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PITTORI: Romano Parmeggiani

Omaggio alla conversazione di Agostino

Omaggio alla conversazione di Agostino

 

 

ROMANO PARMEGGIANI

1985

Raccolta privata

 

Omaggio alla conversazione di Agostino

 

 

 

 

L'autore ha trattato un tema inusuale, che possiamo distinguere in due aspetti: un omaggio alla conversazione di Agostino con due donne, la madre e probabilmente la donna innominata che fu sua compagna e gli diede un figlio a Cartagine. Ma pure, per la presenza di un grande Cristo vicino ai tre, un richiamo alla Chiesa come luogo d'incontro dei cristiani. Tant'è che il sottotitolo della tela è non a caso "Noi siamo la Chiesa, noi siamo la sposa." La ieraticità delle figure conferisce alla scena una grande staticità che la rende quasi indipendente dal tempo per farla assurgere a simbolo quasi eterno al di là di ogni generazione umana.

"La singolarità di Parmeggiani oltrechè da quell'iperealismo degli spessori della storia cui ho accennato, è data dalla sostanziale mediazione spettacolare, teatrale, manieristica che egli fa di miti e visioni laiche, meglio neopagane, e che non sono subito utilitarie e di facile consumo. In questa certezza apparente di immagini, ogni figura è precaria, direi soltanto tenuta in piedi da un pittore il quale mostra un pensiero dominante della chiarezza, della costruzione e di una nuova annunciazione che dovrà pure esserci, che ha qualcosa, nella tensione lirica e nella moralità, del delirio per il serale orizzonte di un Caspar David Friedrich."

La città rovinata, e come ricostruita in teatro, è quasi sempre il luogo storico dell'immaginazione dove scatta un gesto nuovo di vita dei sensi, di vita dei pensieri, di annunciazione. La natura è quasi sempre di serena tragicità: sia esemplificata dall'antico iguana di un verde pietrificato ma anche sopravissuto a molte civiltà umane sia esemplificata dall'alberello dei prati romani di periferia o dei giardini veneziani o ancora dall'erba che cresce su dalle pietre. Il trompe-l'oeil sulla storia è forte, ma la trappola per il nostro sguardo ci porta un grosso interrogativo sul nostro presente, sulla città e sulle annunciazioni possibili.

di Dario Micacchi (Tratto dal catalogo "Triveneta delle Arti" - 2° Rassegna degli Artisti delle Tre Venezie, Villa Contarini Simes, Piazzola sul Brenta - Padova 1975)

 

Il santo viene frequentemente raffigurato nelle sue vesti di vescovo e di Dottore della Chiesa. Spesso Agostino è associato ad altri santi e soprattutto agli altri tre Dottori Gerolamo, Ambrogio e San Gregorio Magno. Con questi ultimi fu praticamente raffigurato in tutte le chiese cristiane d'Occidente sui piloni o sulle volte del presbiterio e della navata centrale. Appare vestito sia da vescovo che da monaco che da canonico; talvolta ha una chiesa in mano, altre volte un libro, una penna o un cuore. Il significato di questo tema iconografico è chiarissimo: Agostino è stato uno dei vescovi che ha maggiormente difeso la Chiesa in tutti i suoi scritti e soprattutto con tutta la sua anima e il suo cuore.

 

8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.

8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.

8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.

8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.

8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.

8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.

POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6