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PITTORI: Giovanni Mansueti

Girolamo appare ad Agostino

Girolamo appare ad Agostino

 

 

GIOVANNI MANSUETI

1485 - 1527

Londra, Collezione R. Langton Douglas

 

Girolamo appare ad Agostino

 

 

 

Mansueti è documentato a partire dal 1485 ed è autore veneto che segue la lezione del maestro Gentile Bellini di cui fu allievo. La sua arte è sensibile anche all'influsso di Cima da Conegliano e di Carpaccio. In questa tela si cimenta nella illustrazione di scene di vita di una fraternità agostiniana. I monaci, in saio nero, si muovono indaffarati in mezzo alle brillanti architetture del monastero. Uno di loro è in ginocchio davanti a un altare in preghiera.

A sinistra, nel locale della biblioteca, Agostino è seduto allo scrittoio: il suo viso e la sua espressione sono come rapiti dalla visione di san Gerolamo, che gli appare incorniciato in un'aureola di angeli. Un monaco continua il suo lavoro senza accorgersi di nulla. La spiritualità della scena è interrotta dalla vita che gli scorre intorno.

 

Formatosi nella bottega di Gentile Bellini, Mansueti si distinse per le sue grandi pale d'altare e il suo trattamento di soggetti religiosi, come le tele della serie Scene della vita di San Marco per la Scuola Grande di San Marco a Venezia (oggi disperse nei musei a Venezia, Milano, e di Vaduz). Il suo capolavoro è il Miracolo della Vera Croce (oggi nelle Gallerie dell'Accademia, Venezia). Questa composizione è affollata di figure incastonato tra gli edifici fantasticamente concepito che ricordano il mondo di Gentile Bellini e Carpaccio.

 

La leggenda viene riferita da Petrus Calo Clugiensis (il frate predicatore domenicano Petrus Calo de Clugia ossia da Chioggia) nel 1348 (Acta Sanctorum, settembre, VII, 423) e ripresa da Ludovicus de Angelis nel suo Libri VI de vita et laudibus S. Patris Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et Ecclesiae doctoris eximii, pubblicato a Conimbricae nel 1612.

Questo episodio si riferisce al contenuto di una lettera apocrifa in cui Agostino assicura di avere visto in sogno Gerolamo e san Giovanni Battista. Quest'ultimo gli spiega che la sua terza corona è quella del martirio:

"Cogitas Augustine quid laudis debeas de Hieronymo in veritate proferre ... Sertum vero tertium, quod plus illo fero, aureola martyrii est ... Serta vero duo alia, quae habemus, aureolae sunt quae solum virginibus et doctoribus dantur, ut ab aliis discernantur." Il testo prosegue cercando di introdurre il senso della beatitudine celeste e riporta ancora: "Avide cogitans, qualis inesset animabus beatorum, qui cum Christo gaudent, gloriae et laetitiam quantitatis ... ut brevem scriberem epistolam sanctissimo Hieronymo destinandam, ut quidquid ex hoc sentiret, responderet ... cumque iam scribens salutatio-nis exordium Hieronymo praenotarem, ineffabile subito lumen nostris invisum temporibus nostrisque minime linguis declarandum cum ineffabili inauditaque odorum omnium fragrantia, cellulam, in qua stabam, intravit, hora iam completorii. Quo a me viso, stupore admirationeque commotus, animi et membrorum virtutes repente amisi. Nesciebam enim tunc quod dextera mirabilis Dei exaltasset servum suum, notas faciens in populis vitutes suas; nesciebam etenim quod Deus antiquae miserationis servuum suum fidelem a carnis immunditiis dissolvisset et tam sublimen ei in caelo sedem parasset ... Inter haec autem meis in me perstrepentibus cogitationibus quid hoc esset, de luce haec dicens verba vox emicuit: Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?"

PSEUDO AGOSTINO, Epistola ad Cyrillum Ierosolymitanum episcopum 33, 1126