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PITTORI: Nicolò Porta

S. Anna presenta Maria bambina alla SS. Trinità alla presenza di S. Pietro Celestino, S. Giuseppe, S. Agostino e S. Biagio

S. Anna presenta Maria bambina alla SS. Trinità alla presenza di S. Pietro Celestino,

S. Giuseppe, S. Agostino e S. Biagio

 

 

NICOLO' PORTA

1770-1780

Molfetta, chiesa della SS. Trinità

 

S. Anna presenta Maria bambina alla SS. Trinità alla presenza di S. Pietro Celestino, S. Giuseppe, S. Agostino e S. Biagio

 

 

 

Sulla parete centrale del Presbiterio al di sopra dell'altare maggiore, è collocata una grande tela attribuita a Nicola Porta, raffigurante S. Anna che presenta Maria bambina alla SS. Trinità. Nella parte superiore del dipinto, che misura m 2,20 x 2,90 m, troneggia tra le nuvole, attorniata dagli Angeli, la SS. Trinità.

Nella fascia inferiore assistiamo un raggruppamento di santi dove possiamo riconoscere al centro S. Anna, S. Gioacchino e Maria bambina. Sono circondati da altri santi e cioè S. Pietro Celestino, S. Giuseppe, a sinistra e S. Agostino e S. Biagio, a destra. Agostino è raffigurato come un frate inginocchiato che porta la tonaca nera dei monaci agostiniani. Il suo volto, dalla folta barba grigia, ha un aspetto estatico, quasi si disinteressasse di quanto gli accade intorno per focalizzarsi esclusivamente sulla scena centrale della Trinità. Questa tela, annerita e deteriorata dal tempo, è stata restaurata nel 1999, ad opera della restauratrice Annamaria Chiapparino su commissione del Rettore della chiesa, il sacerdote Dott. Nunzio Palmiotti.

 

La Chiesa extra moenia della SS. Trinità è collocata di fronte alla porta di ingresso della Città Vecchia. A destra è contigua alla chiesa di S. Stefano e a sinistra con un ambiente che anticamente apparteneva alla chiesa di S. Marco. La Chiesa della SS. Trinità a Molfetta + conosciuta anche come chiesa di S. Anna, per il diffuso culto che vi è celebrato verso la Madre di Maria SS. a parte delle gestanti per tutto il tempo della gravidanza. Dalle testimonianze documentali si sa che la chiesa della SS. Trinità esisteva già nel 1154, quando si legge della donazione di un palazzo posto a Molfetta e "confinante con la cocibolina Ecclesiae Sanctae Trinitatis Venusini cenovii".

Nel 1154 questa chiesa apparteneva ai Padri Benedettini del Monastero della Trinità di Venosa. Nel 1297 la chiesa passò agli Ospedalieri di S. Giovanni di Gerusalemme. Il motivo è ricordato da Papa Bonifacio VIII in una sua bolla dove giudicava severamente la amministrazione della Abbazia Venosina e concedeva all'Ordine Ospedaliero il monastero della SS. Trinità di Venosa con tutti i possedimenti e privilegi. La chiesetta è citata anche in un testamento del 1402 del nobile Angelo Vito de Aron. Dal 1446 la chiesa fu retta dai Padri Celestini, una congregazione benedettina soppressa tra il 1768 e il 1776. Gli atti della visita pastorale di Mons. Sarnelli del 1612 riportano l'atto notarile del Notaio Giulio De Leone, dove si rileva che i Padri celestini, costretti ad abbandonare la chiesa, la cedettero alla Confraternita di S. Carlo per un"moggio di oliveto", ricevuto dal confratello Nicola De Gioia. Alla cessazione della attività di questa confraternita la chiesa della SS. Trinità passò alla Diocesi.

 

 

Nicolò Porta

Nasce a Molfetta nel 1710 da Saverio Porta, primo maestro del Giaquinto, e da Angelella dè Gaudio. Gli stretti legami della famiglia Porta col Giaquinto inducono Nicolò a seguire la strada del grande maestro, che frequenta per otto anni a Roma. Dopo il soggiorno romano, ritorna a Molfetta e grazie alla fama di essere “allievo del Giaquinto”, ottiene diverse commissioni a Molfetta, Altamura, Andria, Bari, Bisceglie, Bitonto, Modugno e Nardò. Dopo il matrimonio con la giovane molfettese Anna Maria Azzollini, nel 1747, si sposta in Spagna al seguito del maestro, dove soggiorna dal 1753 al 1762, anno in cui lo stesso Giaquinto ritorna in Italia. Questo periodo segna un momento di svolta nello stile di Porta, poichè gli influssi della decadente pittura spagnola scuriscono le sue tinte. I dipinti assumono un tono più intenso e la stesura pittorica diventa corposa mentre i colori caricano la tensione emotiva rimandando all'opera di Velasquez. Ritornato a Molfetta riprende a lavorare in tutta la Puglia. Muore nel 1784 e viene sepolto nella chiesa di S. Andrea apostolo.

Ad Altamura nella chiesa dell'Annunziata si conserva un suo dipinto che raffigura S. Agostino su una tela ovale.