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Un cibo condivisoo

Il presidente dell'Associazione S. Agostino Luigi Beretta con mons. Giovanni Scanavino

Il presidente dell'Associazione S. Agostino Luigi Beretta con mons. Giovanni Scanavino

 

 

 

UN CIBO CONDIVISO: LAVORO, SERVIZIO, EUCARESTIA

di Mons. Giovanni Scanavino O. S. A. Vescovo Emerito della diocesi di Todi e Orvieto

 

Cassago Brianza, 1 settembre 2015

 

 

 

Io vi ringrazio per l'invito e vi faccio sempre i complimenti perché avete una grinta notevole per continuare l'impegno che avete iniziato da diversi anni. Questo vi fa veramente un grande onore, e vi auguro di continuare con questo spirito e con questa perseveranza. Il tema di oggi è in riferimento al tema più generale "Non di solo pane vive l'uomo." Si parla di cibo, ed io voglio illustrare il cammino di Agostino e la proposta che nasce dalla sua stessa conversione. La proposta che Agostino ci fa è una proposta seria, che ha maturato sui testi fondamentali che lo hanno colpito. Ed uno si chiede: ma che cosa è stata veramente questa conversione di S. Agostino? La conversione di S. Agostino è espressa molto bene da due versetti degli Atti degli Apostoli. Vi invito a leggere il capitolo 2, versetto 42, dove Agostino ha notato che San Luca delinea la Chiesa e lo spirito della Chiesa con queste parole: "Erano perseveranti nell'ascolto degli Apostoli, erano perseveranti nella Comunione, erano perseveranti nella frazione del pane e nelle preghiere."

Era avvenuta la Pentecoste e noi sappiamo che la Pentecoste è centrale per comprendere il cambiamento di quei poveri pescatori che solo qualche giorno prima erano scappati tutti. E c'è voluto la "forza della Madonna", ma non come espressione lombarda: c'è voluta la forza di Maria per andare a prenderli uno per uno, per riportarli nel Cenacolo ed per dire a tutti loro: "Lui, il Cristo, ha dato la vita per noi e noi scappiamo? Riuniamoci e cerchiamo di capire che cosa è avvenuto e che significato ha la sua risurrezione. L'avete visto, Gesù vi ha incontrati tutti più volte, e che cosa significa adesso la vostra vita nel mondo e per il mondo? " Comprendiamo bene che questo versetto 42 sta ad indicarci proprio la loro stessa conversione. Ricevono lo Spirito Santo ed è la Madonna ad illustrarlo loro, perché Lei era l'esperta dello Spirito, da quando aveva ricevuto l'annuncio dall'Arcangelo Gabriele. All'obiezione di Maria che chiedeva: "chi farà questo?" L'Arcangelo Gabriele le disse: "Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà."

Questo è il segreto della vita. Io non voglio mai offendere nessuno, però ditemi se si parla ancora dello Spirito Santo come protagonista nel cuore di ciascuno di noi. Eppure il cambiamento e la conversione negli apostoli sono stati operati dallo stesso Spirito che Gesù ha lasciato a tutti. Questo Spirito è diventato per gli Apostoli la loro forza e la loro perseveranza nell'ascoltare e nel condividere la parola, che era la cronaca di tutto quello che era successo. Condividere la Comunione ha bisogno di una brevissima spiegazione. Il fatto che i discepoli condividevano la Comunione non vuol dire che andavano d'accordo fin dall'inizio: questo non è del tutto vero. Vuol dire piuttosto che lo stesso Spirito è stato il dono che hanno ricevuto da Gesù per vivere la loro vita nell'amore di Dio. Lo Spirito Santo è stato oggetto per Agostino di una profonda riflessione, che in seguito potremo anche specificare meglio. Noi non possiamo ignorare tutta la ricerca e lo studio che lui ha cercato di fare e ci ha trasmesso per farci capire la potenza, l'importanza e la forza che ci sarebbe venuta dalla presenza dello Spirito. Quando Agostino parla della presenza dello Spirito vuole sempre indicare "la presenza dell'Amore che c'è in Dio, dell'Amore tra Padre e Figlio, e tra Figlio e Padre. Questo amore si chiama Spirito Santo. "

