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monaci e cultura agostiniani: I Pittori

Immagine del teologo Agostino da Roma, affresco da Vercelli

Agostino da Roma

 

 

I PITTORI AGOSTINIANI  A - G

I PITTORI AGOSTINIANI  L - S

I PITTORI LATERANENSI

 

 

 

Landucci Cristofano (1368 +1461)

- Siena. Monaco a Lecceto, ove "fu architetto et inventore di quella bella fabbrica della torre, alzata, per defensione del monastero". (Landucci, o. c. pagg. 112 e 120). Dall'incisione che riporta il Landucci appare chiaramente che la torre era in verità - come il medesimo scrive nella sua opera latina - (pagg. 85 e 86): "magnificentissime constructa".

 

Languasco Teresio Maria (1651 +1698)

- (al sec. Tomaso Lodovico) S. Remo. Frate (1690) a S. Nicolò in Genova, ove fu scolaro di G. B. Carbone. Pittore fecondo, dei quale si ricordano una Natività di Maria nell'oratorio della Concezione in S. Remo, dal colorito vago e dai belli chiaroscuri; una Mater Misericordiae a chiaroscuro pei Gesuiti di Buonboschetto; una Madonna ad Albisola (Savona); l'Addolorata a S. Margherita di Recco (Genova); il martirio di S. Secondo (sul fare del maestro) per Ventimiglia e un S. Nicola per gli Agostiniani della stessa città; in Genova undici quadri con Santi dell'Ordine nella sacrestia di S. Nicola (vera galleria d'arte), una Madonna in refettorio; nella chiesa della Madonnetta un riuscitissimo S. Agostino, una S. Famiglia da P. Piola, una Madonna fra Santi; dieci quadri per la Visitazione, e le dispute di S. Agostino nei concili. L'Alizeri gli attribuisce pure le pitture di sei Martiri Agostiniani ch'erano nella biblioteca di S. Nicola. Il Ratti, per contro, li dice dell'Assereto; e attribuisce a G. B Carbone la Disputa di S. Agostino. Più che la perfezione del disegno lodasi una soavità di colorito che piace e impressiona favorevolmente.

 

Levoli Nicola (sec. XVIII)

- Rimini. Allievo del Gandolfi. Pittore, soprattutto fiorista, operante intorno al 1770. Lasciò dipinti di nature morte ed anche di figure. Una bella natura morta del Levoli è alla Pinacoteca di Rimini.

 

Matteo di S. Alessio (sec. XVIII)

- Palermo. Dipinse nella sacrestia della chiesa "Gesù e Maria" in Roma, prima del 1750.

 

Obediente da Cremona (sec. XVI)

- Bravissimo in ingegneria e meccanica d'orologi. Nel 1583 fu chiamato dai massari del duomo di Cremona a collaudare l'orologio planisferio del Torrazzo.

Esaminato ampiamente il complicato magistero dello strumento, ne fece alti elogi e stabilì il "da darsi" all'artefice Francesco Dovizioli.

 

Ormani Maria (sec. XV)

- Calligrafa e miniatrice, nel 1453 scrisse e miniò un "Breviarium - Calendario ad usum Ordinis S. Augustini" che attualmente si trova nella biblioteca imperiale di Vienna. A pag. 89 è dipinto egregiamente il ritratto dell'Autrice in abito di agostiniana con questa leggenda: "Ancilla Iesu Christi Maria Ormani filia scripsit MCCCCL III".

