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tina beretta trezzi: agostino: un amico per gli amici

 Sant'Agostino nella chiesa di Cignianego

Cignianego, chiesa di sant'Agostino:

Sant'Agostino vescovo

 

 

 

AGOSTINO: UN AMICO PER GLI AMICI

di Tina Beretta Trezzi

 

 

I biografi e gli studiosi di Agostino, in qualsiasi parte del mondo, credenti o non credenti, concordano nel dire, cito Guitton per tutti: "L'esperienza che lo segnò, oltre Dio naturalmente e le cose di Dio, è stata l'amicizia."

Di fatto è una "esperienza", un "esperiri" latino che ritorna prima e dopo la conversione, se pure con profondità e sfumature differenti. E' una inclinazione, una eredità fisica e culturale. Non la separa mai dalla vita quotidiana e, quando ne parla, non si serve della retorica o di "luoghi", ne esalta la forza, la fedeltà, l'armonia con i beni del cuore, dell'anima, dei gesti, tanto è vero che "in tutte le vicissitudini della terra nulla riesce gradito all'uomo se non ha per amico un essere umano." (Epistulae 130, 4)

La madre fu la grande amica della sua vita; "Non so dire con parole adeguate il suo amore verso di me. Non so se il travaglio a partorirmi nello spirito sia stato più grande di quello con cui mi partorì nella carne." (Confessiones 5, 9, 16)

Da quando lo raggiunse a Milano e poi fece parte della piccola comunità del rus Cassiciacum (fino alla morte ad Ostia Tiberina) diventò anche la sua fine interlocutrice, saggia, amabile, gioiosa. L'umiltà e la fede supplivano alla mancanza di ogni base filosofica. I Dialoghi sono il segno illuminante di questa affinità tra madre e figlio. Monica è l'unica donna della "famiglia" che, nella pace della casa di campagna di Verecondo, si sta preparando al battesimo "con la parola, la meditazione e il silenzio", dirà Alipio.

"Osservandola da vicino, avevo già notato i suoi doni naturali, ma fu il giorno del mio anniversario ( ... ) che mi resi conto che il suo spirito poteva essere idoneo al vero filosofare e feci in modo che ella restasse sufficientemente libera per partecipare alle nostre riunioni." (De ordine 2, 1, 3)

Leclerq e Gilson dedicarono gran parte dei loro studi e delle loro ricerche al Vescovo di Ippona. Ci sono pagine bellissime sul confronto di due grandi uomini e quindi di due grandi santi, Agostino e Bernardo di Clairveaux. Due i punti che li accumunano in modo speciale. Difensori della fede e della Parola contro le eresie del tempo, veramente "contro" non lo furono mai e, innamorati di quel Dio che diede pace al loro cuore, trovarono nell'amicizia la ricchezza dei doni divini. Il Monaco Bianco, consumato da una fede immensa, predica e opera per la seconda crociata (1145-1146) che poi si rivelò un fallimento, ma in fondo non sente nemici nemmeno i Mussulmani figli anch'essi di Abramo e devoti a Maria. Agostino nel 412 scrive con umiltà al governatore dell'Africa romana, Marcellino, di "risparmiare dalla pena capitale coloro che avevano trucidato fratelli cristiani " e citava come esempio l'uccisione dei chierici di Anaunia "affinché un martirio glorioso non fosse coperto da altre pene mortali." (De Officiis)

L'amicizia di Bernardo è nuda come le pietre delle sue abbazie: "La sola ragione di amare i propri amici è Dio. L'amicizia umana è una partecipazione all'amicizia che è in Dio, perché se Dio è amore è anche amicizia." (Lettera a Thibault)

L'amicizia di Agostino è più calda è "seduzione e conoscenza (immagina profonda di Gilson). Cor ad cor loquitur nel Signore della Bellezza e della Verità."

Tutti e due non si limitano al concetto o a discuterne: la consumano in Dio, con i figli di Dio.

Agostino non aveva studiato il greco, o poco, ma, attraverso i classici latini,conobbe il pensiero di Platone e di Plotino. Si appassionò alla loro ricerca del vero, al loro modo di "stare insieme" e di dialogare.

