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Pietro di Chavon e il monastero di Pébrac

Stemma dei Canonici Lateranensi d'Italia

Stemma

dei Canonici Lateranensi

 

 

IL MONASTERO DI PÉBRAC

 

 

 

 

Il monastero di Pébrac fu fondato da Pietro di Chavon, il cui culto è stato ammesso agli onori degli altari. Della vita di questo santo sono noti molto particolari legati a quanto scrisse un canonico della sua fondazione di Pébrac circa una quarantina d'anni dopo la sua morte. Questa Vita (BHL, II. p. 974, nn. 6703-704) fornisce anche l'elenco delle donazioni che furono fatte quando venne fondato il convento che appartiene ai Canonici Lateranensi della Provincia d'Italia.

Dalle notizie riportate in questa Vita si sa che Pietro nacque proprio agli inizi dell'XI secolo, probabilmente tra il 1003 e il 1007, a Langeac (Haute-Loire) nella regione dell'Alvernia, in diocesi di St-Flour. Pietro discendeva da una nobile famiglia di Chavanon, fra i cui membri, l'anonimo biografo ama ricordarne alcuni che compirono miracoli: "de stirpe eius plurimi exstitisse feruntur, quorum vitam Deus per miracula saepissime declaravit."

Dopo aver avuto una educazione religiosa egli fu nominato arciprete del suo paese: "in praetaxato oppido Langiacensi ... ad archisacerdotium ... sublimatus est."

Dal racconto si evince che Pietro assicurava il servizio religioso anche nel monastero femminile del vicino paese di St-Pierre-Les-Chases. Egli svolse questa attività con grande dedizione e spirito di servizio, manifestando virtù assai apprezzate dal popolo. Il biografo racconta che dovette resistere anche alle profferte di una religiosa impudica ("sanctimonialis femina, quae potius daemonialis dicenda est").

Questo episodio, che viene enfaticamente sottolineato dal biografo, apre uno squarcio sulla vita quotidiana di quel secolo. L'autore racconta che Pietro accompagnava a cavallo la badessa e alcune religiose che si recavano a sorvegliare la battitura del grano nei possedimenti del monastero affinchè non vi fossero ruberie o altro a danno del monastero. Ebbene durante una sosta notturna, mentre il santo dormiva su un carro di fieno, fu adescato da una monaca che, suo malgrado, mise alla prova la virtù di Pietro.

Dopo qualche tempo Pietro rinunciò all'arcipretura di Langeac e, seguendo una vocazione monastica, fondò a Pébrac nell'Alta Loira una casa di Canonici Regolari posta sotto la regola di S. Agostino. La sua fondazione viene a inserirsi in un più vasto progetto di rinnovamento religioso che soffia in quegli anni e che dà l'avvio a un movimento canonicale che tende a sottomettere i canonici ad una regola più severa di quella adottata nell'816. Più precisamente questi tentativi volevano introdurre la vita in comune e la povertà individuale. Pietro fonda il monastero di Pébrac verosimilmente attorno al 1060 e si ispira da subito a questi principi morali e religiosi di vita comune che erano stati affermati soprattutto nel corso del concilio di Roma del 1059 e che costituivano uno degli aspetti più rilevanti della riforma gregoriana.

Sicuramente questo è il motivo che anima il biografo quando rimarca che i primi canonici di Pébrac seguivano "victum apostolicum secundum edictum augustinicum, nihil habentes in hoc mundo proprium." Questi canonici ricevettero in donazione dai nobili dei paesi vicini parecchie chiese, il cui titolo fu confermato in seguito dal vescovo.

Le terre annesse a queste chiese permettevano ai Canonici di Pébrac di trarre le necessarie fonti di reddito per sopravvivere. Non è da escludere che gli stessi Canonici assicurassero già allora un regolare ministero parrocchiale in alcune di esse. Il biografo attesta che Pietro morì piuttosto anziano quasi ottantenne, un 8 settembre tra il 1080 e il 1085.

Si racconta che già da vivo avesse compiuto numerosi miracoli, che si moltiplicarono alla sua morte, tanto che il suo culto si affermò presto e la sua festa fu celebrata il 9 settembre di ogni anno. Tra i miracoli che vengono citati nella sua agiografia si può ricordare quello di una donna cieca che riacquistò la vista lavandosi gli occhi con l'acqua delle abluzioni della Messa celebrata dal santo "aquam de manibus illius sancti hominis post consecrationem Corporis et Sanguinis Jesu Christi defluentem.".

Presso la sua tomba i fedeli accorrevano soprattutto per impetrare la guarigione dalle febbri, di cui era considerato un santo taumaturgo. Anche in questo caso l'agiografia racconta un episodio curioso: un malato trattenuto in casa dalla febbre, manda un messaggero per riportargli "exiguum de vino quo sacerdotis tumulus superfundebatur."

Relativamente a questa sua vocazione taumaturgica ancora nel XVII secolo in altri altri racconti di miracoli si fa menzione del rito della incubazione: i malati di febbri riottengono la salute dopo aver dormito una notte presso la tomba del santo.

 

Bibliografia.

Acta SS. Septembris, III, Venezia 1761, pp. 460-479 (Commentarius praevius, di G. Limpens, pp. 460-472; Vita et miracula, pp. 472-479).

J. Baudot-Chaussin, Vies des Saints, vol. IX, p. 239.

Bibliotheca hagiographica latina, II, p. 974, nn. 6703.

Butler-Thurston-Attwater, Butler's lives of de saints, vol. III, Londra 1956, p. 540.

Biblioteca Sanctorum, vol. X, Città Nuova 1962, coll. 682-283.