e alla chiesa di S. Pietro, cui erano destinate le sante reliquie, il sopraddetto podere o territorio Savinariense. Appena fatto il voto si avvicinò al sacro corpo e provò a sollevarlo e lo trovò tanto leggero che, mentre prima più persone non riuscivano a muoverlo, ora due soli uomini lo potevano portare agevolmente. Così poterono proseguire il viaggio e tra canti di lode a Dio che aveva esaudito così prontamente il voto del re arrivarono sino a Pavia. Così la lettera di Pietro Oldrado.

Difficile poter stabilire l'ubicazione precisa del luogo dove sarebbe avvenuto il miracolo in base alle vaghe indicazioni che sono contenute nel documento. Una tradizione locale identifica e sostiene che il miracolo sarebbe avvenuto in località Ponte di Savignone allo sbocco del valico appenninico della Vittoria in Valle Scriva. Questa tradizione non pare priva di fondamento, come si vedrà in seguito; per ora interessa esaminare qualche altra fonte a cui si ricollega la narrazione del prodigio. Filippo ab Elemosyna, Abbate di Buona Speranza (Philippus ab Elemosyna, abbas Bonae spei) nella vita di S. Agostino narra che i Legati di Liutprando, riscattato il corpo di S. Agostino, si affidarono al mare e con vento favorevole poterono agevolmente raggiungere il porto di Genova (Memiensis civitatis portum intraverunt); qui gettarono le ancore e si fermarono finchè non giunse a rilevarlo re Liutprando (qui multo stipatus milite illuc eis laetabundus occurrit). Sul particolare della venuta di Liutprando fino a Genova convengono: l'Anonimo Strozziano (citato dal Fontanini, cap. 14) e Vincenzo di Bauvais o Bellovacensis lib. 23, cap. 148. Quest'ultimo dice espressamente che i Legati del re approdarono a Genova col sacro corpo (ad urbem Genuensem e non «Memiensis urbis portum» come ha Filippo abbate) e che ivi re Liutprando venne ad incontrarli. Lo stesso asseriscono Pietro de Natalibus, lib. 3 cap. 161 e Giacomo da Varazze nel Chronicon Ianuense (Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo 9 pag. 77). Secondo Filippo Abbate il corteo reale (Liutprando e seguito) partito da Genova fece sosta nell'episcopio di Tortona poi entro in un villaggio che si chiamava Monte Samario ove passò la notte tra festive celebrazioni in onore del Santo (quendam vicum, qui vulgo Mons Samarius dicitur, ingressi sunt ... Deposito corpore, ibidem quieverunt, cereisque et lampadibus, hymnis et laudibus totam noctem festivam reddiderunt). Ivi avrebbe avuto luogo il prodigio in parola. Nella narrazione si omette l'intervento del Vescovo di Novara cui accenna Pietro Oldrado; Liutprando, divino instinctu commonitus (per divina ispirazione) promise di donare in perpetuo a S. Agostino «in usum ministrantium tibi» (ad uso degli addetti al suo culto) la Villa in cui si trovava con tutti i beni di sua proprietà. Vincenzo Bellovacense così descrive la vicenda: Partito il reale corteggio dalla città di Genova col prezioso tesoro, giunse in una villa sita nella diocesi di Tortona; ed essendo divenuto il corpo del Santo così pesante da non potersi rimuovere in nessuna maniera, il re fece voto di donare in perpetuo ai suoi servitori (intendi: del Santo) la Villa stessa con tutte le sue appendici; dopo di che il corpo divenne di nuovo leggerissimo sicché fu facile proseguire il viaggio. Giacomo da Varazze. Dice che il miracolo sarebbe avvenuto a Genova stessa al momento in cui il Sovrano si accinse ad intraprendere il viaggio per Pavia. Secondo la spiegazione dataci da questo cronologo il Re avrebbe fatto voto di edificare una chiesa in onore del Santo nel luogo dove fu ospitato il suo corpo allo sbarco in quella città; voto che fu poi fedelmente mantenuto, sebbene, dice il Beato Giacomo da Varazze (Jacopo da Varagine), «ora non si sappia dove si trovi questa chiesa». Tutte le notizie sopra riportate si possono trovare in «Acta Sanctorum Augusti, Parisiis-Romae, apud Victorem Palme 1868, augusti tomus VI, pag. 363-369.

 

OSSERVAZIONI CIRCA IL LUOGO DOVE SAREBBE AVVENUTO IL MIRACOLO

I documenti su riportati nei quali si fa cenno del fatto prodigioso sono un po' contraddittori tra loro circa la determinazione del luogo dove il fatto stesso sarebbe avvenuto, senza parlare delle altre divergenze che si riscontrano anche in altri particolari accessori. Ciò premesso resta a vedere se possa sostenersi, in base a tali documenti, la tradizione che colloca il fatto al Ponte di Savignone. Per prima cosa bisognerebbe poter seguire fino alle sue origini la suddetta tradizione, vedere cioè a quale epoca risale. È infatti chiaro che l'antichità d'una tradizione trasmessa oralmente di generazione in generazione e non contraddetta esplicitamente da altri documenti storici è di grande importanza per poter stabilire l'autenticità storica di un fatto; importanza che assume proporzioni tanto maggiori quanto più le origini di essa tradizione si avvicinano al tempo in cui il fatto avvenne.

Ora, a conforto di questa pia credenza, sta di fatto che nella parrocchia di Savignone si celebra tuttora con grande solennità la festa di S. Agostino: il che fa supporre o per lo meno non esclude che l'introduzione della festa sia appunto in relazione al passaggio in loco del corpo del Santo durante la sua traslazione da Genova a Pavia. Si deve inoltre tener conto peraltro che è esistito in loco un antichissimo Monastero detto da San Pietro, il quale può essere effettivamente connesso nelle sue origini con il fatto della traslazione di S. Agostino e col voto di re Liutprando: devo anzi dire che questa ipotesi mi appare molto probabile anche perché la chiesa di S. Pietro in Ciel d'Oro a Pavia nell'epoca più antica aveva annesso un insigne Monastero di Benedettini e il voto del Sovrano, come si rileva dai documenti succitati, si concretava nella donazione ai custodi del corpo di S. Agostino, vale a dire, ai monaci che custodivano la chiesa, del luogo dove avvenne il prodigio e terreni adiacenti. Detto monastero ebbe un certo grado di importanza e notorietà specialmente nei tempi antichi, e di ciò fanno fede i pochi documenti giunti fino a noi dal sec. IX al XII (Bolla o Privilegio di Papa Marino I del 883; Vertenza tra il Vescovo di Tortona e quello di Lodi per la giurisdizione sul monastero, risolta dal metropolita di Milano nel 1125 e 1140).

Oggi di questo antichissimo cenacolo di vita monastica, asilo di preghiera e centro irradiatore di civilizzazione, non rimane che la memoria nelle tradizioni locali mescolate a leggende; neppure le mura del sacro edificio e della chiesa che v'era annessa, sono state risparmiate dall'ingiuria degli anni e degli uomini; la sola denominazione di S. Salvatore, rimasta alla località, sta ad indicare il punto dove un giorno sorgeva la chiesa, mentre l'edificio e il recinto della clausura monastica occupavano forse il luogo ove sorge attualmente l'albergo col suo giardino, ancora oggi ornato di alberi secolari.