La Comunione è questo dono dell'amore di Dio, ed è stato comunicato agli Apostoli perché avessero sempre la capacità di ripartire da questo dono. Apro una piccola parentesi, visto che siete tutta gente sposata, che ha vissuto e vive ancora fino alla fine con coraggio e con decisione la sua missione nella famiglia. Quando vi siete sposati, ve l'hanno detto ed insegnato che il segreto per poter vivere insieme non erano la vostra buona volontà e la vostra fedeltà, ma che la capacità di vivere insieme vi veniva da Colui che vi ha amato da sempre? Vi hanno detto che è stato Gesù che vi ha messo nel cuore questa capacità di vivere insieme? Ed è per questo che la famiglia nasce come una potenza, una comunione d'amore che è il primo grande dono di Dio. Io spero che tra un mese, nel sinodo dei vescovi sia ribadito con coraggio, o come dice Papa Francesco con "parresia", che è una parola greca per dire "con decisione", che il matrimonio cristiano non è un'impresa nostra punto e basta, ma è un'impresa di Dio. Chi ha capito ed ha colto questo, trova nella forza di Dio il coraggio di un amore grande e perseverante. Possiamo capire pertanto ciò che Agostino è deciso a cogliere ed a comunicare, quando ci dice: "Vogliamo capire che essere Chiesa e vivere come Chiesa, significa credere nella potenza di Dio ed in un amore più grande che ci è stato messo nel cuore fin da bambini con il Battesimo."

Ai tempi di Agostino il Battesimo era riservato agli adulti, ma per noi, battezzati da bambini, fin dall'inizio della vita abita nel nostro cuore questo amore grande e fedele di Dio. Poi, terza perseveranza: "erano perseveranti nello spezzare il pane", perché spezzare il pane era l'Eucarestia. Era il modo di dire l'Eucarestia. Ma che cosa significava spezzare il pane, se non essere un'unica famiglia che prende dal pane consacrato la forza per amare come ha amato Lui, il Cristo, e per dare la vita come l'ha data Lui. E da ultimo: "Erano perseveranti nelle preghiere". Però avete visto come è cambiato tutto? Vi ricordate l'episodio di Pietro e Giovanni che tornano nel tempio a pregare. Lo facevano anche prima, perché gli israeliti ogni giorno, alla mattina, a mezzogiorno e la sera, si trovavano nel tempio a dire la preghiera. E' quello che facciamo ancora oggi noi monaci nei nostri conventi alla mattina, al mezzogiorno ed alla sera: il recitare le nostre preghiere. Ma avete visto come è cambiato tutto? Gli Apostoli tornano al tempio a pregare, e chi c'era lì fuori? Uno storpio fin dalla nascita, che i genitori furbi, (come capita ancora oggi), portavano tutti i giorni alla porta del tempio per chiedere l'elemosina. E quel giorno cosa è successo?

- Pietro dice a questo povero storpio: "guardami bene", e lui subito allunga la mano.

- "No, no" dice Pietro, "Senti, oro e argento non ne abbiamo, ma tutto quello che abbiamo te lo regaliamo. Alzati e vai, corri anche tu come corrono tutte le persone di questo mondo."

E quel giorno lo storpio fu guarito.

Vedete la differenza tra prima e dopo? Cosa è successo? E' successo che lo Spirito di Dio è diventato la forza che ha cambiato la vita di questa gente, di questi discepoli, i quali, in questo modo, hanno cominciato ad essere Chiesa. Dobbiamo capire bene qual è il progetto che nasce dalla conversione di Agostino. Dopo il Battesimo, Agostino cosa fa? Si ferma a Roma: non può partire perché ci sono difficoltà politiche e sociali, difficoltà nella navigazione negli oceani e nel mare, ed aspetta che ci sia l'opportunità di viaggiare tranquillo. Nel frattempo muore la mamma Monica a Ostia Tiberina.

L'episodio è commoventissimo. Questa madre è convertita anche lei, tanto è vero che dice: "No, non vi preoccupate di dove mi seppellirete. Non c'è bisogno che io torni a casa, potete seppellirmi dovunque, perché il Signore sa Lui intervenire al momento opportuno." Anche lei si converte, perché voleva che Agostino si sposasse e facesse una nuova famiglia e desiderava che lui fosse il garante di una nuova nobiltà familiare.

