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PITTORI: Giovanni Tedeschi

Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

 

 

GIOVANNI TEDESCHI

1620-1640

Bologna, chiesa del Santissimo Salvatore

 

Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

 

 

 

Le statue laterali della Cappella del Beato Arcangelo Canetoli sono opera di Giovanni Tedeschi (1595-1645) detto il Todeschino, uno scultore bolognese nato a Borgo Panigale. A destra dell'altare di questa prima cappella, sulla parete di sinistra, entro una nicchia si trova una statua in gesso che raffigura sant'Agostino nelle sue vesti episcopali. Ai suoi piedi un fanciullo ignudo regge con entrambe le mani il bastone pastorale. La sua presenza forse ricorda l'episodio leggendario dell'incontro di Agostino con un bambino su una spiaggia mentre meditava sul mistero della Trinità.

L'altare e la cappella un tempo erano sottoposte al giuspatronato della nobile famiglia dei Canetoli che nel 1400, prima dell'avvento dei Bentivoglio, fu protagonista della vita politica di Bologna. La pala d'altare della cappella raffigura "Il Beato Arcangelo Canetoli che rifiuta l'episcopato di Firenze", dipinto nel 1749 da Ercole Graziani (1688 - 1765), allievo di Donato Creti. Il Beato Arcangelo Canetoli nacque a Bologna nel 1460 e morì a Castiglione Aretino nel 1513, entrò nell'ordine dei Canonici Lateranensi del Santissimo Salvatore nel 1484, quindi in età già matura. Portava nelle sue carni le terribili ferite causate dagli odi che mossero i Bentivoglio ad assassinargli il padre e tutti i fratelli. Diventato sacerdote si ritirò nel 1498 nel piccolo e solitario convento dei Canonici a Gubbio, dove si dedicò a preghiere, digiuni e meditazioni. La sua fama si diffuse per le doti di preveggenza di cui era dotato e molti potenti s'incontravano spesso con lui, perché dai suoi colloqui uscivano sempre confortati. Fra questi i Duchi di Urbino e Giuliano de' Medici, Signore di Firenze, quest'ultimo scacciato da Firenze durante la rivolta antimedicea del 1494, si rifugiò presso il Beato che gli predisse che la sua casata sarebbe di nuovo ritornata in onore. Inoltre nel 1510 gli predisse che il fratello Giovanni sarebbe diventato pontefice, come infatti avvenne tre anni dopo, nonostante la sua giovane età e la sua elezione fosse fra le più insperate: divenne Papa Leone X.

 

La chiesa bolognese del Santissimo Salvatore ha origini molto antiche e si tramanda che già intorno all'VIII secolo dei monaci greci vi celebrassero le sacre funzioni e le pratiche di culto. Tuttavia notizie certe si ritrovano solo verso il 1100-1150 quando l'edificio fu occupato dai Canonici Regolari di Santa Maria di Reno che seguivano la regola di sant'Agostino. In seguito essi vennero chiamati Canonici Lateranensi del Santissimo Salvatore. Questi ultimi, intorno alla metà del 1400, la ingrandirono su progetto del maestro muratore bolognese Gaspare Nadi (1418-1504). Con la costruzione nel 1517 di un nuovo chiostro attiguo alla chiesa, si provvide anche alla costruzione di una nuova chiesa più capiente, con l'abbattimento della preesistente. Il disegno fu affidato al padre barnabita milanese, nonché architetto, Ambrogio Mazenta o Magenta (1565-1635). L'esecuzione dell'opera venne affidata all'architetto bolognese Tommaso Martelli (1575-1633), i cui lavori furono avviati nel 1606 e conclusi nel 1623. La fiancata, di linee classiche, denota un carattere maestoso, dovuto per lo più alle due cappelle sporgenti alte quanto la chiesa stessa. La facciata leggermente più sobria, è arricchita di quattro statue in cotto che rappresentano gli evangelisti, opere dello scultore Giovanni Tedeschi, mentre sul tetto nel cornicione del frontone sono collocate tre enormi statue in rame eseguite da Orazio Provaglia nella prima metà del Seicento.

Esse raffigurano Cristo (al centro) e due angeli (ai lati).

L'interno della chiesa è luminoso, con tonalità chiare dei muri sia per le decorazioni che per le colonne che s'intonano con il complesso architettonico. Questa chiesa costituisce il trapasso fra l'architettura rinascimentale e quella barocca e l'originalità dell'architetto Ambrogio Magenta fu quella di progettare una chiesa a navata unica e a pianta longitudinale, dove la campata mediana fosse più larga delle altre due cappelle. Ciò ha permesso la realizzazione di una chiesa molto spaziosa e solenne. Sull'altare maggiore campeggia la pala del "Salvatore" del pittore bolognese Giovanni Francesco Gessi (1588- 649), eseguita nel 1620 su disegno e con l'aiuto di Guido Reni.