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PITTORI: Maestro veneziano

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MAESTRO VENEZIANO

1700-1799

Roma, Collezione P. Rosa

 

Sant'Ambrogio accoglie Agostino a Milano

 

 

 

Il dipinto riprende un soggetto che illustra un episodio della vita di Agostino raffigurata solo in rare occasioni. Si tratta dell'accoglienza che sant'Ambrogio riservò ad Agostino al suo arrivo a Milano. La tela misura cm 92 circa di altezza e ben 116 di larghezza. Non è noto il nome dell'autore, che appartiene tuttavia all'orizzonte artistico veneziano, come si può ben evincere anche dai costumi che indossa Agostino assieme ai suoi compagni di viaggio. Un vecchio Ambrogio, con la barba lunga e il corpo esile e magro, accoglie fraternamente il giovane Agostino vestito all'orientale. Assistono alla scena un numero considerevole di persone che accompagnano Ambrogio ed Agostino. Il corteo di Ambrogio, ben più numeroso, è espresso da un susseguirsi di funzionari e da un carro trainato da cavalli. Più modesto, quanto a numero, il seguito di Agostino, che è accomnpagnato da un bambino, da un moro e da altri personaggi con una bandiera. Assistono alla scena anche alcuni poveri e pastori che si trovano lungo la strada. La tela è stata dipinta nel Settecento e si trova attualmente a Roma nella Collezione P. Rosa almeno dal 1976.

 

Il grande incontro tra Ambrogio e Agostino, l'ex funzionario romano nato in Germania (Treviri) ed eletto vescovo per volere del popolo e dello stesso potere imperiale che voleva Milano, città importantissima e sede dell' imperatore, ben presidiata da uno dei migliori funzionari dell' impero, ed il giovane retore africano, uno degli incontri più densi di significato e di conseguenze della storia, non avviene a Milano per caso.

«Et veni Mediolanum ad Ambrosium episcopum», venni appositamente a Milano per ascoltare il vescovo Ambrogio, scriverà Agostino, ritornato nella sua Africa, segnato indelebilmente da Milano e da Ambrogio. E quando nell'anno della morte (430 d. C.) Agostino, vescovo d'Ippona, visse l'ultima estate della sua vita nella sua città stretta d'assedio dai Vandali, fu nel ricordo degli assedi della chiesa di Milano e degli inni di Ambrogio che Agostino, insieme al suo popolo minacciato dalla grande violenza e ferocia dei Vandali, ripeté quei canti nella chiesa d'Ippona. Una mostra che sollecita continue suggestive analogie tra l'ieri e l'oggi e che ci aiuta anche a riflettere sull'autonomia culturale milanese, che si manifesta anche nella liturgia e negli inni sacri. «A Roma seguano le loro usanze; a Milano si fa così» dirà Ambrogio.

Ed è forse anche per questo che il grande vescovo è ancora così presente tra noi. Ambrogio tratterà il giovane Agostino con un certo distacco, ma anche con una profonda attenzione. Agostino inventerà un neologismo per descrivere il modo con cui fu accolto: «episcopaliter». E quell'incontro milanese lo segnerà per sempre.

 

E così quando da Milano giunse a Roma, al prefetto dell'urbe, il mandato per la nomina di un maestro di retorica da assegnare a quella città, addirittura col viaggio compreso, a spese pubbliche, io mi diedi personalmente da fare proprio servendomi di quei vacui esaltati dei manichei - e il bello è che me ne andavo per liberarmi di loro, ma né io né loro lo sapevamo - perché il prefetto allora in carica, Simmaco, una volta superata la consueta prova di tecnica oratoria, nominasse me.

E arrivai a Milano dal vescovo Ambrogio, noto a tutto il mondo come uno dei migliori, tuo devoto cultore, la cui eloquenza dispensava allora con vigore al tuo popolo il fiore del tuo frumento e la gioia del tuo olio e la sobria ebbrezza del tuo vino.

AGOSTINO, Confessioni, V, 13, 23