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ITINERARI AGOSTINIANI: IL GIORNALE DELL'ANIMA DI ANGELO RONCALLI

Frontespizio del volume di Il Giornale dell'Anima pubblicato nel 1965

Frontespizio del volume

 

 

IL GIORNALE DELL'ANIMA E ALTRI SCRITTI DI PIETA'

di Angelo Roncalli

 

Note Spirituali nel mio breve ritiro a Orano 6-9 aprile 1950 Giovedì, venerdì, Sabato Santo e Pasqua

Tre giorni di riposo, alla fine del mio lungo viaggio in Africa del Nord dal 19 marzo, venticinquesimo anniversario della mia consacrazione episcopale, al 9 aprile, festa di Pasqua.

Il contenuto fu stampato a Roma (nel 1956 la quarta edizione) in un libro dal titolo Il Giornale dell'Anima e altri scritti di pietà.

 

 

 

Il vescovo di Orano [1], mgr Lacaste [2], mi accoglie in ospitalità fraterna di cui gli sono gratissimo; ed io partecipo in preghiera, in meditazione ed in silenzio, all'immenso palpito delle anime vibranti da tutti i punti della terra, da tutte le chiese, intorno a Gesù sofferente e vittorioso, in questo triduo sacro precedente la Pasqua. A un quarto di secolo dacché la santa Chiesa mi fece vescovo, tuttoché indegnissimo e povero, amo pensare al mio passato, al mio presente, al mio avvenire.

 

 

Giovedì santo: il mio passato

Portai con me, in questo viaggio, i fascicoli delle note spirituali scritte in questi anni - dal 1925 al 1950 - a mio scotimento, a mia compunzione, ad aumento di fervore episcopale, nelle varie occasioni di ritiro spirituale che colsi lungo la via, in Bulgaria, in Turchia, in Francia. Ho riletto tutto ancora una volta, con calma, come in una confessione, e recito il Miserere che è mio, ed il Magnificat che è tutto del Signore, a mia penitenza e ad esercizio di umiltà sincera e confidente. A venticinque anni di distanza, riveggo il numero quattro delle mie prime note fatte a Villa Carpegna dal 13 al 17 marzo 1925, nella preparazione immediata alla consacrazione episcopale - 19 marzo, festa di san Giuseppe - a San Carlo al Corso. Proponevo così: « Rileggerò spesso il capo IX, lib. IlI della Imitazione di Gesù Cristo: "Quod omnia ad Deum sicut ad finem ultimum sunt referenda."

Mi ha fatto profonda impressione nella solitudine di questi giorni.

Lì, in poche parole, c'è veramente tutto ». Così scrivevo in quella vigilia della mia nuova vita; così sento ora, e così gusto ripassare di là e di rivedere quell'insegnamento di Gesù dopo un quarto di secolo, di prove da parte mia, di debolezze, di riprese e, grazie al Signore, di volontà tenace, fedele e convinta, al di là delle seduzioni e delle tentazioni dello spirito mondano. O mio Gesù, come ti ringrazio di avermi tenuto saldo a questo principio: « Ex me pusillus et magnus, pauper et dives, tamquam ex fonte vivo, aquam vivam hauriunt » [3].

Ah, io sono fra i pusilli e i poveri! In Bulgaria, i contrasti delle circostanze più ancora che degli uomini, e la monotonia di quella vita intessuta e scalfita da quotidiane punture, mi costò molto di mortificazione e di silenzio. Ma la tua grazia mi mantenne il gaudio interiore, che mi aiutò a nascondere le angustie ed i disagi. In Turchia, l'impegno delle sollecitudini pastorali mi fu tormento e gioia. Non avrei potuto o, dovuto fare di più, con sforzo più deciso, ed andare contro l'inclinazione del mio temperamento? Nella stessa ricerca della calma e della pace, che ritenevo più conforme allo spirito del Signore, non era sottaciuta una tal quale indisposizione all'impiego della spada, ed una preferenza a ciò che anche personalmente è più comodo e più facile, anche se di fatto la dolcezza è definita la plenitudine della forza? O Gesù mio, tu scruti i cuori; e il punto giusto in cui la ricerca stessa della virtù può trascinare a difetto o a eccesso, a tè solo è noto. Ciò che sento come dover mio, è di non invanirmi di nulla, ma di tutto attribuire alla tua grazia: « sine qua nihil habet homo. Tu, cum magna districtione, gratiarum actiones requiris » [4] . E il mio Magnificat è perciò completo, come è doveroso.  

