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CICLo AGOSTINIANo della Historia Augustini

Agostino visita i monaci malati, immagine tratta dalla Historia Augustini

Agostino visita i monaci malati

 

 

HISTORIA AUGUSTINI

1430-1440

Manoscritto 78A 19a Kupferstichkabinett di Berlino

 

Agostino visita i monaci malati

 

 

 

La scena è rappresentata su due immagini adiacenti. Agostino vescovo assistito da un altro monaco sta ritto dinanzi al ca-pezzale di un malato, poi d'un infermo sdraiato nudo sul suo letto. Agostino è in atto di benedirli mentre un monaco porta un tozzo di pane. Una iscrizione precisa la natura dell'illustrazione: Senes fratres debiles et infirmi.

 

Fra i vari episodi che vengono narrati dai biografi di Agostino, un posto preminente viene riservato alle sue azioni di carità verso il prossimo. Una fra queste è certamente costituita dalle sue visite frequenti agli ammalati.

Il malato va seguito con amore nel corso della sua malattia da un fratello infermiere, che non farà mancare nulla di quanto è necessario e utile, su consiglio o decisione del medico, per riacquistare la salute. Se fosse necessario qualche trattamento particolare, per il bene del malato, va fatto anche se il malato non lo volesse. Il malato va seguito anche oltre la fase critica della malattia, durante tutta la convalescenza, fino al totale ripristino della salute. Raggiunto questo, l’ex malato deve adattarsi di nuovo al modo di vivere della comunità, senza privilegi. Ai malati sono equiparati, almeno nel primo periodo di tempo, anche coloro che provengono da classi più agiate o che hanno una salute più delicata: per questi si debbono fare eccezioni nei cibi, nelle vesti, nei lavori, fino a che non si abituano allo stile di vita semplice e povero del resto della comunità. I più forti non debbono essere gelosi del miglior trattamento riservato ai più deboli o delicati, perché - afferma Agostino - è meglio avere meno bisogni che più cose.

AGOSTINO, Regula ad Servos Dei

 

Senza fiducia in Dio non c'è in definitiva alcun conforto in punto di morte. Anzi Dio con la morte vuole proprio che ci abbandoniamo totalmente al suo amore almeno in quest'ora suprema della nostra vita, senza alcun'altra sicurezza al di fuori di esso. Come potremmo mostrargli in maniera più serena la nostra fede, la speranza e l'amore! Un ultimo pensiero in questo contesto. Certamente ho parlato al cuore di qualcuno di voi. La morte stessa è un conforto! La vita su questa terra, anche se non fosse "una valle di lacrime" non ci potrebbe offrire per sempre una patria. Essa diventerebbe sempre più una "prigione", un "esilio" (cf. Salve, Regina). Infatti "tutto il transitorio è solo una figura" (Goethe, Faust, II, Schußchor)! E così ci vengono pressantemente sulle labbra le parole incancellabili di sant'Agostino: "Ci hai creato per te, o Signore e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te" (S. Agostino, Confessiones 1, 1, 1). Così non ci sono i consacrati alla morte e quelli che sono nella cosiddetta vita. Davanti a tutti noi sta una nascita, una trasformazione, di cui temiamo i dolori con Gesù nell'orto degli ulivi ma di cui già portiamo in noi l'esito radioso, da quando fummo immersi col battesimo nella morte e nella vittoria di Cristo (cf. Rm 6,3-6; Col 2,12).

GIOVANNI PAOLO II, Discorso agli Anziani, Monaco di Baviera, 19 novembre 1980