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PITTORI: Miniaturista tedesco

Visione di frate Alberto da Brescia

Visione di frate Alberto da Brescia

 

 

MINIATURISTA TEDESCO

1450-1475

Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica, Pal. lat. 361

 

Visione di frate Alberto da Brescia

 

 

 

La miniatura, a tutta pagina, delle dimensioni di 40x28 cm circa si trova nel manoscritto Pal. Lat. 361 "Expositio in quartum librum sententiarum" di San Tommaso d'Aquino. Il codice si trovava nel convento di Sobernheim nel Palatinato, ma dopo la Riforma protestante il codice fu trasferito ad Heidelberg e da qui poi in Vaticano. Non si conoscono gli altri tre volumi dell'opera di san Tommaso, che commentavano il Liber sententiarum di Pietro Lombardo. Quest'ultimo libro, scritto nel XII secolo, raccoglieva in modo organico le argomentazioni dei Padri della Chiesa e, durante il IV Concilio Lateranense del 1215, era stato scelto come testo per l'insegnamento della teologia nelle Università.

Al foglio 12r del codice 361 si trova una delle rare miniature del testo, che riveste una notevole importanza nella espressione iconografica agostiniana. L'episodio che è descritto, è narrato nelle prime opere biografiche di san Tommaso: la Ystoria sancti Thomae de Aquino di Guglielmo da Tocco (1319-1323), la legenda sancti Thomae de Aquino di Bernardo Gui e la Vita sancti Thomae de Aquino di Pietro Calò. Questi autori narrano che Alberto da Brescia, al secolo Alberto Mandugasino, teologo domenicano del convento di san Domenico a Brescia, chiedeva spesso nelle sue preghiere a Dio, alla Vergine e a sant'Agostino di vedere la gloria di Tommaso.

Un giorno mentre pregava davanti all'altare della Vergine gli apparvero due figure luminose. La prima portava la mitra mentre l'altra indossava l'abito domenicano, con intesta una corona d'oro e pietre preziose.

Alberto chiese ai due chi fossero. Il vescovo gli rispose di essere Agostino e che le sue preghiere erano state accolte. Nel cartiglio sopra la testa dei due personaggi si legge: "Ego sum Augustinus missus ad te ut indicarem tibi gloria fratris mei Thomae de Aquino qui hic mecum est ipse michi in gloria est equalis per virginitatis aureola me precellit et ego ipsum in pontificali ordine dignitatis".

Con queste parole Agostino indica ad Alberto che Tommaso è un suo figlio spirituale in quanto seguì la dottrina apostolica e la sua, come simbolicamente esprimono le pietre preziose e il diamante che rifulge sul suo petto. Aggiunge poi che le pietre preziose rappresentano i numerosi libri scritti da Tommaso che "è pari a me nella gloria e se lui mi sorpassa nella verginità, io lo precedo nella dignità episcopale".

Il racconto della visione di frate Alberto viene riportata nel processo di canonizzazione e viene inserita nell'ufficio liturgico di san Tommaso.

La trasmissione di questo episodio nel primo Trecento rivela l'attenzione che veniva accordata al legame privilegiato fra l'ordine domenicano e sant'Agostino. La visione di frate Alberto viene citata ancora nel Quattrocento da Lorenzo valla nell'Encomium Sancti Thomae Aquinatis del 1457 e dal suo inserimento in alcune versioni della Legenda Aurea, come quella tradotta da William Caxton in inglese nel 1483-1484.

La miniatura nella sua struttura compositiva utilizza tutti gli elementi definiti dalle fonti letterarie. Un arco che poggia su due colonne introduce ad un ambiente sacro. Sulle due colonne si notano le figure di Davide e di un altro profeta. Frate Alberto, inginocchiato davanti all'altare, curiosamente indossa il saio dei francescani. Sta meditando su un passo del libro che tiene fra le mani ai piedi dell'altare dove è posto un crocifisso con Maria e Giovanni.

Davanti al frate sono ritti in piedi Agostino e Tommaso d'Aquino raggianti di un fascio di luce che li pervade per tutto il corpo. Agostino indossa i paramenti episcopali ed ha un viso abbastanza giovanile, senza barba, con folti capelli riccioluti che scendono dalla mitra che porta in testa. Con l'indice della mano destra indica san Tommaso che gli sta di fianco. Costui porta una corona in testa, collane e indossa un ricchissimo manto ricolmo di gemme e fermato al petto da una chiusura a forma di cuore.

Entrambi i santi hanno la testa avvolta da un nimbo molto appariscente e di notevoli dimensioni. l'episodio è raro nella iconografia agostiniana e si conosce un unico altro esempio in un retablo che Berruguete ha dipinto con soggetto agostiniano verso il 1494 per la chiesa domenicana di san Tommaso ad Avila.