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PITTORI: Nicolas Camusat

La scena del tolle lege nel giardino di Milano

La scena del tolle lege nel giardino di Milano

 

 

CAMUSAT NICOLAS

1651

Parigi, ed. Camusat e Le Petit

 

La scena del tolle lege nel giardino di Milano

 

 

 

L'immagine è riprodotta da una edizione parigina seicentesca della Confessioni dal titolo "Les Confessions de S. Augustin" Traduites en Francois par monsieur Arnaud D'Andilly troisieme edition Camusat et Le Petit, Parigi 1651. Di piccole dimensioni (16x9,5 cm, pp. 600 + indice) l'opera al colophon porta la data 1649.

Occhietto ed antiporta mostrano una calcografia.

Agostino nella raffigurazione dell'artista se ne sta seduto con un'aria giovanile sotto un albero di fico nel suo giardino milanese. Si appoggia con il braccio sinistro ad una grossa pietra dove è scolpita la dicitura Les Confessions de saint Augustin, un chiaro riferimento all'opera proposta nel libricino.

In prospettiva si può notare un elegante giardino sul cui sfondo si notano alberi in gruppo e un'entrata monumentale. Sulla sinistra si intravede un imponente palazzo con davanti una persona seduta.

Dall'alto, a sinistra, scende un portentoso raggio di luce che ingloba la scritta "Tolle, lege" la stessa espressione Agostino utilizza nelle sue Confessioni.

Probabilmente questa scena, vera senza dubbio in molti, probabilmente in tutti, i suoi particolari, è stata redatta con la preoccupazione di dimostrare appunto il contrario di ciò che taluno ha creduto di scorgervi: di mettere in luce cioè l'impotenza dell'uomo a operare da solo la propria salvezza e la necessità dell'intervento, subito efficace della grazia divina, intervento che non ha nulla di miracoloso.

Possiamo anche ammettere che il testo paolino, di contenuto così caratteristicamente etico, e inserito in una esortazione morale ed escatologica, fosse per l'appunto quello che Agostino lesse effettivamente, ricavandone la forza di tradurre in atto i progetti che da qualche tempo maturavano nella sua mente.

 

E, come racconta nelle Confessioni, recatosi in giardino, si mise sotto una pianta a piangere amaramente, e diceva: - Quanto tempo ancora? Quanto ancora? Domani, domani ! ancora un po' di tempo. Ed era desolato di non sapersi decidere o a restare nel mondo o a consacrarsi a Dio.

JACOPO DA VARAGINE, Legenda Aurea

 

Così parlavo e piangevo nell'amarezza sconfinata del mio cuore affranto. A un tratto dalla casa vicina mi giunge una voce, come di fanciullo o fanciulla, non so, che diceva cantando e ripetendo più volte: «Prendi e leggi, prendi e leggi». Mutai d'aspetto all'istante e cominciai a riflettere con la massima cura se fosse una cantilena usata in qualche gioco di ragazzi, ma non ricordavo affatto di averla udita da nessuna parte ... Tornai al luogo dove stava seduto Alipio e dove avevo lasciato il libro dell'Apostolo all'atto di alzarmi.

Lo afferrai, lo aprii e lessi tacito il primo versetto su cui mi caddero gli occhi. Diceva: « Non nelle crapule e nelle ebbrezze, non negli amplessi e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non assecondate la carne nelle sue concupiscenze ... » Non volli leggere oltre né mi occorreva. Appena terminata infatti la lettura di questa frase, una luce, quasi, di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono.

AGOSTINO, Confessioni 8, 12, 29