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tina beretta trezzi: I DIALOGHI CASSICIACENSI

 Agostino fra la Croce di Cristo e il latte della Vergine: quadro di Rubens

Rubens: Agostino fra il Cristo e la Vergine

 

 

 

I DIALOGHI CASSICIACENSI

di Tina Beretta Trezzi

 

 

 

 

 

Parleremo della loro importanza come radice dell'opera che seguirà, dei temi che non cambieranno, di una conversione solo "annunciata" e della ininterrotta attualità lungo i secoli fino ad oggi.

Scrive bene lo studioso tedesco Loewenich in Augustin (Munchen, 1965, p. 10): "La Storia dell'agostinismo non è finita, continuerà nell'avvenire e sarà fermento."

Contra Academicos, De beata vita, De ordine e Soliloquia hanno un ordine e una storicità. Le notizie fondamentali ci vengono da Agostino stesso, nelle pagine dei Dialoghi e poi riconfermate o precisate nelle Confessiones e nelle Retractationes, dove, prima di morire, rivide e corresse con estrema onestà intellettuale, in due libri, tutti i suoi scritti.

Il docente di retorica aveva trentadue anni quando giunse a Cassiciacum. Arrivava da Milano, dopo le ben note vicissitudini filosofiche ed esistenziali, "uomo" - precisa Gilson - " già aperto a Dio e ai valori profondi dell'anima".

Egli di fatto è maestro della realtà-anima e della libertà dello spirito cui credenti e non credenti non possono non guardare, se vogliono essere persone.

Sono con lui Monica, la madre, la fede, l'amore, il pianto di ogni giorno (De Ordine, 1-3); Adeodato, il figlio nato dalla donna che non chiamava per nome, mai, che però ammette di aver molto amato; Navigio, il fratello, "colui che non ha ancora coscienza di essere sintesi di anima e di corpo" (De beata vita, 2, 7); Trigezio, il giovane ventenne che ama la poesia, viene dalla milizia e si anima con ardore (Contra Academicos, 1, 9, 24-25); Licenzio, il figlio di Romaniano, colto, prima difende gli accademici, poi passa alla tesi agostiniana (ibid. 2, 11, 27); Lastidiano e Rustico, i cugini, i due meno preparati, ma accolti con pari fraternità; infine Alipio, il grande amico, l'accademico che va e torna da Milano, il maestro attento agli "iniziati" (De ordine 2, 3).

La storicità è qui operante, non fa da scenario, la filosofia si trasmette, socraticamente, nell'incontro del dialogo, che viene stenografato, da un capace stenografo, sulle tavolette per essere poi scritto sul papiro, dopo la revisione di Agostino.

Prima di accennare, brevemente, al contenuto dei dialoghi cassiacensi, un'indicazione cronologica, una delle molte che si sono tentate. Abbiamo notizie indiscutibili nei Dialoghi medesimi e nel prezioso vademecum quale l'Indiculum, catalogo ragionato, dove Agostino, datò e suddivise la propria opera, facilitando il lavoro all'erede della Biblioteca di Ippona, Possidio, biografo e diffusore.

Gli studiosi e i medioevalisti del coté francese propendono quasi tutti per la collocazione di Othmar Perler (Università di Fribourg) il quale più degli altri agostinisti esaminò, confrontò l'autunno brianzolo del 386, la possibile quantità di foglie cadute, i canali dei bagni, le fasi lunari, la luce ai vetri delle finestre era "fulgor" del sole o della luna piena ? Forse tutto iniziò la mattina del 10 novembre e terminò il 25. I Soliloquia furono scritti inter haec, durante.

 

Contra Academicos

La controversia accademica è più un colloquio che uno scontro (il contra non significa adversus). I primi due libri aprono una esortazione all'amico-mecenate Romaniano. Trigezio si infiamma, nega che la mantica possa essere scienza. Licenzio conclude che la filosofia è solo ricerca di cose umane (1, 6, 16) e Agostino invita Alipio a esporre il cammino della Media Accademia e della Nuova. Il passaggio al terzo libro entra nel cuore dell'incontro; non si esclude nemmeno la certezza per fede (2, 13, 30). Il momento più alto è l'ultimo: la vera sapientia ci è rivelata nelle parole di Dio (3, 20, 43).

