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PITTORI: Pittore italiano

Sant'Agostino inginocchiato con un libro

Sant'Agostino inginocchiato con un libro

 

 

PITTORE ITALIANO

1570-1590

Roma, Istituto Nazionale per la Grafica

 

Sant'Agostino inginocchiato con un libro

 

 

 

Questo interessante disegno che raffigura un sant'Agostino inginocchiato con in mano un grosso libro risale alla seconda metà del Cinquecento ed è opera di un autore sconosciuto.

Il disegno è stato eseguito su carta preparata di color marrone utilizzando pochi colori: la biacca, la sanguigna e una penna ad inchiostro marrone. Il foglio misura 32,4x23,1 cm.

Agostino volge la testa verso l'osservatore torcendo dinamicamente il busto, il che conferisce una notevole dinamicità alla sua figura.

Il disegno probabilmente è una prova per una composizione più vasta, uno studio preparatorio da inserire in un contesto dallo sviluppo ancora imprevedibile.

Il disegno esprime una delle espressioni più simboliche ed emblematiche che ritroviamo nella iconografia agostiniana. Da solo, con altri santi, nel proprio studio o nei luoghi più disparati, gli artisti si sono spesso cimentati nell'esprimere questa sua qualità di saper trasmettere attraverso la parola o lo scritto delle verità interpretative profonde.

 

La Lettera "De praesentia Dei", scritta da Agostino a Dardano in risposta a un quesito di quest'ultimo, è un vero e proprio trattato sul tema della presenza di Dio e dell'inabitazione dello Spirito Santo. Nell'opera Agostino espone con maestria una verità che ha due facce: l'aspetto naturale della presenza di Dio (cioè come e perché Egli è presente in tutti) e quello soprannaturale (cioè la presenza dello Spirito Santo ovvero della Trinità nell'uomo).

 

1. 1. Riconosco, carissimo fratello Dardano, per me più illustre a causa della carità di Cristo che non dell'alta dignità che hai in questo mondo, riconosco di rispondere alla tua lettera con più ritardo di quanto non avrei dovuto. Non chiedermi - ti prego - le cause di ciò, per non dovermi sopportare, mentre indugio a giustificarmi, più a malincuore di quanto non mi hai sopportato per il ritardo nel risponderti. Preferisco quindi che tu, anziché stare ad esaminare la fondatezza della mia difesa, perdoni senz'altro la mia offesa. Quali che ne siano stati i motivi, sta certo che da parte mia non c'è potuta essere la minima mancanza di stima nei tuoi riguardi. Al contrario, anzi, se ti avessi tenuto in poco o nessun conto, sarei stato assai sbrigativo nel risponderti. Ma nemmeno adesso, perché mi sono finalmente deciso a risponderti, sono riuscito per questo a comporre una buona volta almeno qualcosa degno d'esser letto da te e ch'io possa a buon diritto dedicarti; ma ho preferito inviarti subito una risposta quale che sia anziché lasciar passare ancora quest'estate senza soddisfare il mio debito. Non è valsa nemmeno la tua alta carica a incutermi soggezione e a ritardare la mia risposta, dal momento che è capace d'ispirare più simpatia la tua affabilità che non soggezione la tua dignità. Tuttavia, quanto più grande è il bene che ti voglio, tanto più mi è difficile trovare il modo di soddisfare l'ardente tuo desiderio della verità religiosa.

AGOSTINO, Lettera 187 Trattato sulla presenza di Dio