 

Paci Giovanni (sec. XV)

- Ripatransone. Priore a S. Giacomo di Bologna dal 1475 al 1485 circa, e poi nuovamente nel 1497. Fu figlio del benestante Dionisio (Rog. Eusebio Ser Antonii del 1497). Dagli storici marchigiani è concordemente attribuito al Paci il portico di S. Giacomo in Bologna - uno dei più belli della città, che fu detto "stupendo architettonico gioiello", "aureo monumento"- dovuto alla munificenza di Giovanni Bentivoglio, signore di Bologna (1477-1481). E la comune attribuzione risale alla Ripanae Historiae (Cap. XIII) di Giovanni Garzoni, il quale la lesse nella lapide laudatoria che ancor si legge (benchè malamente) nella testata ovest del portico in parola (Vol. XVIII delle Antichitù Picene). Recentemente, però, s'è dubitato dell'attribuzione tradizionale; perchè la lapide direbbe soltanto che G. Bentivoglio commise al Paci di provvedere alla ricostruzione del vecchio portico (che datava dal 1389), come stava provvedendo alla definitiva trasformazione (o deturpazione) di S. Giacomo (1481-1499). Ora provvedere è ben diverso da architettare.

(Cfr. C. Ricci, Guida di Bologna, Zanichelli 1882; S. L. ASTENGO, Il tempio di S. Giacomo, Bologna, Tip. L. Parma, 1923). Ma era doveroso citare anche questo nome per le probabilità sia pure tenui che può avere la credenza tradizionale, tanto più che è accettata dal Magni nella sua recente Storia dell'Arte (Roma, Poligraf. Edit. 1905) il quale per di più gli attribuisce anche il palazzo Bevilacqua di Via Massimo d'Azeglio a Bologna (Vol. II, pagg. 29 e 361).

 

Parentino (da Parenzo) Lorenzo (1437 + 1531)

- Al secolo Bernardo. Frate a Vicenza, ove morì. Chi lo vuole allievo del Mantegna in Padova, (ove lavorò molto), chi dello Squarcione, del quale ad ogni modo mostra di seguire la maniera nelle dieci Storie di S. Benedetto (ora perite) nel chiostro di S. Giustina a Padova, firmate e datate 1489 e 1494. Alla galleria di Venezia ha una Annunziata e l'Angelo Gabriele, e Gesù in Croce; in quella di Padova gli Argonauti; alla Borromeo di Milano le Amazzoni; nella prima sacristia del duomo di Padova una Madonna con S. Giovanni (attribuzione). Ha pure un quadro a Vienna. Alla galleria Doria Pamphili di Roma (Sal. I, 140) le Tentazioni di S. Antonio, che pare fatto di vetro filato. Il suo Gruppo di musicanti (tela 33x51) del museo di Berlino lo dice specialista in pittura musicale dalla maniera secca e tagliente derivata dal grande mantovano.

 

Pasini Raffaele (sec. XVI)

- Venezia. Detto "Pasin". Pittore - incisore del torno del 1608.

 

Passerotti Arcangelo (sec. XVII)

- Bologna. Della celebre famiglia bolognese cui appartenne il famoso Tiburzio. Eccellente nel ricamo, bravo intarsiatore di tavolini in finto marmo, singolari e meravigliosi, ricchi di arabeschi ed animali, nei quali mostrò mirabile dote e talento. (Anno 1610).

 

Patarazzi Gabriele Giuseppe (sec. XVIII)

- Bologna. Bravo pittore paesista del torno del 1740.

 

Petroni Giovanna (sec. XIV)

- Siena. Fondò una scuola di miniatura nel suo monastero di S. Marta in Siena, che fiorì per molti anni. Si legge di lei che tra il 1375 e il 1378 miniò otto corali per Lecceto.

 

Le Agostiniane di S. Marta

- conservavano della Petroni un Antifonario detto dell'Ascensione, per una caratteristica miniatura di tale soggetto, che non si sa che fine abbia fatto. (Chiederne alla Signora Soppressione). Ancora un secolo dopo le suore di S. Marta della Petroni miniavano dei corali (Cfr. la voce Anonimo illicetano).