Ora non le interessa più nulla e gli ripete: "Guarda, l'unica cosa che mi interessa è di morire tranquilla ringraziando il Signore perché Lui è stato generoso con me. Non solo mi ha esaudito quando volevo che tu diventassi cristiano, ma ora vedo che tu non hai più altre mire nella vita, altre carriere da compiere, vedo soprattutto che tu vuoi essere tutto del Signore." Ma essere tutto del Signore significava iniziare un progetto di vita dove tutto fosse condiviso, perché la natura stessa di questa nuova conversione impone che, se riceviamo tutti lo stesso amore di Dio, che viene ad abitare nel nostro cuore, non possiamo ritenerci estranei l'un l'altro. Piuttosto siamo tutti veramente fratelli perché abbiamo una sola fede, un solo Battesimo, un solo Spirito. Ed allora dobbiamo condividere tutto, e vi invito a leggere con semplicità la regola di S. Agostino, che è brevissima. Poche parole per spiegare il fatto che noi agostiniani vogliamo vivere la totale condivisione della vita. Per questo il cibo viene condiviso e lo dobbiamo guadagnare con il nostro lavoro di tutti i giorni.

C'è stata ai tempi di Agostino una contestazione in alcuni monasteri di Cartagine, dove alcuni monaci hanno detto: "No, non c'è più bisogno di lavorare manualmente, la nostra missione è quella di educare, di formare la gente al vero spirito cristiano" e pertanto non lavoravano più. Allora il primate di Cartagine scrive ad Agostino e gli chiede: "Senti, qui fanno una rivoluzione, perché non vogliono più lavorare. Che cosa facciamo? Tu che hai iniziato questo nuovo progetto, questa nuova esperienza, scrivi qualcosa." Ed Agostino scriverà un opuscoletto intitolato in latino: De opere monacorum, che in italiano sarebbe: Il lavoro dei monaci. Agostino chiarisce che non si può non condividere il lavoro, perché ci dobbiamo mantenere, perché il lavoro è una regola di vita. L'altro giorno ha suscitato la mia ilarità l'espressione che Papa Francesco ha usato citando la stessa espressione che troviamo nella liturgia di questi giorni, dato che stiamo leggendo e commentando in questo periodo la prima lettera di San Paolo ai Tessalonicesi. Nella seconda lettera, al capitolo terzo troviamo proprio questa espressione: "Chi non vuole lavorare, non deve nemmeno mangiare", ed il Papa ha detto: "Bella cura dimagrante questa! Chi non vuol lavorare, neppure mangi, così farà sicuramente la sua cura dimagrante! " Benissimo, quest'ultima esternazione è stata pronunciata per far ridere ed il Papa ci è riuscito.

Orbene Agostino in quel libretto non fa altro che commentare l'espressione di San Paolo e dice ai suoi monaci: "Ma come, non lavorate ! E se non lavorate chi mantiene il monastero? Come vi mantenete? Avete seminato l'orto, ora chi accudisce questo orto? Se dovete fare qualche lavoro insieme per potervi mantenere, dovete condividerlo e non si può passare dall'assenza di lavoro all'Eucarestia. Come si fa a celebrare l'Eucarestia e poi non condividere la fatica del lavoro? Come si fa a celebrare l'Eucarestia se poi non si condivide il servizio nella comunità? " E sapete cosa vuol dire per Agostino il servizio? Vuol dire la ricerca del bene di tutti, del bene comune. C'è un'espressione meravigliosa che ad un certo punto Agostino annota nel capitolo quinto della Regola, dove fa capire che il migliore nella comunità è colui che ha il coraggio di servire i fratelli per tutta la vita. Sentite cosa dice: "Il principio da rispettare sempre è che nessuno lavori per un fine individuale. Tutta la vostra attività sia al servizio della comunità, con un impegno quindi maggiore e con più intenso zelo che se ciascuno curasse per proprio conto le sue faccende."

Vi ricordate il famoso inno alla carità di San Paolo nella prima lettera ai Corinzi, capitolo 13: "la carità è paziente, la carità è benigna, ecc." Agostino prende soltanto il versetto 3d, dove si dice: "della carità è stato scritto che non cerca il proprio interesse". Mentre dico queste cose per la comunità dei monaci, facciamo pure il parallelo con la famiglia e con la politica. Perché il tentativo di Agostino, come pure quello di molti altri fondatori di comunità nei primi secoli del cristianesimo aveva proprio questa finalità che appariva come una vera contestazione sociale. Agostino voleva far capire che un cristiano è autentico quando diventa un segno di contraddizione nel mondo in cui vive, proprio perché ha scelto il servizio per il bene comune, per il bene di tutti. E qui ecco la ripetizione del modello che è l'Eucarestia di Gesù.

