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PITTORI: Maestro fiammingo

Sant'Agostino e una devota canonichessa olandese

Sant'Agostino cardioforo

e una devota canonichessa olandese

 

 

MAESTRO FIAMMMINGO

1525-1550

Chicago, Art Institute

 

Sant'Agostino e una devota canonichessa olandese

 

 

 

Questa interessante tavola opera di un anonimo pittore fiammingo ci presenta un sant'Agostino con i suoi attributi episcopali. In testa ha una mitra alquanto elegante, così come il pastorale che regge con la mano destra. Lo stesso piviale denota una grande ricchezza di particolari e ottime fattezze esecutive. L'eleganza del santo è ulteriormente arricchita dai guanti: con la mano sinistra regge inoltre un cuore rosso. Il volto di Agostino è piuttosto grossolano dai lineamenti nordici di una persona piuttosto corpulenta. Ai suoi piedi in ginocchio notiamo in preghiera una canonichessa olandese agostiniana.

L'opera con tutta probabilità costituisce una espressione di devozione da parte della dedicante.

La scena si svolge in un ambiente campestre di indubbia bellezza e ariosità del panorama. La tavola fu realizzata nel periodo 1525-1550 ed oggi è conservata a Chicago all'Art Institute.

 

La nascita dell'Ordine agostiniano, soprattutto nel Trecento e Quattrocento, costituì un forte stimolo alla produzione iconografica che celebrava le attività e i lavori quotidiani che contraddistinguevano la vita nei monasteri medioevali. I miniaturisti e i pittori cercarono inoltre di riprodurre fedelmente i rapporti che intercorsero fra Agostino e le sue comunità monastiche con l'evidente scopo di sottolineare la continuità fra gli antichi e i contemporanei insediamenti monastici.

Quando arriva a scrivere che i monaci si sostengono con il lavoro delle proprie mani, aggiunge press'a poco un discorso come il seguente. Questi monaci praticano dei digiuni veramente incredibili, non rifocillando il corpo che una volta al giorno al fare della sera. Si può spiegare tale digiuno a partire dal loro lavoro manuale? Per vivere e per avere beni da mettere in comune si guadagnano i mezzi con il lavoro delle proprie mani e - qualcuno potrebbe pensare - lavorano talmente tanto da dedicarsi per questo alla pratica del digiuno. Sbaglia chi pensasse in questo modo : nella loro vita monastica il digiuno entra non per motivo economico, e neanche come ideale ascetico nel senso di un mezzo cioè che permette di avvicinarsi a Dio perché diventato l’uomo più libero delle cose di questo mondo.

Essi vivono un digiuno che, certamente, ha un rigore ascetico, ma a ben guardare esso non è altro che la traduzione ascetica della regola di carità che troviamo affermata nelle Lettere di Paolo.

Anche se l'Ordine agostiniano è abitualmente conosciuto come Ordine di Sant'Agostino (Ordo Sancti Augustini, OSA), Agostino non ne è il fondatore. Fu papa Alessandro IV a volerlo, ma questo non significa che non ci sia un vitale e spirituale rapporto tra Agostino e l'OSA, poichè è possibile provare la continuità storica tra Agostino e l'OSA. Dopo la conquista araba del nord d'Africa nel secolo VII, il monachesimo agostiniano si trasferì e si sviluppò in Europa. I movimenti eremitici dei secoli XII e XII, che avevano segnato una reazione contro il declino dell'ideale monastico delle abbazie, furono chiamati dai Papi all'apostolato nelle crescenti città.

Così i Papi segnalarono il ruolo apostolico anche agli eremiti agostiniani. A questo scopo il Papa Alessandro IV proclamò il 9 aprile 1256, nella bolla Licet Ecclesiae Catholicae l'unione degli eremiti della Tuscia, dei Giamboniti, degli eremiti del Brettino, dei Guglielmiti e di altri eremiti di sant'Agostino. Questa unione è conosciuta come la grande unione (Magna Unio). Il nuovo Ordine ottenne i privilegi degli Ordini mendicanti, e si diffuse per quasi tutta l'Europa.

