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lettera 2      a Zenobio

 

Scritta nel 386

a Cassiciaco  (Cassago Brianza)

 

Agostino esprime a Zenobio la brama d'intrattenersi con lui anche di persona e di terminare la questione che avevano cominciato a discutere.

 

1.   Bene inter nos convenit, ut opinor, omnia quae corporeus sensus attingit, ne puncto quidem temporis eodem modo manere posse, sed labi, effluere et praesens nihil obtinere, id est, ut latine loquar, non esse. Horum itaque perniciosissimum amorem, poenarumque plenissimum, vera et divina philosophia monet frenare atque sopire; ut se toto animus, etiam dum hoc corpus agit, in ea quae semper eiusdem modi sunt, nec peregrino pulchro placent, feratur atque aestuet. Quae cum ita sint, et cum te verum ac simplicem, qualis sine ulla sollicitudine amari potes, in semetipsa mensvideat, fatemur tamen congressum istum atque conspectum tuum, cum a nobis corpore discedis, locisque seiungeris, quaerere nos, eoque dum licet cupere. Quod profecto vitium, si te bene novi, amas in nobis; et cum omnia bona optes carissimis et familiarissimis tuis, ab hoc eos sanari metuis. Si autem tam potenti animo es, ut et agnoscere hunc laqueum, et eo captos irridere valeas, nae tu magnus atque alius. Ego quidem quamdiu desidero absentem, desiderari me volo. Invigilo tamen, quantum queo, et enitor, ut nihil amem quod abesse a me invito potest. Quocum officio commoneo te interim, qualiscumque sis, inchoatam tecum disputationem perficiendam, si curae nobismetipsis sumus. Nam eam cum Alypio perfici nequaquam sinerem, etiamsi vellet. Non vult autem. Non enim est humanitatis eius nunc mecum operam dare, ut in quam multis possemus litteris te nobiscum teneamus, nescio qua necessitate fugientem.

 

 

1.  Fra noi siamo completamente d'accordo, come credo, che tutti gli oggetti che i nostri sensi riescono a percepire, non possono neppure per un istante rimanere nello stesso stato, ma passano, spariscono e non hanno nulla di immutabile: cioè, per parlare chiaro, non hanno vera esistenza. Per questo la vera e divina filosofia esorta a frenare e a sopire l'amore per esse, che è quanto mai funesto e fonte di moltissime pene; affinché l'anima, anche durante il tempo in cui guida questo corpo, con tutto il suo essere tenda e ardentemente aneli verso ciò che persiste sempre nel medesimo stato e non piace per una bellezza passeggera. Stando così le cose, e sebbene la mia mente ti veda dentro di sè reale e schietto, come ti si può amare senza alcuna inquietudine, tuttavia confessiamo che quando ti diparti da noi fisicamente e sei in luoghi lontani, cerchiamo di incontrarti e di vederti e lo desideriamo finché possiamo. Questo difetto, se ben ti conosco, senza dubbio non ti dispiace in noi, e, pur desiderando ogni bene per le persone a te più care ed intime, hai paura che esse ne siano guarite. Se poi tu hai una forza d'animo tale da poter riconoscere questa trappola e irridere coloro che vi sono incappati, sei davvero grande e diverso. Per parte mia, desidero essere rimpianto tanto quanto rimpiango un assente. Tuttavia faccio attenzione, per quanto posso, e mi sforzo di non amare nulla che possa essere lungi da me mio malgrado. Insieme con questo dovere io ti ricordo anche, qualunque sia la tua opinione in proposito, che bisogna concludere la discussione iniziata con te, se vogliamo avere cura di noi stessi. Infatti non permetterei in nessun modo che si concludesse con Alipio, anche s'egli lo volesse. Ma non lo vuole, giacché l'educazione non gli permette ora di adoperarsi con me per intrattenerti con noi col maggior numero possibile di lettere, dato che cerchi di evitarlo per non so quale necessità.