 

Pietro da Pavia (sec. XIV)

- Nel 1389 miniava le iniziali di una Naturalis histonia di Plinio, oggi all'Ambrosiana di Milano (Cod. E. 24, inf.) firmata così: Frater Petrus de Papie me fecit. Caso rarissimo: con la firma è l'autoritratto in veste da Agostiniano. Fu uno dei musaicisti che nel 1444 ornarono il duomo d'Orvieto. Alla Nazionale di Parigi (Cod. lat. 11727) un MS. con stemmi viscontei, ha minii e ornati alla maniera di Pietro da Pavia, che nella storia di Plinio ci offre gustose scenette ispirate all'umile vita campagnola (1444).

 

Pietro da Vercelli (sec. XVI)

- Pittore operante tra il 1466 e il 1510 in Vercelli sua patria, che abbellì di pitture, accennando felicemente a Gaudenzio Ferrari. Di lui si conosce soltanto una iconetta assai bella nella sacrestia di S. Marco in Vercelli, dove viveva. Il DE GREGORY lo vuole maestro di Girolamo Giovenone. (Cfr. Istoria della vercellese letteratura ed arti - Torino, Chirio, 1819): Fra Pietro "è poco noto forse perchè le sue tavole non furono segnate col suo nome, e per la negligenza degli scrittori patrii". (Cfr. L. BRUZZA, Delle lodi della città di Vercelli, Tip. Iberti, Vercelli, 1842).

 

Poggio (Dal) Giovanni di Paolo (+ 1457).

- Siena. Pittore e miniatore, riuscì più nelle cose piccole che nelle grandi. Dipinse molto per Siena, ove nel 1422 appare nella Gilda locale e per fuori e per diversi conventi del suo Ordine. L'opera sua forse migliore, ove mostra fantasia abbondante e capricciosa, è all'istituto delle B. A. in Siena, ove conservasi (alla comunale) un suo corale già a Lecceto, dove deve avere vissuto. Ebbe strana fantasia e veemenza convulsa nelle mosse, come dimostrò nel Giudizio Universale ora all'accademia di B. A. in Siena, ove sono -secondo il Cavalcaselle - altre dicianove opere di lui. Al quale sono pure attribuite l'Annunziata tra i Santi Pietro e Paolo e il Crocifisso tra la Madonna e S. Giovanni. Del Poggio - che come miniatore ritrae da Gregorio di Lucca - si ricordano le illustrazioni a Dante. Fu aiuto di Sano di Pietro e scolaro di Gentile da Fabriano.

Il Cavalcaselle ignora che il Dal Poggio fosse frate, come il Baldinucci non sa che Hugo Van der Göes - come tutti sanno - fosse agostiniano lateranense (Cfr. GINO SABAZIO, Hugo Van der Goes, Firenze, Arcivesc. 1927). Ma ci fu un tempo in cui si usava così: laicizzare. Una volta si dava del Fra a tutto spiano, anche a chi non ne aveva stretto diritto; oggi si toglie anche a chi frate era sul serio. Pur di lasciarlo a Fra Lippi perché ... era il Lippi.

 

Pronti Cesare (1626 + 1708)

- Cattolica (Pesaro). Il padre suo cognominavasi Baciocchi, ma egli preferì chiamarsi col cognome della madre. Il caso non era nuovo nel campo dell'arte. Un tempo (sec. XIII) "non era infrequente unire al proprio nome quello della madre e non quello del padre, e distinguersi con esso; o perché il figlio fosse rimasto orfano in tenera età, o per altre ragioni" (M. FALOCI PULIGNANI, I marmorari romani e Sassovivo, Perugia, Tip. Coop. 1915 - pag. 31).

Chi sa perchè? Bizzarie d'artisti? Alcuni dicono per essere cognato d'un ministro del Card. Mazzarino, dal quale ebbe molti servizi.

