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PITTORI: Rosario Maria

Sant'Agostino cardioforo e il De Trinitate

Sant'Agostino cardioforo e il De Trinitate

 

 

ROSARIO MARIA

1930

Andria, Basilica della Madonna dei Miracoli

 

Sant'Agostino cardioforo e il De Trinitate

 

 

 

Nel vano della navata sinistra prossimo all'abside della basilica della Madonna dei Miracoli ad Andria, si scopre una tela che raffigura sant'Agostino in abiti episcopali. Il santo ha un aspetto ieratico e severo: il suo viso è segnato dalle rughe dell'età avanzata e mostra una foltissima barba bianca che gli copre tutto il mento fino al petto. Sotto il piviale il santo mostra la tunica neri dei monaci agostiniani. Questo particolare ricorre frequentemente nella sua iconografia e vuole esprimere la diretta discendenza dei monaci da Agostino come loro Padre fondatore. L'opera è firmata "Sr. M. Rosario Relig. Agostiniana - Milano 1930"e raffigura un Agostino quasi "statuario". Nella mano destra regge il pastorale mentre nella sinistra regge il simbolico cuore ardente ed il suo libro "De Trinitate".

Nel libro nono delle Confessioni Agostino si esprime con queste parole: sagittaveras tu cor meum charitate tua, hai ferito il mio cuore - ricorda Agostino - con il tuo amore. Esse esprimono in forma poetica il grande amore che Agostino aveva per Dio. Un amore così grande da essere rappresentato simbolicamente con un cuore fiammante trafitto da una freccia. Questo tipo di rappresentazione godrà di grandissima fortuna iconografica dal 1600 in poi, tanto da essere un punto fermo nel logo che lo stesso Ordine Agostiniano adotterà per il suo Stemma Ufficiale. Il cuore è l'elemento caratteristico di questo tema iconografico: Agostino lo tiene in mano, talvolta è attraversato da una freccia, o anche viene offerto al Signore.

L'immensa opera letteraria di Agostino conobbe dei vertici straordinari, che segnarono la cultura per millenni. Fra i suoi testi più letti e studiati va sicuramente annoverato il De Trinitate, un'opera in cui il santo cerca di comprendere il mistero che avvolge le tre persone divine. Questa sua indagine lo ha reso famoso nel tempo: una sua tipica rappresentazione iconografica ricorda infatti la sua ricerca che si svolge e si conclude in riva al mare, su una spiaggia dove un bambino gli spiega perché vano è il suo tentativo di comprendere.

Un angioletto alla sua destra dispiega una pergamena con una sua celebre frase tratta dalle "Confessiones" (V, 5, 7): "Infelix homo qui scit multa, Te autem nescit; beatus autem qui Te scit, etiam si omnia alia nescit."

In realtà il testo originario recita: "Infelix enim homo qui scit illa omnia, te autem nescit: beatus autem qui te scit, etiam si illa nesciat."

Nel piano inferiore altri angioletti nella nuvola in cui appare il Santo mostrano altri tre testi e precisamente: "Ama et fac quod vis! ... Amando ascende quam plus amaverit tanto plus ascende! " (In Ps. LXXXIII, X).

Questa frase si rinviene parzialmente "In Epistolam Ioannis ad Parthos tractatus decem" nel tractatus n. 7: "Dilige, et quod vis fac: sive taceas, dilectione taceas; sive clames, dilectione clames; sive emendes, dilectione emendes; sive parcas, dilectione parcas: radix sit intus dilectionis, non potest de ista radice nisi bonum existere."

Altra frase tratta dall'incipit delle "Confessiones": "Fecisti non Domine, ad Te, et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in Te". 

Completa, la frase così recita: "Tu excitas, ut laudare te delectet, quia fecisti nos ad Te et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in Te." L'ultima frase "Ante omnia Fratres carissimi, diligatur Deus, Deinde Proximus" è tratta dalla Regula al Cap. I.