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DALL'ALGERIA ALL'ITALIA: STORIA DELL'IMMIGRATO AGOSTINO

L'autrice della relazione con il prof. Raffaele Taddeo

L'autrice della relazione con il prof. Raffaele Taddeo

 

 

 

DALL'ALGERIA ALL'ITALIA: STORIA DELL'IMMIGRATO AGOSTINO*

di Gloria Camesasca

 

 

 

Sed ea nocte clanculo ego profectus sum

Conf. V, 8. 15

 

Molto spesso capita di avere notizia di convegni o pubblicazioni volti a mettere in luce un aspetto particolare della figura di Sant'Agostino: il filosofo, il teologo, il Padre della Chiesa, l'uomo. E' molto raro invece sentir parlare del grande vescovo di Ippona come di un immigrato. L'algerino Abdel Malek Smari, nel suo romanzo Fiamme in paradiso definisce Agostino come "il primo immigrato algerino a Milano [1]". In effetti questa definizione si adatta molto bene alla figura del grande Padre della Chiesa. Rileggendo le pagine delle sue Confessioni è possibile ripercorrere le tappe salienti della sua vita, nelle quali sarà facile ravvisare molti punti di contatto con le vicende di alcuni immigrati dei nostri giorni. Il 13 novembre del 354 Agostino nasce a Tagaste, l'odierna Souk-Ahras in Algeria. Dopo la prima istruzione ricevuta nel suo paese e nella vicina Madaura, città natale di Apuleio, va a Cartagine, per completare la sua preparazione [2]. Dopo essere diventato professore di retorica, comincia a maturare la sua decisione di venire in Italia, a Roma. [3]

Gli amici cercano di convincerlo a compiere questo viaggio, con la prospettiva di ottenere maggiori guadagni e prestigio. In realtà il vero motivo che spinge Agostino a partire è l'indisciplina dei suoi alunni algerini.

Gli allievi romani hanno invece la fama di essere molto più tranquilli e disciplinati ed è questa la vera attrattiva che spinge Agostino a migrare a Roma. La sua partenza dall'Algeria è particolarmente dolorosa. Infatti egli parte all'insaputa della madre Monica, alla quale dice che avrebbe soltanto tenuto compagnia ad un amico che attende che il vento sia favorevole a salpare. Siamo nell'anno 383. Agostino, descrivendo il momento della sua partenza dalla sua terra natale, usa queste parole: "Sed ea nocte clanculo ego profectus sum, illa autem mansit orando et flendo" [4]. In queste poche righe è condensata tutta la sofferenza dell'immigrato Agostino. Nella prima parte della frase, infatti si pone l'accento sull'azione del partire, del salpare dalla propria patria, andando verso l'ignoto. Invece nella seconda parte tutta l'attenzione è sulla madre Monica che rimane in Algeria, pregando e piangendo per il figlio partito. L'elemento che permette di collegare le due parti della frase è l'avverbio clanculo che significa "di nascosto, clandestinamente".

In questo caso l'avverbio è usato per indicare che la dipartita è avvenuta all'insaputa della madre, ma forse è possibile ravvisare veramente in questa partenza l'antesignano di tanti viaggi della speranza compiuti, proprio in quello stesso tratto di mare, da molti immigrati dei nostri giorni. Agostino non dice alla madre che vuole partire e così è costretto a salpare di notte e agendo di nascosto da lei. Appena arrivato Agostino, stremato dal lungo viaggio, viene colpito da una malattia che per poco non lo conduce alla morte. In questo episodio della sua vita, narrato nelle Confessioni [5] è possibile riscontrare notevolissime somiglianze con le vicende di parecchi immigrati dei nostri giorni, che giungono stremati in luoghi diventati funestamente famosi come Lampedusa. Le difficoltà che Agostino incontra non sono però legate solo alle sue condizioni di salute. Infatti gli alunni romani non si mostrano così disciplinati come gli avevano riferito in precedenza: poco prima di finire il percorso di studi, passano ad un altro maestro ed evitano così di pagare il compenso pattuito al loro docente [6].