 

Scolaro del Guercino a Bologna

- Figurista e ornatista rinomatissimo ai suoi tempi, che ebbe una singolare passione per i chiaroscuri a tono di seppia. Dipinse sino a ottandadue anni e, morto, fu sepolto nel S. Nicolò di Ravenna. Qui ove dimorò così a lungo da essere chiamato anche p. Cesare da Ravenna profuse le sue pitture: nella sacrestia del monastero di Classe, ma specialmente nella sua chiesa di S. Nicolò. Nel S. Agostino di Pesaro è lodata la sua pittura dei SS. Agostino e Monica adoranti il Bambino in grembo a Maria. A Rimini - ove si era fatto agostiniano - dipinse più cose. Nella chiesa di S. Agostino il Padre eterno sul frontone dell'altare maggiore, il ritratto d'uno di quei frati e quello del P. Generale, passato di là per caso; nel S. Girolamo la vita del Santo con molta grazia e vivacità; a S. Fortunato i SS. Mauro e Placido, il B. Bernardo Tolomei, e i frontoni di quattro altari. Nel S. Giovanni di Marignano il coro. A Venezia dipinse un Sansone nel palazzo Guiccioli e frescò i palazzi Spreti, Rasponi e del Card. Albizzi a Cesenatico.

 

Pitture del Pronti in Ravenna:

- Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo: Tribuna dell'altare maggiore, affrescata di vaghe pitture. Tavola della Madonna tra i SS. Giovanni e Paolo. Chiesa di S. Romualdo: In sacrestia pitture a fresco, "nel qual modo di dipingere egli opera con somma lode". Chiesa di S. Giovannino: In sacrestia un angelo per insegna dell'indulgenza; "un cavalletto, o trepiedi da catino ingegnosamente e nobilmente dipinto". Nella sua chiesa di S. Nicolò tutte le tavole dei sette altari, delle quali tre si trovano al Seminario, cioè: S. Giovanni da S. Facondo (m. 280x300), S. Francesco da Paola (280 x 300), Madonna in gloria tra i SS. Nicolò di Bari, Nicola da Tolentino e Agostino sopra le anime del purgatorio (m. 300 x 250). La sua S. Monica ebbe gli elogi di C. Cignani. Altre sue pitture erano nella chiesa del buon Gesù, nella galleria del palazzo arcivescovile, nella cappella del Magistrato.

Nel 1659 attese al sontuoso teatro - così allora chiamatasi - nella pubblica piazza per la traslazione della Madonna del sudore.

"Al dipingere di prospettiva aggiungendo la grazia colla quale coloriva le figure, comparve in più luoghi pubblici di varie città della Romagna, come nell'oratorio di S. Girolamo di Rimini. Colori in vari palazzi, gallerie e altre chiese e luoghi particolari, e fece molti ritratti. Ma il più stimabile si è che alla bellezza dei suoi dipinti era congiunta l'amorevolezza dei premi, avendo sempre avuto orrore all'interesse, contentandosi talvolta della spesa soltanto di colori e di pochi denari, e più volte dipinse gratis. In Pesaro nella chiesa del suo Ordine (S. Agostino) vi ha un S. Tomaso da Villanova con una bellissima architettura, e con un gusto originale" (Cfr. LANZI, Tom. II, p. II, pag. 129; VILLA, Imola pittorica, a pag. 1351).

 

Remitano (forse Eremitano) Arcangelo. (sec. XVI)

- "Inzegnero de Vicenza", che compare in una partita di pagamenti del 1558. (Cfr. CITTADELLA, Notizie di Ferrara, Taddei, Ferrara 1864, pag. 534).

class="grassetto"Ricca Marino dell'Assunzione (1662 + 1725)

Lavina (Oneglia). Al secolo Antonio Maria. Architetto della chiesa ottagonale della Madonnetta in Genova, ove si fratò (a S. Nicola) nel 1697. Quest'opera lo direbbe scolaro, o seguace, di maestri lombardi, e fa onore alla natale Liguria e alla sua famiglia, nella quale lo seguirono nell'esercizio dell'architettura Giacomo e Anton Maria junior, che daranno a Genova quattro chiese. Alcuni lo vogliono pure architetto della parrocchiale di Arenzano (1703), una delle chiese più belle della riviera ligure occidentale.