 

De beata vita

La felicità è il vero dialogo conviviale, analogie, simboli, mancanza di attriti, moderazione nello spirito. Le domande sono chiare e le risposte altrettanto precise. La felicità consiste nella pienezza del proprio essere e, secondo il concetto della privazione: "l'infelicità non è altro che privazione", perché "coloro che soggiacciono alla privazione sono infelici " (4, 23-25). Possiamo dire che questo dialogo celebra l'incontro tra la sapienza classica e quella cristiana. Convivono serenamente il desiderio, il dinamismo, l'umano, il divino, la felicità e la sua assenza. Mario Luzi vi ha letto due grandi personalità. Ipazia, l'intolleranza pagana, Sinesio l'uomo inquieto, lacerato fra grecità e cristianesimo, nella "nuova proiezione dell'essere".

L'Ordine, presenta Agostino retore, che si destreggia a convincere quanto sia "indispensabile" la forza di persuasione per la vita sociale. Conosciamo in anticipo il grande pedagogo che sarà l'Africano e la forza dei suoi temi sull'educazione, sui programmi, sul metodo, sulla cultura, sempre nel rispetto della dignità morale e civile. Per due volte egli torna con decisione al rapporto tra ragione e autorità, dunque tra filosofia e fede. Possiamo notare impacci, "acerbità", ma non è così lontana la divina intelligenza che si china verso di noi (humilitate) a rivelarci la verità. Il procedimento è platonico, per tesi, antitesi e sintesi. Anche il momento estetico è interessante, la bellezza, l'armonia in un confronto indicibile di forma e di contenuto. Se Platone "salva" la musica, Agostino aggiunge la poesia, quale fonte di ritmo e di letizia. E sarà un verso di Virgilio a concludere il dialogo: "Ille velut pelagi rupes immota resistit" (Aeneis 7, 586), il saggio ha resistito come un incrollabile scoglio nel mare.

 

Soliloquia

I Soliloqui danno vita al colloquio più vero. Cor ad cor loquitur, dirà Guitton. Agostino e la Ragione, ma i protagonisti interiori sono Dio e l'anima, che non cadono nel monologo: restano a confronto. Qui ascoltiamo il vocativo cassiacense, il singolo chiama Dio attraverso la solitudine e la preghiera. Il convertito conosce già l'unico sentiero degli umani, tormentati crocevia, la ricerca, i cui riferimenti sono inequivocabili, le quattro virtù morali, giustizia, fortezza, prudenza e temperanza. E' cominciata la peregrinatio animae, l'esperienza del viaggio personale che, secondo il messaggio biblico non assomiglia alla nostalgia plotiniana, bensì al desiderio bruciante di Dio. "Deus in quo habitare, vivere est ... Deus quem nemo invenit nisi purgatus ... Deus quem attendere hoc est quod amare" (1, 1-3).

Tre invocazioni che possono riassumere la fede-verità e il pensiero-ragione in una voce tutta cristiana, la voce-preghiera delle Confessioni. I confini delle due civitates attraversano davvero i cuori singoli. E proprio i Soliloquia fecero scrivere al "teologo del nostro secolo", Hans von Balthasar: "Nessuno come Agostino negli anni della sua conversione e in quelli successivi, ha così costantemente lodato Dio come suprema bellezza e ha cercato di definire così conseguentemente il vero e il bene con le categorie dell'estetico (1, 1-22) e non solo riguardo al contenuto, ma anche riguardo all'atto il vedere, il volere vedere e il poter vedere unificano la sostanza della coscienza" (Gloria 2, 81). Tutto diventa luminoso: "Dio ci promette senza inganno", conclude la Ragione. "Sia come speriamo", risponde l'Anima (2, 20-36).

