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PITTORI: Anonimo di Alessandria

La Madonna della Cintura con Agostino e Monica

La Madonna della Cintura con Agostino e Monica

 

 

ANONIMO DI ALESSANDRIA

XVIII secolo

Alessandria, chiesa di santo Stefano

 

La Madonna della Cintura con Agostino e Monica

 

 

 

La chiesa di S. Stefano è legata alle vicende dell'Ordine dei Servi di Maria. I Serviti, infatti, nel 1728 furono costretti ad abbandonare il loro primitivo convento di S. Stefano in Borgoglio, dove vi si erano stabiliti sin dal febbraio 1287, ed a rinunciare alla funzione parrocchiale della loro chiesa in conseguenza dei noti provvedimenti di Vittorio Amedeo II per la costruzione della Cittadella (1728-1732).

Andato perduto il loro convento i Serviti acquistarono una casa nel cuore della città e si provvidero di una piccola chiesa, benedetta dal vescovo mons. C. V. Ferreri il 7 settembre 1728: avrebbe dovuto avere carattere di provvisorietà, funzionò a lungo.

Solo il 26 settembre 1741, infatti, mons. Mercurio Arboreo Gattinara autorizzò la costruzione di una chiesa nuova e pose la prima pietra il 27 luglio 1742: "Ecclesiae Servorum B.V.M. Divo Stephano protomartyri dictae lapis, quem ad aeternam rei memoriam ill.mus et rev.mus DD. Ian. Mercurinus Arboreus Gattinara episcopus alexandrinus benigne fundavit an. Sol MDCCXLII die XXVII iulii".

Dissensi e incomprensioni causarono la sospensione dei lavori, ripresi solo nel maggio 1766, sino a che il 3 ottobre 1773 il vescovo mons. De Rossi poté consacrare il tempio dedicato, con il convento, a S. Stefano.

Fra le opere d'arte conservata, una delle più pregevoli è costituita dalla pala d’altare dipinta su entrambi i lati, non esposta, ma recentemente restaurata, e che propone al recto una "Madonna della Cintura" e al verso un "San Martino a cavallo" nell’atto di tagliare il mantello per donarlo ad un povero. Per tutta una serie di affinità cromatiche e figurali si pensa che i due dipinti siano stati realizzati dello stesso autore che, con tutta probabilità, è stato un pittore attivo in Piemonte verso la fine del Seicento.

I punti di coincidenza tra i due dipinti sono da ricercarsi tra i colori e le pieghe dei mantelli di San Martino e nel nobile personaggio alla sinistra della composizione, tra gli identici azzurri polvere con fregi giallo-oro dell’abito di San Martino e della nobildonna in adorazione, nelle vaporose e identiche sfumature cromatiche che appaiono nelle nuvole di entrambi i dipinti, ed infine per la presenza di molte analogie tra le fisionomie dei cherubini e di alcun i personaggi. Si tratta comunque di due interessanti dipinti provenienti con buone probabilità da una pala di altare a stendardo. Risultano essere espressioni tipiche di un barocco in cui l’enfasi è addolcita in una più contenuta espressione di sentimenti. Sono moderate le intemperanze cromatiche e compositive tipiche del Barocco a favore di una maggiore compostezza dell’impianto e di più delicati rapporti cromatici.