 

Rinnovato (sec. XVII)

- Pittore marchigiano fiorente intorno al 1620.

 

Rossi Vincenzo (sec. XVIII)

- Diede il disegno e l'opera per il rinnovamento dell'interno della chiesa di S. Agostino in Fermo - già gotico - "alla moderna", come allora dicevasi, atterrando anche l'abside.

 

Saliano Giovanni (sec. XVII)

- Fiorentino. Visse qualche tempo in Roma, donde passò al S. Agostino di Avignone. Da cinque lettere che ci restano di lui, indirizzate al cav. Cassiano del Pozzo, e datate rispettivamente da Avignone 3-V-1633, 27-X-1633, 2-VII-1635, 27-111-1635, 28-XII-1635, 4-V-1638, risulta che il Saliano si era specializzato in dipingere ritratti (nei quali divenne assai bravo e si fece un qualche nome) anche a richiesta del Cassiano medesimo. Ma in Avignone non potè lavorare molto, "perchè adesso (scrive al Cassiano) non sono più padrone di quella libertà che a Roma mi concedeano li superiori miei" (lett. 1a) "nè posso lavorare niente di pittura ..., per non aver tempo" (lett. 5a). Il 3 maggio 1633 manda al Cassiano il ritratto di Madame d'Aubignan; nell'ottobre dello stesso anno deve fare il ritratto di Madame Ampuy, ma nel 1635 non l'aveva ancora fatto perché "la donna non vuole posare" (lett. 4a) e "si rifiuta sempre" (lett. 5a). In compenso manda al Cassiano un altro ritratto, fatto due anni prima "con diligenza", d'una gentildonna virtuosissima.

Nel maggio 1638 si porta ad Orange per disegnare l'arco antico di C. Mario, sempre su richiesta di Del Pozzo "protettore ed amatore di tutti li virtuosi, e particolarmente dei pittori" (Lett. 2a). (Le lettere del Saliano furono pubblicate dal BOTTARI in una Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura, pubblicata dal Barbiellini in Roma nel 1754. Cfr. Vol. I, pag. 265 segg.).

Senza dubbio ci meraviglia il vedere un frate dipingere ritratti di dame; ma la meraviglia cessa (od aumenta ?) quando si ricordi che in quei tempi leggiadri c'erano frati che facevano il mestiere del buffone alle corti (anche a quella del papa) e che nei conventi maschili e ... femminili si davano per il pubblico delle rappresentazioni più o meno serie, sino a tradurre le commedie di Plauto. Fra Mariano Fetti (1519) era il buffone di Leone X, Fra Serafino (di Mantova ?) alla corte di Urbino, Fra Dionisio Memmo partiva da Venezia (1516) con uno bellissimo istrumento da sonar per andare in Inghilterra a ... far ballare Enrico VIII e la regina. (Cfr. P. MOLMENTI, La storia di Venezia nella vita privata, Vol. II, pag. 404-05 e 421). Che se si desiderasse una citazione più attendibile, ecco quella del card. I. SCHUSTER (La Basilica e il monastero di S. Paolo fuori le mura di Roma, Torino, S. E. I. 1934): "l'abate di S. Paolo sapeva troppo bene toccare organi e liuto, cantare ... e ballare".

Il domenicano fra Iacopo da Cesole scriveva il "Trattato del giuoco delli scacchi". Il Camaldolese d'Abruzzo Giovanni Armonio fu autore, musico ed attore d'una commedia dal titolo Stephanion "urbis Venetae genio pubblice recitata" nell'atrio del convento di S. Stefano, come avveniva dei resto nei monasteri di S. Domenico, dei SS. Giovanni e Paolo ed altri con il concorso di tutta la città. E nel 1587 fra Gio. Maria da Brescia attore mascherato da facchino giunse a tanto che... fu cacciato dalla scene "et si formò processo contro di lui". E nel monastero di S. Marta in Milano - ove pure viveva una Santa: Veronica da Binasco - si recitavano dalle stesse monache commedie alla presenza delle imperatrici. O tempora ! o mores ! Ma appunto perchè la colpa era forse più dei tempi che degli uomini, noi - pur non potendo in nessuna maniera approvare - forse non abbiamo il diritto di giudicare senza appello, coi nostri criteri moderni, uomini e tempi così diversi e così lontani da noi.