Mi piace tanto l'espressione: « Meritum meum, miseratio tua »; e l'altra che è di sant'Agostino: « Tu coronando merita, coronas dona tua » [5]. Ancora, grazie senza fine, mio Gesù: « Vincit omnia divina charitas et dilatat omnes animae vires. Recte sapio, in te solo gaudebo, in te solo sperabo, quia ' nemo bonus nisi solus Deus ' (Lc., 18, 19), qui est super omnia laudandus, et in omnibus benedicendus » [6]. Così termina, a conclusione dei miei venticinque anni di episcopato, il capitoletto della Imitazione con cui li ho iniziati. Il che mi lascia sempre, a mortificazione salutare del mio spirito, il ricordo delle mie colpe - « cogitatione, verbo et opere » - quante, quante in venticinque anni! e insieme la fiducia inestinguibile nel mio quotidiano sacrificio, ostia divina ed immacolata, offerta « pro innumerabilibus peccatis et offensionibus et negligentiis meis »[7]. Venticinque anni di sante messe episcopali, offerte con tutto lo splendore delle buone intenzioni, ed anche con tutta la polvere della strada, oh, quale mistero di grazia ed insieme di confusione! La grazia delle tenerezze di Gesù « pastor et episcopus » verso il suo eletto sacerdote; la confusione di questi, che non trova conforto se non nel confidente abbandono.

 

 

Venerdì santo: il mio presente

Ieri sera i mattutini, tutto solo: stamane in cappella le ore coi quattro Miserere, e la liturgia odierna, accompagnata in ispirito, leggendo sul messale, come se assistessi alla cerimonia in qualche chiesa solenne; come se la presiedessi ancora io stesso a Sofia, o a Santo Spirito d'Istanbul. Il mio presente. Eccomi dunque vivo, a sessantanove anni in corso, prostrato sul Crocifisso, a baciargli il viso e le piaghe santissime, a baciargli il cuore scoperto; eccomi qui in atto di amore, di dolore. Come non rinnovare a Gesù il mio ringraziamento di trovarmi ancor giovane e robusto di corpo, di spirito, di cuore?

Il « nosce teipsum » mi tiene dimesso e senza pretese. Qualcuno segue la mia povera persona con ammirazione, con simpatia; ma, grazie a Dio, io sento rossore di me stesso, delle mie insufficienze, del poco che sono in un posto così importante, dove il Santo Padre mi volle e mi tiene, per sua bontà. Da tempo, e con nessuna fatica, faccio professione di semplicità, bravando amabilmente tutti gli spiriti che, nella ricerca delle doti di un diplomatico della Santa Sede, preferiscono l'involucro esteriore appariscente al frutto sano e maturo.

E resto fedele al mio principio, che parmi abbia sempre un posto di onore nel discorso della montagna: beati i poveri, i miti, i pacifici, i misericordiosi, gli assetati di giustizia, i puri di cuore, i tribolati, i perseguitati. [8] Il mio presente resta dunque una energia, in atto di fedeltà a Cristo obbediente e crocifisso, come tante volte lo ripeto in questi giorni: « Christus factus oboediens » [9], povero ed umile come lui, ardente di divina carità, pronto al sacrificio ed alla morte, per lui e per la sua Chiesa. Il viaggio in Africa del Nord mi ha richiamato più vivo il problema della conversione degli infedeli. La vita e la ragion d'essere della Chiesa, del sacerdozio, della verace e buona diplomazia è là. «Da mihi animas: cetera tolle» [10].

