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LA SPELONCA DI SANT'AGOSTINO

Agostino e i monaci di Monte Pisano: stampa seicentesca di Bolswert

 

Agostino e i monaci di Monte Pisano

 

 

LA SPELONCA DI SANT'AGOSTINO

 

da "Ricordi, tradizioni e leggende dei Monti Pisani" N. F. Pelosini, Pisa, 1890

 

 

A Ripafratta, si trova il monastero-romitorio chiamato Eremo di Rupecavo - famoso sin dai riti Bacchici e Lupercali -, nelle cui due grotte fu istituito un refettorio per i monaci e dove, si tramanda, pare si fermò anche S. Agostino d'Ippona per compilarvi il "De Trinidade". Il monastero è una elegante architettura religiosa che si trova a Nord del confine comunale di San Giuliano Terme in provincia di Pisa.

Secondo una leggenda, Sant'Agostino avrebbe soggiornato sui Monti Pisani dopo il suo Battesimo, quando differì il suo ritorno in Africa in seguito alla morte della Madre. C'erano su quei monti degli eremiti, a Lupocavo e alla Fonte al Pruno, dove ancora esistono le grotte che li ospitavano. In una di queste grotte si narra abbia abitato per un certo tempo il nostro Santo. Tornando da Milano dov'era stato battezzato da Sant'Ambrogio, Sant'Agostino si ritirò a pregare e meditare sul monte Pisano, detto il Monte degli Eremiti. Abitava in una grotta del Monte Maggiore e, insieme alla salute della sua anima, pensava anche a scrivere un libro sulla SS. Trinità.

Era talmente assorbito da questa riflessione che non aveva pace e restando assorto a tal punto nei pensieri, scrivendo non si accorgeva di quanto gli accadeva intorno. Il Demonio, dopo aver perso il possesso della sua anima, avvertiva quale santo stava nascendo da un così gran peccatore e lo tentava notte e giorno, senza riuscire mai a distoglierlo, tanto era ferma la sua attenzione nelle cose divine. Un giorno, al culmine della rabbia, tentò con le maniere forti. Sant'Agostino, in fondo alla sua umida caverna, in compagnia d'una lampada e seduto su una pietra, stava come sempre scrivendo, ignaro di tutto quanto il Diavolo gli aveva fatto apparire davanti: tavole imbandite, vesti preziose, belle donne, vini e leccornie, casse di tesori. Il Diavolo allora volò in alto nell'aria: raccolse nuvole, grandine, vento, saette e rovesciò tutto sul Monte Maggiore, scatenando un finimondo sulla caverna. Torrenti d'acqua, turbini d'aria, fischi di vento, grandine e tuoni trasformarono quella zona del monte in un inferno. Sant'Agostino non avvertì nulla e continuò a scrivere tranquillo della Trinità alla luce vacillante della lampada.

Allora il Demonio prese una saetta e la scagliò dentro la grotta. Il fulmine guizzò come un serpente tra le pareti dell'antro e con uno schianto portò via la penna dalla mano del Santo. Il quale non s'accorse ancora di nulla: riaccese il lume, prese un'altra penna e si rimise a scrivere. Quando però ebbe finito, si guardò un po' intorno e, vedendo lo sconquasso che era successo: la mano annerita, le rocce frantumate, gli alberi divelti dall'uragano, prese una tale paura dei fulmini che se la portò per tutta la vita.

 

EREMO di RUPE CAVA nel monte Pisano.

Antico romitorio dedicato a S. Maria, nella parrocchia di S. Pietro a Cerasomma, piviere di Montuolo, già del Flesso, Comunità Giurisdizione Diocesi e Ducato di Lucca, la quale città trovasi 4 miglia toscane circa a grecale di Rupe Cava. Veggonsi le sue vestigie in una cavità del Monte Pisano alle spalle del castello di Ripafratta, fra la dogana di tal nome e quella di Cerasomma. All'eremo stesso fu aggregata la preesistente Cella del Prete Rustico, di cui si è fatta menzione al suo luogo. Fu esso fondato nel principio del secolo XIII nei beni dei nobili di Ripafratta, che ne conservarono sempre il giuspatronato per aver essi donato una porzione di quel monte agli eremiti di Rupe cava, la cui chiesa (S. Maria) fu consacrata nel 1214 da Roberto vescovo di Lucca. Quei romiti dovettero abbracciare la regola Agostiniana per bolla pontificia del 1285. Nel 1243 cotesto romitorio era abitato da a cinque frati eremiti Agostiniani preseduti da un prete, siccome è dimostrato da un a lodo pronunziato in Pisa lì 23 dicembre 1242 (stile comune) rispetto all'approvazione da darsi dai nobili di Ripafratta all'elezione del nuovo priore dell'eremo di Lupo Cavo. Le ultime memorie dell'Eremo di Rupe Cava arrivano all'anno 1368.

Da una bolla però del Pontefice Alessandro V del 1413 si scopre che la chiesa di S. Maria a Lupo Cavo aveva bisogno d'essere restaurata.