Alla fine del medioevo c'erano circa 2.000 conventi, con 30.000 membri. L'attività del nuovo Ordine fu prevalentemente lo studio e la predicazione. Unirono la vita contemplativa e quell'attiva, la perfezione individuale si cercava attraverso la preghiera e la pratica dei voti, e la santificazione del prossimo per un largo esercizio dell'attività apostolica.

 

"Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!": sono le parole con le quali si apre il Salmo 132, centrato sullo straordinario valore della vita fraterna. È il testo biblico che Agostino legge e analizza ampiamente nel suo Commento al Salmo 132. I Salmi hanno occupato infatti un posto rilevante nella vita e nella spiritualità dell'Ipponate, prova ne è il fatto che li ha commentati tutti, con molta attenzione e cura. Per Agostino la vita che si conduce nel monastero diventa in piccolo l'immagine dell'unità della Chiesa.

 

Oltre all'esperienza personale, un'altra fonte d'ispirazione per Agostino è sicuramente la Sacra Scrittura con il vivo esempio della prima comunità apostolica di Gerusalemme . Nella concezione di Agostino, infatti, ogni persona che decide di entrare in convento deve assolutamente cambiare la sua identità per assumerne un'altra: quella di Cristo che è venuto per servire e, dunque, deve essere una persona nuova, che è lì per dare e non per prendere. Non è più un singolo, ma è uno insieme con gli altri: un'anima sola ed un cuore solo in Dio. «Et erat illis, anima una et cor unum in Deum» . Agostino aggiunge che è bello e dolce vivere insieme mettendo tutto ciò che si possiede a disposizione di tutti gli altri: «Et ipsi primi habitaverunt in unum, qui omnia quae habebant vendiderunt, rerumque suarum pretia ad pedes Apostolorum posuerunt» .

Il monaco non può possedere nulla di suo, ma tutto deve essere dato ad ognuno secondo le sue necessità: «Et distribuebatur unicuique sicut cuique opur erat; et nemo dicebat aliquid proprium, sed erant illis omnia communia» . Nella vita di comunità, dunque, tutto è comune: il singolo, del resto, gioisce o soffre per le gioie o per le sofferenze dei suoi fratelli. Questo significa avere un'anima sola e un cuore unico! Agostino tiene molto a sottolineare che bisogna porre l'unità a fondamento della vita del monaco e del monastero: l'unità deve essere espressione della moltitudine; l'unità di intenti deve essere espressione della molteplicità delle volontà; il desiderio unico di amare Dio deve essere espressione dei diversi desideri di entrare in dialogo con Lui. Tutti i monasteri, che Agostino fonda, hanno come modello e punto di riferimento indiscusso la prima comunità religiosa di Gerusalemme. La Regola stessa prende le mosse da quelle parole: «Vivevano in un sol cuore e in una sola anima», con l'aggiunta tutta agostiniana: "protesi verso Dio".

Agostino cura personalmente la formazione culturale e spirituale dei suoi monaci. A riprova di ciò abbiamo l'opera Le Ottantatre diverse questioni, che contiene le domande dei monaci e le risposte di Agostino. Egli non è uno studioso da tavolino dell'ideale della vita religiosa, ma un uomo che la vita monastica la vive in prima persona e proprio per tale motivo è in grado di scriverne l'esperienza. Ciò spiega anche la modernità dell'ideale monastico di Agostino, che, con grande equilibrio e realismo, sa tenere in piedi l'austerità e la moderazione: «Moderazione e austerità, interiorità e ricerca del bene comune, amicizia schietta e ascesa costante verso Dio, autorità umile ed efficiente e fraternità sincera si fondono in essa per creare un equilibrio mirabile, quell'equilibrio sapienziale che è proprio, per dono di natura e di grazia, del Vescovo d'Ippona».