I Dialoghi cassiacensi, abbiamo detto, sono la "radice" di un impegno teologico-filosofico lungo quarant'anni. Gli influssi del mondo classico, da Platone a Porfirio al plotinismo appaiono certo innegabili quanto è innegabile il loro superamento nella conversione concreta, maturata nelle fonti cristiane, in modo speciale attraverso l'antropologia tripartita di Paolo, carne, anima, spirito e le esigenze dogmatiche e polemiche.

Alla saggezza filosofica, opera rigogliosa della ragione umana, egli contrappone l'accettazione umile del Verbo per cui ogni eresia è tale in quanto la Parola non è diventata carne (Soliloquia); all'Uno impersonale il Dio che conosce ogni cuore, al processo emanativo necessario, la creazione libera dal nulla e la relazione diretta con il Creatore. Lo spiritualismo antico non è così alternativo: o l'amore di sapienza ci conduce a Dio (De ordine 2, 18) e ci redime da ciò che è mutabile e vano (De beata vita, 4) o è segno di cattiva volontà, speculazione sterile fino a non distinguere più la differenza che corre "fra la presunzione e la confessione, fra il vedere solo il termine di cammino ma anche la via che vi conduce", dirà nel settimo libro delle Confessioni. Dal periodo di Cassiciacum parte il messaggio radicale del teologo e del santo, la verità risplende dall'intimo dell'anima e il nostro intelletto è chiamato a "intuirla" perché l'uomo arriva alla Luce, liberandosi degli errori della mente e della carne e purificandosi nella riflessione.

Qui di fatto inizia l'ininterrotto colloquio con Dio, vissuto nei due momenti del Sacrum e del pulchrum, l'aspetto abissale che sgomenta e l'aspetto paterno, amoroso che sollecita a rivolgersi a Lui (Cfr. G. FAGGIN, S. Agostino e Porfirio, Roma 1954). Qui Balthasar vede già il "nucleo agostiniano, dal basso verso l'alto, fino al Padre", dove Agostino supera ampiamente Plotino: "O Dio, verità, fondamento, principio e ordinatore di tutti gli esseri che sono veri ... O Dio, bene e bellezza, fondamento e ordinatore del bene e della bellezza di tutti quelli che sono buoni e belli. " (Soliloquia 1, 2 -3)

Per Agostino dunque la bellezza oggettiva presente nella natura e nello spirito è cristiana e la Scolastica farà proprio questo concetto.

Il convertito che ha raccontato se stesso "sotto la tenda di Dio" si avvia alla coscienza di essere stato amato, cercato e salvato. Ciò non significa predestinazione, ma "media-zione meravigliosa, prodigio di grazia" nel tempo storico, autenticamente cristiano, per-ché "il Cristo si incarna una volta per tutte e il tempo diventa il luogo di un impegno personalissimo" (Cfr. Le temps et l'éternité chez Plotin et Augustin, Paris 1933). Si pensi a Gregorio di Nissa († 394), il filosofo schivo di sè, il teologo originale: "Il cercare nel trovare è il contrassegno della felicità per gli uomini e gli angeli."

Tutto questo e altro propongono i Dialoghi di Cassiciacum i quali non sono una tappa bensì l'inizio di un iter irripetibile di un grande, che sarà nel mondo Agostino, l'uomo che si rivolse a Dio con il tu dell'anima e della fedeltà, certo che l'uomo è una domanda aperta cui non si può rispondere se non con quella del Cristo.

Ora dobbiamo richiamare la nostra attenzione. Si è parlato d'amore, di beatitudo e di inquietudo, di amicizia e di lacrime, ma Agostino non deborda nel sentimentalismo, anzi è critico severo del sentimentalismo religioso e del soggettivismo psicologico (dal quale bisogna spogliarsi per trovare verità e libertà). Non c'è dipendenza psicologica dal Cristo, la fede in Lui non è legame patologico, non è un mito di sicurezza o un lamento per avere, è il riconoscersi nel Cristo.