Quando noi celebriamo il memoriale della sua passione, morte e risurrezione, celebriamo il dono di Se Stesso che Lui totalmente ha dato a tutti. Gesù ha dato la vita per tutti e questo è il modello. Ed allora nella famiglia come nella comunità religiosa e poi anche nella comunità cristiana della parrocchia, e così via, quello che vale è proprio la condivisione di tutto: del lavoro e del servizio. Agostino conclude dicendo: "la carità indica per di sé stessa che si anteponga il bene comune a quello individuale e non viceversa. Ed il prevalere in voi della cura degli interessi comuni su quelli delle vostre faccende personali, vi potrà dare la misura del vostro progresso spirituale. Ecco chi è il migliore. L'impegno sarà sempre di dare alla carità, che è un bene che non viene mai meno, un posto preminente su tutti i beni di cui transitoriamente abbiamo la necessità di servirci ". Questo è lo spirito della comunità e della condivisione che nasce dalla conversione e dal Battesimo, il sacramento che ci pone nella condizione di condividere tutto. La domenica, quando andiamo alla Messa, dovremmo trovare nella stessa celebrazione il modello e quindi la forza ed il coraggio di condividere tutto.

A questo proposito vi cito una testimonianza che condivido con voi come con i fratelli più vicini. Voi ricorderete che nel 2007 Papa Benedetto XVI venne a Pavia. Prima di arrivare lì aveva fatto la visita pastorale alla diocesi di Vigevano, dove non era stato nessun Papa da tanto tempo. Ma quando è arrivato a San Pietro in Ciel d'Oro Benedetto XVI ha detto chiaramente: "E' qui che volevo venire, perché è qui che volevo ringraziare attraverso le sue reliquie, Sant'Agostino, che è stato il mio grande maestro a livello teologico, spirituale e pastorale." Ed a Pavia, quella volta celebrò la Messa, e nell'omelia ricapitolò tutta la storia di Agostino dicendo: "Possiamo trovare tre tappe della sua conversione: la prima avvenuta a Milano che lo ha portato al Battesimo, la seconda come lui stesso ci dice nell'ultimo paragrafo del libro decimo delle Confessioni ..." Soffermiamoci su questa seconda tappa. Voi sapete che nei primi nove libri Agostino ci racconta la sua storia precedente e finisce con la morte e la storia di Monica.

Poi, sempre nel libro nono racconta gli avvenimenti successivi, ed il suo il Battesimo. Nel libro decimo ci racconta la sua storia interiore di Vescovo quando stava scrivendo le Confessioni. Ed alla fine del libro decimo c'è una sorpresa. Agostino dice: "Schiacciato ed atterrito dalla mole della mia miseria e dei miei peccati, avevo pensato in cuor mio di ritirarmi in solitudine, ma Tu o Dio me lo hai impedito dicendomi ancora una volta attraverso lo stesso San Paolo: Agostino! Cristo è morto per tutti, perché chi vive, non viva più per se stesso, ma per Colui che è morto ed è risorto per noi."

Vedete la consonanza con la citazione precedente di Paolo: "Perché chi vive, non viva più per se stesso, ma per colui che è morto ed è risorto per noi." Il Cristiano non è una persona che fa il suo progetto per se stesso, perché il cristiano si mette alla sequela, sulle orme del modello che è Cristo Signore. Dice ancora in quell'omelia Papa Benedetto XVI: "dal momento che il Signore ha fatto capire ad Agostino che non era giusto, o meglio che sarebbe stato da vigliacco ritirarsi in solitudine, Agostino continuerà a fare il vescovo di tutti". Papa Benedetto XVI cita quindi un sermone dove Agostino elenca tutte le attività anche le più antipatiche e le più dure che fanno parte della vita di un vescovo. Agostino non si ritirerà più. Continua poi Benedetto, utilizzando sempre le parole di S. Agostino: "non mi calunnino coloro che non sono in sintonia con la nostra maturità cristiana, se io continuerò a pensare al mio riscatto, che non altro è se non l'Eucarestia come sacrificio offerto a Dio per noi." Benedetto XVI prosegue citando nuovamente S. Agostino, che parlando dell'Eucarestia come del suo riscatto, usa tre parole magiche: "lo mangio, lo bevo, e lo distribuisco. Cioè, se continuerò a saziarmi di questo Sacrificio, continuerò anche a distribuirlo nella chiesa di Dio."