 

Simone da Cremona (sec. XIV)

Miniatore fecondo, che nel 1335 lasciò molte opere e grande fama in Napoli. Miniò un Opus praedicabile, oggi alla libreria di Basilea. Un altro trovasi a Strasburgo ed uno alla Vaticana. Miniò pure delle rime del Petrarca, e si ritiene sia quello stesso di cui il cantore di Laura scrisse nel sonetto LVII: Ma certo il mio Simon fu in paradiso, onde questa gentil donna si parte: ivi la vide, e la ritrasse in carte, per far fede quaggiù del suo bel viso. L'opera fu ben di quelle che nel cielo si ponno immaginar, non qui fra noi. Fatta pure gran parte allo stato d'animo del Petrarca di fronte a Laura ... sia pure soltanto dipinta, l'elogio non potrebbe desiderarsi più lusinghiero. Ma secondo altri il Petrarca alluderebbe a Simone Martini.

 

Simpliciano da Palermo (sec. XVI)

- Dipinse una Crocifissione con la Madonna e le pie donne per la chiesa della Maddalena in Corleone, firmata così: Fr. Simplician. Augustinus pinsit Anno D.ni MCCCCCXIIII. La pittura che oggi si trova al museo di Palermo (N.ro 552) ha sentimento ed espressione. Migliore è la sua Pentecoste (già in casa Selipigni) proveniente dalla chiesa di S. Pietro in Castroreale, ove gli si attribuisce pure il quadro di Ognissanti nella chiesa del Salvatore. La Pentecoste è così firmata: R. Simplicianus Panormita Pinsit Anno D. 1538.

 

Valentino di S. Perpetua (sec. XVII)

- Spoleto. Bravo scultore in legno e intagliatore d'ornati. Nel 1683 intagliava i confessionali della chiesa di S. Giuseppe in Ferrara su disegni di Giuseppe Menegatti, pittore ferrarese.

 

Angiolini Serafina

- Dal 1761 al 1763 badessa del monastero dell'Annunziata in Piacenza. "Valentissima disegnatrice e ricamatrice, che arricchì l'Annunziata di quasi tutti i tesori che dovevano tentare la voracità di Napoleone" (Cfr. S. L. ASTENGO, Gli Agostiniani in Piacenza, Tipograf. Piacentina, 1924).

 

Nella scuola senese

- di miniatura sono ricordati con onore Fr. Pietro da Siena (1374) e Fr. Giacomo (1389), priore di S. Spirito in Firenze.

Nomi di miniatori agostiniani sono ricordati nei regesti della camera apostolica del Vaticano per pagamenti di libri minati per ordine del Papa al tempo d'Avignone e in seguito. Sono notizie molto scheletriche; non danno che il nome, a volte incompleto, e la somma pagata; come di quelli pubblicati dal BERTOLOTTI in Artisti Lombardi a Roma e dal MUNTZ in Les arts a la cour des papes. Ad ogni modo i detti registri potrebbero consultarsi con qualche utilità.

Gli Agostiniani contribuirono assai alla conoscenza dell'arte della lacca in Venezia, ove fiorì primamente in Italia. Nei primi della seconda metà del seicento un agostiniano tenta "la ricetta vera e mirabile" delle lacche "al modo orientale", e la invia ai suoi correligionari di S. Stefano in Venezia, i quali l'usano e ne danno notizia ai maestri "depentori", che poi si diranno "depentori alla cinese", e qualche volta anche "maestri locatori". (GIOVANNI VENNI, in Osservatore Romano del 28 aprile 1938).