Anche la parola umana si annuncia con evidenza nelle opere di Cassiciacum. Convivono le funzioni fondamentali del logos da cui nascono poetica, retorica e logica. Il latino filosofico di Cicerone acquisisce una sua originalità personale, sciogliendosi da strutture accademiche rigide e tradizionali. Gli stili oratori sono presenti nelle immagini, nei parallelismi o nei giochi di vocaboli però incrociano la poesia biblica dei Salmi e la lingua delle origini cristiane. I Dialoghi conoscono bene il sermo humilis.

"Il teologo", precisa Balthasar, "può avviare una grande musica sinfonica lirico-rapsodica, come Agostino" (Gloria, 2, 12). E il teologo di Ippona lo fece ma non in una Chiesa ideale, cercando di conoscere il volto, le rughe, le sofferenze della propria comunità. Se pochi uomini sono consultati dalla cristianità quanto lui, se i giovani, oltre gli studiosi, lo cercano e vogliono sapere, eccoci entrati nell'ultimo punto del nostro in-contro: l'attualità degli scritti nella piccola schola di Brianza. Si potrebbe parlare per ore. Fermeremo alcuni esempi, dal Medioevo ad oggi.

L'Itinerarium mentis di Bonaventura, che insegnò come Tommaso alla Sorbona, ospita la cogitatio, la contemplatio, la meditatio dei Soliloquia, intuizione, purezza, amore.

Boezio fa propria la meditazione filosofica del De beata vita. Abelardo, dolorante nella carne e nello spirito, prende per la Historia gli elementi strutturali della biografia.

Dante scrive la Vita Nuova con la volontà di rifarsi al grande modello e ai valori introspettivi, Petrarca crea i propri Soliloquia, il Secretum e filtra il passato un po' come Agostino. Nella Spagna della Controriforma Teresa d'Avila e Giovanni della Croce leggono l'opera di Cassiciacum in chiave strettamente mistica e accettano in toto l'inquietudine del De beata vita.

Pascal lega i suoi pensieri con l'umiltà interiore tipica dei Soliloquia e del De beata vita. Agostino giunse naturalmente ai Messieurs de Port Royal i quali intesero a modo loro il rigore dello spogliarsi agostiniano e del peccato, ma non seppero vivere con umiltà le proprie colpe.

Il Novecento francese ha vari scrittori che amano e leggono Agostino, certo in maniera differente, da Proust a Claudel, da Gide a Camus a Mauriac. Ma questo secolo ha nella stessa Francia i grandi convertiti, quasi tutti agostiniani. Péguj opera lo stesso capovolgimento religioso di Pascal e di Kierkegaard, "pensando alla quiete del rus Cassiciacum."

Personalmente dei Dialoghi di Cassago Brianza ho saputo tutto dalla voce di Gabriel Marcel e di Jean Guitton e non dimenticherò mai i miei grandi maestri. Jacques Maritain e la sua Raissa, che noi chiamavano, i tomisti di Parigi, leggevano e discutevano con gli amici su Agostino.

Vorrei terminare con la riflessione, serena, oggettiva di Henri De Lubac, il tomista-ignaziano: "Quanto siamo lontani da Origene e da Agostino, da un alessandrino del terzo secolo e da un africano del quinto, ma nel loro amore a Gesù, ci sono veramente contemporanei, padri e fratelli ... Attraverso i secoli tutte le intelligenze teologiche compongono una unità perché esse sono, in forma nuova e diversa, ogni volta la intelligenza dello stesso amore di Dio in Cristo e la chiesa cerca di cogliere ciò che le viene donato: diversamente non c'è teologia! " (Cfr. Gloria 7, 97).

Sedici secoli dopo i Dialoghi cassiciacensi, la vita del cristiano sarebbe meno vera, se Agostino non fosse vissuto nè avesse parlato. Quell'uomo chiamato Padre della Chiesa nel quale tutto ha un volto e una storia, pur restando "diffidente" del sensibile e del corpo, rimane un punto fermo e alto nella cultura e nella santità. Noi, i giovani soprattutto, possiamo camminare un po' insieme a lui, all'amicizia di Dio.

Così si ripresenta oggi con la forza della contemporaneità.