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PITTORI: Maganza Alessandro

Agostino con Monica e Nicola da Tolentino

Agostino con Monica e Nicola da Tolentino

 

 

MAGANZA ALESSANDRO

1605-1610

Gravedona, chiesa santa Maria delle Grazie

 

Agostino con Monica e Nicola da Tolentino

 

 

 

Questa pala è stata realizzata a olio su tela e riporta l'iscrizione in basso a destra "Alexand. Magant. Pingeb."

Il soggetto dell'opera riunisce una triade agostiniana con i santi Agostino, Monica e Nicola da Tolentino. Quest'ultimo è raffigurato a sinistra mentre un angelo inginocchiato offre su un vassoio i pani ad Agostino. Non si conoscono le vicende storiche che hanno portato questo quadro a Gravedona, che è appeso alla parete della cappella a sinistra del presbiterio. l'opera si trova di fronte a un altro dipinto seicentesco con la Madonna della Cintura e i santi Agostino e Nicola da Tolentino.

La pala esprime caratteri stilistici tipicamente veneti, con influssi di Palma e un classicismo affine all'Orbetto e Andrea Vicentino.

La firma in pedice al quadro va interpretata come Alessandro Maganza. Sfuggono tuttavia le vicissitudini che hanno portato alla commissione di questo quadro: è probabile che sia il frutto di una donazione effettuata da emigrati gravedonesi.

La figura centrale dell'opera è sant'Agostino, raffigurato in età giovanile con tutti i suoi attributi episcopali. Il volto è aggraziato con una folta barba nera. Con la mano sinistra in dica un angelo fanciullo che tiene fra le mani un cucchiaio, simbolo che richiama la leggenda medioevale che vuole Agostino temerario ricercatore del mistero della Trinità.

 

 

Alessandro Maganza

Nacque a Vicenza prima del 1556, figlio del pittore Giovanni Battista Maganza, maestro, tra gli altri, di Andrea Vicentino. Il padre lo avviò fin dalla giovinezza all'arte della pittura, per poi introdurlo nella bottega di Giovanni Antonio Fasolo. Nel 1572 si trasferì a Venezia seguendo il consiglio dell'amico scultore Alessandro Vittoria. Rimase in città fino al 1576, dove conobbe la lezione di Tintoretto e Veronese. Tornato a Vicenza, avviò una fiorente bottega assieme ai suoi quattro figli maschi Giovanni Battista il Giovane (1577), Marcantonio (1578), Girolamo (1586) e Vincenzo (dopo il 1586). Nel 1584 gli fu affidato l'incarico di decorare la chiesa dell'ospedale di san Valentino. Dalla sua fiorente bottega uscirono numerosissime sue opere nelle città venete tra cui Verona, Brescia e Padova. Morì a Vicenza nel 1632, provata dalla epidemia di peste del 1630 che gli portò via ben tre figli. Maganza fu un artista importante e sin dalle prime opere rivelò un sostanziale eclettismo. La lezione di Tintoretto, mediata da Palma il Giovane, si è evoluta con elementi di Veronese. Nella produzione dei primi tre decenni del Seicento si nota sia nella pittura di Alessandro che in quella dei figli, l'impiego di un luminismo intenso associato a un progressivo incupimento dell'intonazione cromatica.