A questo punto si presenta un'occasione importante per il retore Agostino. Viene a sapere che a Milano viene indetto un concorso per la nomina di un maestro di retorica ed egli decide di parteciparvi e di avvalersi anche di alcune sue conoscenze nella cerchia dei manichei per cercare di avere quel posto [7].

Grazie alla sua straordinaria bravura oratoria e all'intervento di Simmaco, vince il concorso e si prepara a trasferirsi a Milano. Siamo nel 384. In quegli anni Mediolanum è la capitale dell'Occidente romano e il luogo di residenza degli imperatori della dinastia dei Valentiniani. Il poeta Ausonio, pochi anni prima dell'arrivo di Agostino a Milano, esalta la magnificenza di Milano in alcuni versi molto famosi: "Et Mediolani mira omnia, copia rerum, / innumerae cultaeque domus, facunda virorum / ingenia et mores laeti" [8].

A Mediolanum, scrive, tutto è meraviglioso; vi è abbondanza di ogni cosa, palazzi innumerevoli e ben costruiti, grandi ingegni e gente che ride volentieri. Milano era allora una capitale che mostrava a tutti la sua ricchezza e la sua opulenza. Nella capitale dell'Occidente romano avviene l'incontro destinato a cambiare profondamente la vita di Agostino [9]. Dieci anni prima dell'arrivo dell'algerino a Milano, nel 374, Ambrogio era stato nominato vescovo di quella città e detenne questa carica fino al 397. Molti erano gli impegni a cui doveva far fronte il pastore delle anime di una città così grande e con un ruolo strategico così determinante. Inoltre il vescovo cristiano milanese doveva fronteggiare le mosse dei suoi avversari: l'imperatrice Giustina con la sua corte e persino quel Simmaco che aveva favorito Agostino nel concorso indetto per la nomina del maestro di retorica. Nonostante Ambrogio vedesse Agostino come un brillante trentenne compromesso con i suoi avversari, lo accolse con paterna benevolenza, quando gli chiese udienza per presentarsi [10].

Successivamente a questo primo incontro, poche furono le occasioni concesse al nuovo maestro di retorica per poter parlare con tranquillità insieme al vescovo di Milano [11]. E' lo stesso Agostino che nelle Confessioni scrive che una folla immensa di persone cercava sempre di parlare direttamente con Ambrogio al termine delle funzioni liturgiche. Ad Agostino non restava altro che ascoltare insieme a tutti gli altri i sermoni del grande vescovo e poi aspettare pazientemente il suo turno per dialogare anche se poi doveva sottoporgli solo qualche questioncella veloce e sbrigativa per mancanza di tempo. Soltanto grazie all'intervento di Simpliciano, maestro e padre spirituale di Ambrogio, Agostino potrà sciogliere i propri dubbi e avviarsi sulla strada della redenzione [12]. Non potendo dialogare come avrebbe voluto con Ambrogio, Agostino era solito confidarsi con alcuni suoi amici e conoscenti, i quali condividevano con lui l'origine algerina.

Si trattava dunque di una sorta di sodalizio creatosi nella capitale milanese, formato da immigrati venuti dall'Algeria. I suoi membri erano: Alipio [13], originario anch'egli di Tagaste e grande amico di Agostino; Romaniano [14], che a differenza degli altri aveva raggiunto una posizione importante nel nuovo paese ed era molto ricco; Nebridio [15], che si era unito ai suoi amici a Milano; Adeodato [16], che era il figlio di Agostino. Oltre ai componenti di questo sodalizio di immigrati algerini nella capitale dell'Occidente romano, si può ricordare anche Ponticiano [17]. Anch'egli era di origini africane e nelle Confessioni Agostino ci tramanda il ricordo del loro importante incontro. Oggi molto spesso ci si dimentica delle origini africane di Agostino. In questo purtroppo non aiuta molto nemmeno l'iconografia, che infatti ci mostra quasi sempre il volto di questo Padre della Chiesa con i tratti somatici tipici di un occidentale.

