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PITTORI: Maestro di sant'Agostino

Agostino tra il sangue di Cristo e il latte della Vergine: particolare della scena sulla spiaggia

Agostino tra il sangue di Cristo e il latte della Vergine: particolare della scena sulla spiaggia

 

 

MAESTRO DI SANT'AGOSTINO

1550-1590

New York City, mercante d'arte Monroe Warshaw

 

Agostino tra il sangue di Cristo e il latte della Vergine

 

 

 

Il disegno raffigura sant'Agostino che si trova in mezzo alla apparizione di Cristo e Maria. Sempre in primo piano a sinistra vediamo un abate inginocchiato e altri tre donatori.

Agostino, nella sua dignità di vescovo, è inginocchiato con nella mano sinistra il bastone pastorale e nella mano destra un cuore fiammante. Ai suoi piedi, in segno di umiltà, è stata deposta la mitra. Numerose, più di dieci, sono le persone inginocchiate che assistono, con il donatore, alla scena. Sullo sfondo si vede un monastero e una chiesa. Il disegno misura 19 x 40 cm.

La scena principale è accompagnata da altri due episodi, che sono descritti in lontananza a destra e a sinistra. Sullo sfondo a sinistra Agostino medita sotto un fico: è probabilmente il ricordo dell'episodio del tolle lege nel giardino della sua casa a Milano. A destra invece, lungo la riva di uno specchio d'acqua, Agostino incontra un bambino, scena che ricorda un leggendario episodio relativo la suo tentativo di scoprire il mistero della Trinità.

La scena principale si riferisce a una leggenda che nasce probabilmente in Italia. Diversi pittori si sono ispirati a essa che trae spunto da passi delle sue meditazioni: il santo è presentato innanzi al Cristo crocefisso ed alla Vergine, mentre, pregando, si domanda: "Hinc a vulnere pascor", e, volgendosi verso Maria, soggiunge: "Hinc lactor ab Ubere", concludendo: "Positus in medio quod me vertere nescio, Dicam ergo Jesu Maria miserere". Sembra che l'episodio prenda spunto da un passo della S. Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et S. R. E. doctoris vita di Cornelius Lancelotz (1574-1622) O.S.A. edito ad Anversa nel 1616.

Lancillottus scrive, riportando parole apocrife di Agostino: "Positus in medio quo me vertam nescio. Hinc pascor a vulnere, hinc lactor ab ubere." La medesima scritta fu riportata da Francesco Francia e poi da Kartarius, un incisore nativo di Viterbo, che lavorò a Roma fra il 1560 e il 1570, nella sua stampa della Vita di Agostino edita nel 1570.

 

La leggenda di Agostino che incontra un Bambino sulla riva di una spiaggia è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".

Questa leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).

Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità.

L'episodio descritto in questa leggenda è abbastanza noto: Agostino, grande indagatore del problema del Bene e del Male, un giorno passeggiava per una spiaggia quando incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo. Ciò detto sparì, lasciando il grande filosofo nell'angoscia più completa.