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CICLo AGOSTINIANo della Historia Augustini

Agostino descrive l'oltretomba, immagine tratta dalla Historia Augustini

Agostino descrive l'oltretomba

 

 

HISTORIA AUGUSTINI

1430-1440

Manoscritto 78A 19a Kupferstichkabinett di Berlino

 

Agostino descrive l'oltretomba

 

 

 

Le tre scene che seguono hanno una propria unicità. Le immagini sono chiare e nitide ed esprimono una certa vivacità d'azione. A sinistra Agostino seduto in cattedra, con una penna in mano, un libro aperto sulle ginocchia, volge lo sguardo alla Trinità, che gli appare in alto in mezzo alle nuvole. La bocca del Leviatano ai suoi piedi sputa le anime dei dannati in mezzo alle fiamme.

 

Nella Historia Augustini una scena tratta delle riflessioni di Agostino circa la vita futura. Volgendo lo sguardo alla Trinità, che gli appare in alto in mezzo alle nuvole, Agostino ha la visione della bocca del Leviatano che ai suoi piedi sputa le anime dei dannati in mezzo alle fiamme. In altra iconografia ritorna il tema del Giudizio Universale.

Per un credente cristiano a favore dell'Aldilà c'è da aggiungere tutto quanto presentato e descritto nelle Sacre Scritture, come l'esperienza di Cristo risorto, il mistero della Provvidenza e la sua presenza, non identificabile con una mera coincidenza, nell'esistenza di tante persone e della stessa storia, la biografia straordinaria di alcuni Santi. Il messaggio cristiano chiama l'Aldilà "Casa del Padre". Anche la Fede conduce alla conoscenza: un atto di amore, e quindi di fede nell'altro, è sempre la premessa di un successivo "ingresso" interiore nella complessa personalità dell'interlocutore che si ha vicino.

Tra fede e ragione vi è una stretta correlazione: la prima cerca l'intelligibilità delle cose (Fides quaerens intellectum). Scriveva Sant'Agostino: "Credo ut intellegam". Ma, quando c'è l'onestà mentale del ricercatore, può essere anche il contrario: "Intellego ut credam". In altre parole: se la Fede illumina la scienza, quest'ultima purifica la prima dalle tante frequenti e infantili credenze superstiziose.

 

La costituzione conciliare sulla Chiesa afferma: «Alcuni tra i suoi discepoli sono ancora in cammino sulla terra, altri hanno lasciato questa vita e sono sottoposti a purificazione, altri infine godono la gloria del cielo contemplando chiaramente Dio stesso uno e trino così come egli è; tutti però, in gradi e modi diversi, comunichiamo nella stessa carità verso Dio e verso il prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria. Infatti coloro che sono in Cristo e ne possiedono lo Spirito, formano insieme una sola Chiesa e in lui sono congiunti gli uni gli altri. L'unione di quelli che sono ancora in cammino con i fratelli che sono morti nella pace di Cristo non viene interrotta dalla morte, ma, come da sempre crede la Chiesa, viene invece consolidata dalla comunione nei beni spirituali» (LG 49: EV 1/419).

C'è quindi una reale comunione tra i vivi e i defunti: comunione che si concretizza in uno scambio di beni spirituali. I vivi possono aiutare i defunti nelle diverse forme con cui la tradizione ha configurato la solidarietà cristiana verso i morti: preghiera, opere di carità, in particolare la celebrazione della santa messa, memoriale della Pasqua di Gesù. Così pregava S. Agostino nelle Confessioni all'indomani della morte della madre, Monica: «Ispira, o Signore mio... quanti mi leggeranno di ricordarsi di Monica, la serva tua, e di Patrizio, un tempo suo sposo, per la cui carne mi introducesti in questa vita» (Confessioni, 9, 11, 13).

All'aiuto offerto dai vivi ai defunti corrisponde poi, in forza della stessa solidarietà, l'aiuto dei defunti ai vivi, particolarmente quando la solidarietà è potenziata da motivi di parentela, di amicizia, di affinità spirituale: aiuto che però rientra sempre in quella «comunione nei beni spirituali» di cui parla la costituzione sulla Chiesa del Vaticano II, ed è analoga all'intercessione dei santi presso Dio.