Forse sarebbe opportuno, invece, ricordare che proprio colui che oggi riconosciamo come il Padre della teologia occidentale, proveniva proprio da quelle terre africane da cui ora arrivano tanti immigrati [18]. Questo costituirebbe senz'altro un passo avanti verso una maggiore integrazione e verso una società multiculturale che sappia esaltare le diversità reciproche nel loro pieno rispetto. Ancora una volta proprio dalla cultura romana può venire uno spunto interessante di riflessione. Nel Carmen saeculare Orazio usa un binomio aggettivale molto interessante per riferirsi al dio Sole: alius et idem [19]. In questi due aggettivi sta la sintesi dell'atteggiamento che forse tutti noi a distanza di più di duemila anni dovremmo imparare ad avere verso gli immigrati. Essi sono diversi da noi, perché provengono da una cultura differente dalla nostra, ma se guardiamo all'essenza in realtà sono persone uguali a noi. Uguali e diversi come il sole che ogni giorno sorge diverso rispetto a come era il giorno prima, ma sempre uguale a se stesso.

 

 

Note

* La XVII edizione della Settimana Agostiniana organizzata dall'Associazione Storico-Culturale S. Agostino di Cassago Brianza (Lc) ha avuto come tema "Uomini e popoli in dialogo". Sabato 1 settembre abbiamo avuto come relatori il prof. Raffaele Taddeo e il dott. Abdel Malek Smari e il tema scelto per la serata è stato Letteratura italiana della migrazione: da Agostino a Smari, storie di migranti. Dalle considerazioni fatte in quella serata e ripensate in seguito è venuto delineandosi il contributo contenuto in questo articolo. In questa sede rivolgo anche un sentito ricordo a mio zio Orlando, che mi ha sempre insegnato ad ascoltare e rispettare profondamente anche le persone appartenenti a culture diverse dalla mia.

(1) - A. M. SMARI, Fiamme in paradiso, Milano, Il Saggiatore, 2000, p. 45

(2) - Vd. AGOSTINO, Confessioni, [in seguito AGOSTINO, Conf. ], libri dal I al IV

(3) - Vd. AGOSTINO, Conf. V, 8. 14

(4) - AGOSTINO, Conf. V, 8. 15. "Ma quella notte io partii di nascosto da mia madre che rimase a piangere e pregare" [Trad. Gloria Camesasca]

(5) - Vd. AGOSTINO, Conf. V, 9. 16

(6) - Vd. AGOSTINO, Conf. V, 12. 22

(7) - Vd. AGOSTINO, Conf. V, 13. 23

(8) - AUSONIO, Ordo urbium memorabilium, 35/45

(9) - All'incontro tra Ambrogio e Agostino il Museo Diocesano di Milano ha dedicato la mostra "387 d.C.: Ambrogio e Agostino, le sorgenti dell'Europa" dall'8 dicembre 2003 al 2 maggio 2004. Per chi si è perso questo importante evento è possibile consultare l'ampio catalogo della mostra edito da Olivares nel 2003. Inoltre è possibile consultare L. CRIVELLI, Ambrogio e Agostino: il significato di un incontro, Milano, Olivares, 2004.

(10) - Vd. AGOSTINO, Conf. V, 13. 23

(11) - Vd. AGOSTINO, Conf. VI, 1. 1; 2. 2; 3. 3 e AGOSTINO, Epistole, LIV, 2. 3.

(12) - Vd. AGOSTINO, Conf. VIII, 2. 3; 2. 4; 2. 5. Per avere ulteriori informazioni sulla figura di Simpliciano è possibile consultare P. BROWN, Agostino, Torino, Einaudi, 1971, pp.75-88

(13) - Vd. AGOSTINO, Conf. VI, 7. 11; 7. 12; 8. 13; 9. 14; 9. 15; 10. 16

(14) - Vd. AGOSTINO, Conf. VI, 14. 24

(15) - Vd. AGOSTINO, Conf. VI, 10. 17

(16) - Vd. AGOSTINO, Conf. VI, 15. 25

(17) - Vd. AGOSTINO, Conf. VIII, 6. 14; 6. 15

(18) - A questo proposito si ricorda D. FO, Sant'Agostino nero, intervento alla presentazione di El-Ghibli a Milano il 21 febbraio 2005, in «El-Ghibli», anno II, n°8 (giugno 2005)

(19) - ORAZIO, Carmen saeculare, v. 10