Ed a questo punto mi sono detto: mi sembra che Papa Benedetto XVI abbia tralasciato il significato profondo di queste ultime righe, che secondo me sono anche il motivo di una conversione più forte e totale, che Agostino fa coincidere con l'Eucarestia interpretata in maniera veramente radicale e globale.

Il cristiano deve fare dell'Eucarestia non soltanto una celebrazione della memoria, passione, morte e resurrezione, ma anche farne la capacità di distribuire e di condividere con tutti quello che ha e tutto ciò che è. Fa capire Agostino con i verbi prima citati, che l'intenzione che Gesù aveva espresso fin dall'inizio, ma che i discepoli non avevano capito, era che l'Eucarestia fosse ogni volta una moltiplicazione. Vi ricordate la prima moltiplicazione? Matteo e Marco ne raccontano due, Luca e Giovanni ne raccontano una sola, ma il significato è questo: la gente ha fame, sono tre giorni che lo segue, che ascolta la sua predicazione e Lui si commuove di questa gente che ha fame.

Questo è il tema anche in un certo senso valorizza l'Expo, nel senso più vero e più profondo. La gente ha fame, e di fronte alla fame della gente Cristo come si è comportato? I discepoli, furbi, lo hanno preceduto:

- "Mandali a casa ... che vadano loro a comprarsi da mangiare."

- "No ... non devono tornare a casa se sono tre giorni che stanno con Me, dategli voi da mangiare".

- "Ah, cosa vuol dire ... che dobbiamo tirare fuori i soldi noi per comprare il pane per dare da mangiare a questa gente? " Per due volte la stessa cosa, per due volte Marco e Matteo ci dicono che i discepoli fanno sempre l'obiezione: "dobbiamo tirare fuori noi i duecento denari per andare a comprare in un deserto il pane necessario per la gente? " Gesù di fronte a questa obiezione, non si ferma a discutere, ma la prima cosa che fa è dire ai suoi discepoli "Fateli sedere, cosa avete a disposizione? " Una volta erano cinque pani, l'altra volta sette "... portatemeli ". Prende questi pani e questi pesci, fa la benedizione, cioè chiede al Padre che benedica questo pane e questi pesci, poi dice a discepoli: "Distribuiteli e raccogliete quello che avanza". E' sempre bastato per tutti e ne è sempre avanzato!

E' curioso e se vi interessa, provate a vedere la versione di Marco, nel capitolo sesto, la prima moltiplicazione, poi nel capitolo otto la seconda. Il capitolo otto si conclude in maniera drammatica in un certo senso. Gesù fa questa seconda moltiplicazione, poi arrivano i giudei e i farisei che gli dicono: "Perché non ci fai un segno?"

In quella occasione Gesù si è veramente adirato : "Ma come devo fare un segno? cosa ho fatto fino adesso? a questa generazione non sarà offerto nessun altro segno! " Ha preso, è salito sulla barca e se ne è andato con i discepoli. Sulla barca, ha cominciato a fare un discorso importantissimo, oggi diremmo una lezione magistrale: "State attenti al lievito dei farisei, state attenti al lievito di Erode."

Perché questi due riferimenti? Perché il lievito dei farisei è l'ipocrisia che è come una mina che distrugge tutto. "Io sono venuto non per essere ipocrita, ma per guardare i problemi della gente e risolvere i problemi della gente." Il lievito di Erode invece fa sì che se qualcosa non va, taglia la testa e buonanotte. Ma questa non è la politica, tagliare le teste non è la politica, non è il bene comune. Mentre fa questo discorso san Marco dice: "cominciavano a dirsi l'un l'altro: abbiamo preso un pane solo ". Immaginate la scena: Lui fa un discorso di altissimo livello e loro: "abbiamo preso un pane solo, non basta un pane, siamo almeno in dodici, quindi un panino non basta ... " Finché Lui se ne accorge ed allora il rimbrotto è anche per loro: "Ma che state dicendo? Avete preso un solo pane? Ma ditemi un po': quando c'è stata la moltiplicazione per i cinquemila, quanto ne avete avanzato? " E loro si ricordavano bene: erano dodici ceste!