 

 

Sabato santo: il mio avvenire

A quasi settant'anni c'è poco da contare sull'avvenire. « Summa annorum nostrorum sunt septuaginta anni; et si validi sumus octoginta, et plerique eorum sunt labor et vanitas: nam cito transeunt et nos avolamus » (cf. Ps., 89, 10-11). Non occorre dunque farmi illusioni, ma rendermi familiare il pensiero della fine; non con sgomento che infiacchisce, ma con confidenza che conserva il fervore del vivere, del lavorare, del servire. Da tempo mi proposi la fedeltà a questo rispetto, a questa attesa della morte, a questo « hilarescit » [11], che dovrebbe essere l'ultimo sorriso della mia anima, sul punto di uscire da questa vita. Non è il caso di parlarne sovente a tedio altrui; ma di pensarci sempre, perché il « judicium mortis », divenuto familiare, è buono, è utile a mortificare la vanità, ad imporre a tutto il senso della misura e della calma. Per le mie cose temporali farò un ritocco al mio testamento. Sono povero, grazie a Dio, e così intendo morire.

Quanto allo spirito, renderò la mia fiamma più viva, a misura che il tempo da redimere passa più rapido. Distacco quindi dalle cose della terra, dignità, onori, cose preziose o pregiate. Voglio intensificare gli sforzi per terminare la mia pubblicazione della Visita Apostolica di san Carlo Borromeo a Bergamo. Ma mi tengo disposto anche alla mortificazione di dovervi rinunziare. Qualcuno, per farmi complimenti, mi parla della porpora. Niente di interessante. Ripeto quanto altrove scrissi.

Quando non venisse, come può darsi, avrò questo come un segno di predestinazione, e ne ringrazierò Iddio. Ceterum riprenderò, al mio ritorno a Parigi, la mia vita ordinaria, senza smanie, ma con fedeltà assoluta al dover mio, al servizio del Santo Padre, con attenzione, con carità, con pazienza, con intima unione con Gesù, mio re, mio maestro, mio Dio; con Maria mia dolce madre, con san Giuseppe, mio caro amico, esemplare protettore. Mi deve confortare il pensiero che le mie conoscenze, che le anime che ho amate e che amo, sono già quasi tutte di là, e che mi attendono e pregano per me.

Il Signore mi vorrà presto alla patria celeste? Eccomi, sono pronto. Lo prego solo di cogliermi in buon punto. Mi riserva ancora alcuni, forse parecchi anni di vita? Lo ringrazierò, ma sempre supplicandolo a non lasciarmi sulla terra, inutile per la santa Chiesa e ingombrante. Anche per questo però, la santa volontà del Signore, e basta. Termino queste note al suono delle campane di Pasqua della vicina cattedrale del Sacro Cuore. E ricordo con gioia l'ultima mia omelia di Pasqua a Istanbul [12], nel commento alle parole pasquali di san Gregorio di Nazianzo: « voluntas Dei, pax nostra ».

 

 

Note

 

(1) - Orano, città dell’Algeria settentrionale, sulla costa del Mediterraneo.

(2) - Mgr Bertrand Lacaste, n. in Accous, diocesi di Bayonne (Francia), eletto vescovo di Orano il 29 dic. 1945.

(3) - De imitatione cit., III, IX, 6.

(4) - Cf. ibidem, 8 - 9.

(5) - Cf. Sermones ad populum, CLXX,10 (P. L., 38, 392): « Tunc Deus coronabit non tam merita tua quam dona sua ».

(6) - De imitatione cit.,III, IX, 12-13

(7) - Ordinario della Messa (offertorio)

(8) - Cf. Mt., 5, 3-10

(9) - Cf. Phil., 2, 8.

(10) - Gen., 14, 21

(11) - S. Gregorio Magno, Hom, in Evang., XIII, 3 (P. L., 76, 1124): « de sua spe et operatione securus est ..., de gloria retributionis hilarescit ».

(12) - Costantinopoli - Istambul, 9 aprile 1944