Il De amicizia, l'Hortensius, il De Officiis di Cicerone diventarono una lettura preferita. Certo, al di là dei momenti filosofici, riportò anche l'amicizia alla radice cristiana della condivisione e della paternità divina che prendono vita nell'amore-carità e che gli spiritualisti di ogni tempo fecero propria, da Francesco a Pascal a Saint-Exupéry, da Marcel a Mario Luzi,da Guardini a Paolo VI. Sì, Jean Guitton e mons. Montini per 27 anni si videro a Roma ogni 8 settembre, giorno del loro primo incontro (Dialoghi con Paolo VI). Ora cerchiamo di conoscere alcuni amici di Agostino.

Adeodato, il figlio, fu senz'altro il primo giovane amico, educato da Monica prima di raggiungere il padre a Milano. Era intelligente, intuitivo,compagno spirituale lungo la ricerca della verità: "C'è un libro intitolato De magistro, lì c'e lui che dialogava con me. Tu lo sai (Signore ) che tutti i pensieri proposti sono suoi e aveva sedici anni. Presto hai sottratto la sua vita alla terra" (Confessiones 9,6-14).

Morì a Tagaste, ma non sappiamo ne la causa ne la data.Con la madre del ragazzo,anche se non dice neppure il nome, visse una tenerezza interiore senza fine,oltre l' assenza e le notizie (prese i voti).

Degli amici cosiddetti potenti, delle persone con cariche pubbliche di rilievo, ebbe riconoscenza e stima e forse non andò oltre. C'è però un'eccezione, Romaniano,che lo aveva aiutato, senza alcun interesse sia finanziariamente sia nel cercagli migliori vie per gli studi e per la vita. Il ricco, quanto liberale amico, gli affidò l'educazione dei due figli e alla fine si convertì (senza "lasciare tutto" come avrebbe voluto Agostino). Gli dedicò, o scrisse per lui il Contra Academicos, un invito alla filosofia tra fede e Ragione: "Applicati insieme a me alla scienza filosofica,ma ricorda bene" che con la filosofia non potrai conoscere la verità(Confessiones 2,3,9). Fu in relazione con famiglie illustri di Cartagine e di Roma e anche qui ... non "andò oltre" tranne per Melania, la giovane e suo marito Paniano che, dopo la morte dei due bambini, fecero voto di castità e, consigliati da Alipio distribuirono tutto ai poveri e ad alcuni monasteri: "Soprattutto, cari amici,non crediate che il rigore della stagione sia il solo motivo che mi abbia trattenuto dal venirvi ad incontrare (...). Aiutato dalle vostre preghiere spero, quando gli ostacoli che mi impegnano,saranno superati, spero di potermi recare presso di voi, in qualunque parte dell'Africa sarete" (Epistulae 124 1, 2 del 411).

Gilson definisce l'amicizia per Simpliciano: "serena compensazione di quella del Vescovo di Milano".

Agostino ascoltava l'anziano prete con l'affetto paterno. All'inizio dimostrava la fretta di capire e di arrivare ... poi apprese la calma e la serenità del maestro. Da lui, esegeta finissimo, imparò l'umiltà e la sincerità di domandare. Non si videro poi dopo la primavera del battesimo, ma si scrissero. Dice Agostino in una risposta a Simpliciano: "La tua lettera mi ha riempito di salutari e felici gioie (...). Ho ritrovato in essa l'affetto paterno: tu meriti di essere accolto fra le mie braccia con la più rispettosa e sincera carità." (Epistulae 3 7, 1).

A Simpliciano dedicò due trattati: De diversis Questionibus ad Simplicianum I et II.

L'amicizia sofferta fu senza dubbio il rapporto con san Gerolamo "il maestro di carità". I primi contatti fra Ippona e Betlemme iniziarono nel 393.

Seguirono lettere spedite e mai arrivate, giudizi incauti, riportati in modo errato. L'ira di Gerolamo, uomo severo, asciutto si fece sentire. Agostino tornò a scrivere, si umiliò, finché il vecchio biblista "si addolcì" e dopo lo anni riprese una corrispondenza ricca di consigli reciproci.

La fraternità "sofferta" era stata guadagnata: "Ho deciso di amarti e difendere i tuoi scritti più che se fossero miei" (Epistulae 172). Agostino risponde: "Infelice l'uomo che non onorasse le tue opere, e il Signore che ti ha fatto come sei " (Epistulae 167, 21). Leclerq vede questa ironia platonica nell'ultima riga.