"E quando ho dato da mangiare agli altri quattromila, quanto ne avete avanzato? ": sette sporte!

"E allora, non capite niente? Non volete capire ancora?" Conclude così il capitolo: "Non capite ancora? "

Da quel momento non ne parla più perché ha intuito che i suoi discepoli non arrivano a comprendere, ma poi il giovedì santo, la moltiplicazione l'ha riproposta: "Prendete questo è il mio corpo, prendete questo è il mio sangue, fate questo in memoria di me." "Fate questo in memoria di me", dice Agostino, non è semplicemente il memoriale di quello che lui ha fatto, ma è l'operatività nuova per rendere l'Eucarestia una moltiplicazione di amore, (non di soldi), anzitutto di amore e di compassione, dalla quale poi deriva anche per chi ne ha la possibilità, di mettere in comune le risorse che possiede. Mentre i discepoli ne facevano una questione di soldi, Gesù ne faceva una questione di compassione. Se tu non ti lasci prendere dall'amore per le persone, sarai sempre un poveretto che va per la sua strada, che ragiona secondo i propri schemi. Qui invece si tratta di capire quale è la necessità della gente e di chiederci che cosa possiamo fare tutti insieme, non da soli, non uno o l'altro, e non certo con duecento o trecento denari, come dicevano prima i discepoli.

Qui si tratta di intervenire con l'amore e con la compassione. E se ti lasci interpellare dall'amore e dalla compassione ti accorgerai che hai delle risorse che neppure pensavi di avere. Gesù ci ha lasciato l'Eucarestia per questo motivo.

Pensate, ho inviato questi appunti a Papa Benedetto XVI, formulando una domanda specifica per chiedere un discernimento: "A suo giudizio Santità, quelle due o tre righe dopo, non sono forse la conversione più bella e più forte di Agostino all'Eucarestia, così come Gesù l'ha concepita? " La prima volta non gli sono giunti perché le mie lettere arrivavano alla Segreteria di Stato e la risposta è stata: "Il Papa ringrazia e benedice".

Finalmente Benedetto XVI ha ricevuto la mia lettera, mi ha risposto e mi ha scritto: "La ringrazio Padre per questa precisazione, ed è proprio così. Agostino si è praticamente convertito (nella seconda fase della sua conversione), non solo a continuare il suo episcopato per tutti, ma si è anche convertito al vero significato dell'Eucarestia." Dice ancora Papa Benedetto XVI: "Io non avevo tenuto conto di quella terza parola: mangio, bevo, distribuisco." Pensate l'umiltà di questo Papa, che ha concluso: "La ringrazio, è veramente così, questa è la vera interpretazione del testo di Agostino, che sono andato subito a rileggere. E' giusto così ". Quindi vedete come nella vita di Agostino c'è una prima conversione allo schema degli Atti degli Apostoli, ma poi questo schema si arricchisce dell'esperienza che comporta sempre un miglioramento. Agostino ha proposto alla sua comunità la condivisione totale. Tutto quello che hai non è tuo, è della comunità, e potremmo aggiungere "è della Chiesa". All'inizio era o non era così? Quando nella prima comunità c'erano delle necessità "... Io ho quattro o cinque campi, ne vendo due o tre, porto il ricavato agli apostoli i quali lo distribuiscano a quelli che non ne hanno." Se avessero gli apostoli fatto subito così! Ma hanno capito dopo, e finalmente lo hanno fatto.

Ad un certo punto questo stile si è diluito e lo abbiamo perso per strada. Chissà che l'Expo del 2015 non sia l'occasione per richiamare la Chiesa ed i cristiani a questo stile di condivisione, ed a vivere l'Eucarestia in maniera tale da non essere solo una celebrazione. La celebrazione è sacrosanta perché è il memoriale del mistero autentico della salvezza, ma non si deve esaurire l'Eucarestia nella sola celebrazione. Possiamo anche dire: "La Messa è finita", ma se fossimo coerenti, dovremmo dire: "la celebrazione è finita", perché la Messa continua. Tu cristiano che sei venuto qui alla Messa, hai mangiato e bevuto, ed ora torni a casa per distribuire l'amore che ti è stato garantito, tra i tuoi, e la tua famiglia diventa veramente il luogo comune e quotidiano della condivisione dell'amore di Dio. Non solo alla tua famiglia devi aprire la finestra e la porta, ma devi anche guardarti intorno dal momento che i cristiani non sono cristiani solo per se stessi, perché come dice San Paolo "Cristo è morto per tutti."

