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DEI E MITI DELL'Africa romana: Eracle

Vaso greco con storie di Eracle

Vaso greco con storie di Eracle

 

 

ERACLE

 

 

 

 

Eracle corrisponde all'Eros greco, uno degli dei più celebri della mitologia greca corrispondente alla figura della mitologia romana Ercole. La sua leggenda, assai diffusa fra il popolo, non smise di cambiare dall'età preellenica sino all'età romana, da Omero a Virgilio, raggiungendo quella di Ercole, il suo pari latino. Figlio di Zeus e di Alcmena, la più nobile dei mortali, a cui il dio si era presentato sotto le sembianze del marito assente, Amfitrione, era dotato di una forza sovrumana.

Nato ad Argo oppure a Tebe, dove i suoi genitori di Argo si erano rifugiati, ricevette dapprima il nome di Alcide, da quello di suo nonno paterno Alceo. Il nome di Eracle, che significa la gloria di Era, è dovuto alla vita perigliosa e ai fatti notevoli che accompagnarono la sua vita terrena. Queste prove furono ispirate dalla volontà della dea. Il ciclo di Eracle si diffuse in tutta la Grecia, sia ad est che ad ovest, seguendo l'espansione coloniale e commerciale greca nel Mediterraneo.

La vicenda di questo eroe non è raccontata in una sola opera, ma ne sono state scritte molte che lo vedono protagonista. Celebri le sue incredibili imprese, quali ad esempio le dodici fatiche che lo vedono affrontare serpenti dalle teste molteplici, leoni dalla pelle impossibile da scalfire, uccelli in grado di sparare piume affilate come lame e molti altri mostri che l'eroe, sia per coraggio che per astuzia, riuscì sempre a sconfiggere.

Sempre imbattuto perse la vita di propria mano, dandosi fuoco presso un rogo, dilaniato dal dolore che Deianira, sua moglie, ignara del tradimento del centauro Nesso, aveva causato intingendo la sua tunica in un veleno mortale. Salito nell'Olimpo sposò Ebe, la coppiera degli dei e divenne anche lui una divinità, ricongiungendosi perfino con Era, sua eterna nemica.

Maggiore eroe greco, divinità olimpica dopo la morte, Eracle fu venerato come simbolo di coraggio e forza, ma anche di umanità e generosità, anche presso i Romani. Fu onorato in numerosi santuari sparsi in tutta la Grecia e le sue tante imprese, espressione dell'altruismo e della forza fisica, lo fecero credere il fondatore dei giochi Olimpici.

Le dodici fatiche probabilmente hanno qualche correlazione con i segni dello zodiaco, molti dei quali sono appunto rappresentati da animali. Nel mondo romano Ercole presiedeva alle palestre e a tutti i luoghi in cui si faceva attività fisica; considerato anche una divinità propizia, gli si rivolgevano invocazioni in caso di disgrazie, chiamandolo Hercules Defensor o Salutaris. Fino all'età moderna lo Stretto di Gibilterra era noto come "Colonne d'Ercole", con espressione chiaramente evocativa: un ricordo dei viaggi e degli spostamenti dell'eroe che, nel corso delle sue imprese, toccò paesi dell'Asia Minore e del Caucaso e raggiunse l'Estremo Oriente e il Grande Oceano, che delimitava le "terre dei vivi".

La leggenda era d'origine fenicia: il dio tirio Melqart (identificato poi dai Romani con Ercole e detto Hercules Gaditanus, per il famoso tempio di Gades a lui dedicato) avrebbe posto ai lati dello Stretto due colonne, che costituirono l'estremo limite raggiunto da Ercole e, soprattutto nel Medioevo, il confine posto dal dio affinché gli uomini non si spingessero nell'Oceano Atlantico.