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PITTORI: Maestro di Brescia

Sant'Agostino fra san Gregorio papa e san Gerolamo

Sant'Agostino fra Gregorio e Gerolamo

 

 

MAESTRO DI BRESCIA

650 circa

Museo municipale d'Arte Cristiana a Brescia

 

Sant'Agostino con Gerolamo e san Gregorio Magno

 

 

 

 

La pittura è stata eseguita su una lastra di avorio e fa parte di un dittico noto come dittico del padre di Boezio. Risale alla seconda metà del VII secolo ed è attualmente conservata nel Museo municipale d'Arte Cristiana a Brescia. L'immagine raffigura sant'Agostino con alla sua destra Gerolamo e alla sinistra Gregorio Magno. Il santo regge con la mano sinistra un voluminoso libro e e con la mano destra sembra quasi voler benedire. E' vestito con una paenula di colore rossastro, un mantello caldo, che ai tempi di Agostino era l'abito tipico dei viaggiatori sia a cavallo che a piedi. Più tardi diventerà l'abito liturgico del vescovo per le celebrazioni eucaristiche.

I mosaici di San Vitale a Ravenna del VI secolo mostrano infatti il vescovo Maximianus che la porta contrariamente al suo seguito. Nell'altra faccia del dittico è rappresentata la resurrezione di Lazzaro. Sant'Agostino Brescia, Museo d'Arte Cristiana

 

Agostino, di etnia berbera, ma di cultura romana, nacque a Tagaste il 13 novembre 354. Questo paese, attualmente Souk-Ahras in Algeria, posto a circa 100 km a sud-ovest di Ippona, era, a quei tempi, una piccola città libera della Numidia proconsolare recentemente convertita al Donatismo. Anche se molto rispettabile, la sua famiglia non era ricca, e suo padre, Patrizio, uno dei curiales (consiglieri municipali) della città, era un pagano; l'influenza della moglie Monica, però, portò alla lunga Patrizio alla conversione.

Africano di nascita e, quindi, probabilmente, di madrelingua berbera, apprese e utilizzò il punico ed il latino, mentre ebbe difficoltà con il greco, l'altra grande lingua, insieme al latino, della cultura dell'epoca. Patrizio, orgoglioso del successo del proprio figlio nelle scuole di Tagaste e Madaura, decise di mandarlo a Cartagine per prepararlo alla carriera forense, ma ci vollero molti mesi a raccogliere il denaro necessario, e Agostino passò il suo sedicesimo anno a Tagaste, in un ozio in cui si scatenò una grande crisi intellettuale e morale.

Nel 383 Agostino, all'età di 29 anni, cedette all'irresistibile attrazione che l'Italia aveva per lui; a causa della riluttanza della madre a separarsi da lui, dovette ricorrere ad un sotterfugio ed imbarcarsi con la copertura della notte.

Non appena giunto a Roma, dove continuò a frequentare la comunità manichea, si ammalò gravemente. Quando guarì aprì una scuola di retorica ma, disgustato dai trucchi dei suoi alunni, che lo defraudavano spudoratamente delle loro tasse di istruzione, fece domanda per un posto vacante come professore a Milano. Il praefectus urbi Quinto Aurelio Simmaco lo aiutò ad ottenere il posto con l'intento di contrastare la fama del vescovo Ambrogio. Tuttavia, dopo aver fatto visita al vescovo Ambrogio, iniziò a seguire regolarmente le sue predicazioni.

Agostino conobbe la dottrina cristiana e, nella sua mente, iniziarono a fondersi la filosofia platonica ed i dogmi rivelati. La solitudine di Cassisiaco (l'attuale Cassago Brianza) gli permise di realizzare un sogno a lungo inseguito: nei suoi libri Contra academicos, Agostino descrisse la serenità ideale di questa esistenza, animata solamente dalla passione per la verità. Inoltre completò l'istruzione dei suoi giovani amici, ora con letture in comune, ora con conferenze filosofiche alle quali, qualche volta, invitava anche Monica, ed i cui racconti, trascritti da un segretario, furono la base dei "Dialoghi". Licenzio avrebbe ricordato in seguito nelle sue Lettere le mattinate e le serate di filosofia durante le quali Agostino era solito intraprendere disquisizioni che si elevavano molto al di sopra dei luoghi comuni. I temi favoriti di queste conferenze erano la verità, la certezza (Contra academicos), la vera felicità nella filosofia (De beata vita), l'ordine provvidenziale del mondo e la sua perfezione matematica (De Musica), il problema del male (De ordine) ed infine Dio e l'anima (Soliloquia, De immortalitate animae).

Verso l'inizio della quaresima del 387, Agostino si recò a Milano dove, con Adeodato ed Alipio, prese posto fra i competentes per essere battezzato da Ambrogio il giorno di Pasqua. Fu a questo punto che Agostino, Alipio, ed Evodio decisero di ritirarsi nella solitudine dell'Africa. Agostino rimase a Milano fino all'autunno, continuando i suoi lavori (De immortalitate animae e De musica). Poi, mentre era in procinto di imbarcarsi ad Ostia, Monica morì. Agostino, allora, rimase per molti mesi a Roma occupandosi principalmente della confutazione del Manicheismo. Tornò in Africa solo dopo la morte dell'usurpatore Magno Massimo (agosto 388) e, dopo un breve soggiorno a Cartagine, ritornò a Tagaste.