Capite che l'ideale di Agostino è proprio l'interpretazione più esatta della vita della Chiesa, e cioè che vivere la comunione significa lasciarsi guidare da un amore grande che ci portiamo nel cuore. Fate un parallelo molto semplice: ci stiamo avviando verso l'anno santo, l'anno della misericordia, ma se non siamo capaci di cogliere questa misericordia, l'anno santo non serve a niente. Cosa vuol dire fare un pellegrinaggio a Roma o chissà dove, se poi non cambia il cuore della gente? Ed il cuore della gente cambia nella misura in cui noi ci appropriamo della misericordia di Dio e diventiamo capaci di distribuire questa stessa identica misericordia. Questa è l'Eucarestia, ed il ritmo dell'Eucarestia è il ritmo della vita cristiana. Non basta dire: "Sono andato a Messa quindi sono a posto, ho osservato i precetti della Chiesa", perché c'è un precetto unico e fondamentale che riguarda l'amore di Dio e del prossimo. Questo precetto di amore si osserva partecipando all'Eucarestia, prendendo tutta la validità e potenzialità dell'amore di Dio per poi distribuirlo nella vita di tutti i giorni, secondo le necessità che la mia famiglia e la mia comunità richiedono da me.

Quindi concludo per dirvi come fin dall'inizio Agostino aveva intuito bene che cosa significa essere un "Corpo solo". Nello spirito di Dio noi ci apparteniamo e vale una sola politica di condivisione del bene comune. Se le altre politiche non si avvicinano a questa, che c'importa? Vuol dire che dobbiamo seguire le altre politiche? No, noi dobbiamo seguire questa politica fondamentale che è determinata dal ritmo dell'Eucarestia. Noi dobbiamo correre all'Eucarestia. Questa sera mi veniva in mente proprio questo termine mentre aspettavo di incontrarmi per venire da voi ed ho visto due persone che erano in ritardo e correvano per arrivare in chiesa. Mi sono detto: "Se tutti i cristiani corressero per andare alla Messa la domenica o quando c'è bisogno!". Allora vorrebbe dire che i cristiani hanno capito "quello" che ci manca e di cui abbiamo bisogno. Il Signore ogni volta ce lo dà e lo mette a disposizione perché serva non solo per noi stessi, ma perché sappiamo condividerlo con tutti. Questa è la vera spiritualità cristiana che Agostino ha cercato di vivere nella sua stessa comunità e di predicare costantemente durante l'assemblea della domenica, alla sua gente ed ai suoi cristiani.

Lui stesso molte volte diceva: "Guardate che oggi gli ipocriti non sono più gli ebrei, i giudei ed i farisei (che stanno per conto loro); molte volte gli ipocriti siamo noi che celebriamo l'Eucarestia senza dare a questo Sacramento la valenza che ha, cioè di imparare una comunione più estesa e più condivisa." Capite che poi dobbiamo noi stessi ricavare le conseguenze concrete per il momento che stiamo vivendo; momento in cui siamo sempre molto divisi nelle opinioni e nell'interpretazione della storia attuale. Questa situazione, che ci impedisce di avere una unità di interpretazione, non vivendo insieme l'Eucarestia per il valore che ha, ci porta poi ad essere incapaci di affrontare il resto. Ci sono alcuni discorsi e delle omelie di Agostino che sono stati riscoperti recentemente, nei quali si dice che una volta capitò una nave carica di schiavi nel porto di Ippona. La notizia si diffuse ed Agostino fu il primo a scendere al porto ed a dire a tutti i cristiani della sua città: "Dobbiamo raccogliere quello che serve per rimettere in libertà questi schiavi, perché non possiamo andare in chiesa a celebrare l'Eucarestia se perdiamo l'occasione storica che ora ci è capitata. Dobbiamo ridare la libertà a questi schiavi, e pagare la loro libertà, perché è quanto ci chiede in questo momento la volontà di Dio, cioè la condivisione dell'amore per tutti quelli che ne hanno bisogno."