Quella con Ambrogio è l'amicizia "mancata". Agostino conservò per lui stima e "simpatia cordiale".

Ascoltava le celebri omelie, imparava, meditava, rispettando l'aristocratico romano, pastore, medico, difensore della giustizia, ma avvertì subito, da africano intuitivo quale era, che la distanza fra loro non si sarebbe colmata. Di fatto non insistette, non soffrì come fece per Gerolamo: il vescovo di Milano "avrebbe avuto pietà della nostra sete e fornirebbe di che dissetarci molto più speditamente di quanto abbia fatto finora nella sicurezza che possiede di aver raggiunto la convinzione piena sull'immortalità dell'anima. Ma appunto per questo non sa che potrebbero esserci individui che hanno sentito l'infelicità del dubbio" (Soliloquia 2, 14, 26).

Alipio fu l'amico-fratello e il suo miglior allievo. Nati a Tagaste, nella Numidia romana, non si frequentarono per anni,o ben poco, perché il giovane proveniva da una famiglia altolocata. Alla fine diventarono veramente amici, legati da profonde affinità. Raggiunto il Pretore a Milano, si dedicarono insieme alla lettura e alla ricerca. Volevano colmare il vuoto delle loro anime. La conversione e il battesimo "sublimarono" l'amicizia. La stima e la gratitudine di Alipio per il maestro si trovano nei due dialoghi cui partecipò (il Contra Academicos e il De ordine): "Quindi, amici miei mutate l'attesa con cui mi incitavate alla risposta in una più fondata speranza d'apprendere assieme a me. Abbiamo una guida (Agostino) che può introdurci, con l'aiuto di Dio, all'arcano santuario della verità" (Contra Academicos 3, 20, 44).

Gli amici speciali sono quelli di Cassiciacum, luogo della pace e della libertà: "Qui in te, Signore, riposiamo dalla furia del secolo (...). Tu in cambio renderai (a Verecondo) la primavera eterna del tuo giardino" (Confessiones 3, 5, 36). Qui si legarono per la vita, qualunque strada poi avessero percorso dopo il battesimo ricevuto da Ambrogio nella Pasqua del 387: Licenzio, Trigezio, Navigio, Alipio (non sempre presente), Zenobio, Lastidiano, Rustico.

La terra dell'amicizia agostiniana, da dove gli studiosi partono, è il rus Cassiciacum. I Soliloquia ne sono la prova. Agostino non scrisse nessun trattato sull'amicizia, ma la sintesi cui giunse la "famiglia felice" vale un intero libro: "L'amicizia molto rettamente e giustamente è stata definita (da tutti noi) quale comunicazione mediante la benevolenza di cose umane e divine" (Contra Academicos 3, 6, 13).

"Il grande amico", dice Romano Guardini, "fu senza dubbio il suo popolo. Avrebbe voluto toccare ogni ruga, lenire ogni sofferenza e colmare ogni sete". Sognava di essere "amico a tutti i fratelli " (Epistulae 13, 13). "Io non voglio salvarmi senza di voi " (Sermones 17, 1).

Certo, è inutile ricordarlo, l'Amico vero è stato colui che tutto e tutti riassume e nel quale aveva riposto il cuore e la mente: "Il settimo giorno non ha sera né tramonto perché, santificandolo, tu, Signore e Dio, lo fai durare in eterno. Anche noi, compiute le nostre opere, riposeremo in te nel sabato della vita senza fine." (Confessiones 34, 49, 38, 56). Ma già nel 386 Agostino pregava così: "O Dio, dal quale uscire è morire, nel quale abitare è vivere, che non si trova se non si è purificati " (Soliloquia 1, 1, 3).

Questo Amico guidò i passi del convertito, del prete, del vescovo, lungo un cammino ricco di opere, ma non facile. Nel 430 morì un uomo integro nell'intelligenza, nei desideri, nelle emozioni, chiamato ad essere Padre nella Chiesa.

 

Note bibliografiche

Faggin G. , S. Agostino e Porfirio, 1956

Gilson e Leclercq, Saint Augustin

De Pliuval, Augustin et Jérome, 1951

Ruch, Augustin et Cicéron, 1959

Pellegrino Michele, Le Confessioni di S. Agostino, 1961

Patané L. R. , La pedagogia in S. Agostino, 1967

Guardini Romano, S. Agostino, 1935