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PITTORI: Jean Van der Moere

Presentazione del Catholicon a sant'Agostino

Presentazione del Catholicon a sant'Agostino

 

 

JAN VAN DER MOERE

1481-1484

Bruxelles, Biblioteca Reale

 

Presentazione del Catholicon a sant'Agostino

 

 

 

Jean Van der Moere ha raffigurato in questa miniatura del ms. 9121, f. 1r, conservato a Bruxelles nella Biblioteca reale, la presentazione ad Agostino del libro Catholicon che dovrebbe essere quello famoso per tutto il medioevo del domenicano Giovanni Balbi da Genova, portato a termine nel 1286.

Il manoscritto proviene dalla Certosa di Vallée Royale dove fu realizzato nel periodo 1481-1484. Nella miniatura vediamo Agostino seduto in trono con i suoi paramenti episcopali e la mitra in testa. Il suo volto non porta la barba ed ha una espressione assorta e quasi mistica. Nella mano sinistra regge un cuore. Ai suoi piedi vediamo affollarsi un gran numero di personaggi soprattutto religiosi. A sinistra un laico, forse identificabile con lo scriba Nicolas Craywerve gli sta consegnando il libro, mentre sulla destra un certosino prende la parola probabilmente per i illustrare la genesi dell'opera. Il Catholicon è una sorta di dizionario, che raccoglie in forma di voci in ordine alfabetico vari argomenti tratti dalle opere del vescovo d'Ippona, redatto e miniato nei primi anni del nono decennio del secolo nella certosa della Vallée Royale, nei pressi della città di Aalst. In diversi fogli del codice sono inseriti gli stemmi dei Van der Moere, una famiglia di artisti di Gand, di cui faceva parte Jean, citato nel 1485 nella gilda dei pittori della città come miniatore.

La Summa Grammaticalis, più conosciuta come Catholicon (dal greco Καθολικόν, universale) è un dizionario latino medievale, realizzato nel 1286 dal domenicano Giovanni Balbi da Genova (Johannes Balbus da Janua). Il titolo dell'opera vuole esprimere il carattere universale della dottrina nelle finalità dell'autore, che dice: "vel si magis placet liber iste vocetur Catholicon eo quod sit communis et universalis; valet siquidem ad omnes fere scientias". Nell'opera si tratta di ortografia, prosodia, grammatica, retorica, etimologia. L'autore si avvalse per la compilazione attingendo da Donato, da Prisciano, da Isidoro di Siviglia, da Uguccione da Pisa, ma soprattutto da Papias che è senza dubbio la fonte principale; adoperò anche il Graecismus di Eberardo di Béthune e le opere di Rabano Mauro, nonché "excerpta" di scritti patristici, particolarmente da Girolamo, Agostino, Ambrogio e Gregorio Magno. La ricchezza delle voci registrate, le ampie digressioni morfologiche e sintattiche, le dichiarazioni etimologiche e semantiche, ne fecero il trattato più completo, al quale attinsero i dotti del Trecento, tra cui Petrarca e Boccaccio. Il testo, rivolto principalmente al clero, era stato pensato come un sussidio che potesse facilitare la comprensione della Bibbia in latino.