Percorso : HOME > Africa agostiniana > Africa romana > Dei e Miti > Baccanti

DEI E MITI DELL'Africa romana: Baccanti

Pompei: scene con danze di Baccanti

Pompei: scene con danze di Baccanti

 

 

BACCANTI

 

 

 

 

La Baccante era una donna che componeva il corteo di Dionysos (Bacco). Le Baccanti, o anche Menadi, Tiadi, sono raffigurate sulle ceramiche e nelle sculture dell'antichità in scene dove appaiono scatenate e focose, vestite di pelli di animali o con indumenti leggeri e trasparenti.

Questo soggetto fu ripreso dagli artisti rinascimentali e da quelli moderni (Le Baccanti di Titien e di Poussin).

Le Baccanti sono legate al culto del Dio Bacco e Dioniso: ne Le Baccanti, tragedia di Euripide, che fu scritta mentre l'autore era alla corte di Archelao, re di Macedonia, tra il 407 ed il 406 a. C. troviamo la storia legegndaria che le contaddistingue.

Rappresentata ad Atene, nel 403 a. C., sotto la direzione del figlio (o nipote) di Euripide, che era già morto, l'opera fruttò all'autore una vittoria postuma alle Grandi Dionisie di quell'anno.

Dioniso, dio del vino, del teatro e del piacere fisico e mentale in genere, era nato dall'unione tra Zeus e Semele, donna mortale. Tuttavia le sorelle della donna ed il nipote Penteo (re di Tebe) per invidia avevano sparso la voce che Dioniso in realtà non era nato da Zeus, ma da una relazione tra Semele ed un uomo qualunque. Nel prologo della tragedia, Dioniso afferma di essere sceso tra gli uomini per convincere tutta Tebe di essere un dio e non un uomo. Per ottenere il suo scopo genera follia in tutte le donne tebane, che fuggono sul monte Citerone a celebrare riti in onore di Dioniso diventando Baccanti, ossia donne che celebrano i riti di Dioniso, detto anche Bacco).

Questo fatto però non convince Penteo che si rifiuta di riconoscere un dio in Dioniso, e lo considera solo una sorta di demone truffaldino capace di adescare le donne. Invano Cadmo nonno di Penteo e Tiresia, indovino cieco, tentano di dissuaderlo e di accettare Dioniso come un dio. Il re di Tebe per tutta risposta fa arrestare Dioniso per imprigionarlo. Il dio però scatena un terremoto che gli permette di liberarsi subito. Nel frattempo dal monte Citerone giungono notizie inquietanti: le donne che compiono i riti sono in grado di far sgorgare vino, latte e miele dalla roccia, e in un momento di furore dionisiaco si sono avventate su una mandria di mucche, squartandole vive con forza sovrumana. Hanno poi invaso alcuni villaggi, devastando tutto, rapendo bambini e mettendo in fuga la popolazione. Dioniso, parlando con Penteo, riesce allora a convincerlo a mascherarsi da baccante per poter spiare di nascosto quelle donne. Travestiti da donna vanno sul Citerone, ma, una volta giunti lì, il dio aizza le baccanti contro Penteo. Esse sradicano l'albero sul quale il re si era nascosto e fanno a pezzi Penteo. Non solo, ma la prima ad avventarsi su di lui e a spezzargli un braccio è Agave, la madre stessa di Penteo. Questi fatti vengono narrati a Cadmo da un messaggero che è tornato a Tebe dopo aver assistito alla scena. Poco dopo arriva anche Agave, ed ha un bastone sulla cui sommità è attaccata la testa di Penteo, che lei, nel suo delirio di baccante, crede essere una testa di leone. Cadmo, sconvolto di fronte a quello spettacolo, riesce pian piano a far rinsavire Agave, che infine si accorge con orrore di ciò che ha fatto. Riappare Dioniso che spiega di aver architettato questo piano per punire chi non credeva nella sua natura divina, e condanna Cadmo e Agave all’esilio. Sull’immagine di Cadmo e Agave che, commossi, si dicono addio, si conclude la vicenda.