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Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Agiografia > Santi agostiniani > Nicola da Tolentino > Cicli iconografici > Casale MonferratoSan Nicola da Tolentino: Casale Monferrato

San Nicola da Tolentino: il miracolo delle pernici

La petizione per la beatificazione di San Nicola da Tolentino a Roma
da Papa Giovanni XXII

San Nicola da Tolentino: il miracolo delle rose

San Nicola da Tolentino: la resurrezione di Filippa da Fermo

La guarigione del bambino che aveva ingoiato un chiodo

La liberazione di Amelia

San Nicola da Tolentino: la morte

La liberazione dal demonio di frate Germano

La salvezza di Nazubo da Osimo e dei fratelli Vanni

La liberazione di Lorenzo di Bottone e Bernardo da Montemilone

Papa Giovanni XXII indice il processo di canonizzazione di frate Nicola
CASALE MONFERRATO
ex Convento di Santa Croce
A metà della centralissima via Roma a Casale Monferrato si innalza l'ex chiesa di Santa Croce, caratteristica per la sua facciata rossa. L'edificio venne eretto per contenere un frammento della croce di Cristo.
Di tutta la struttura oggi resta solo il chiostro di Santa Croce, un ex convento agostiniano fondato attorno al XIII secolo. Nel corso dei secoli chiesa e convento sono stati più volte ampliati, trasformati e destinati ad vari usi. Dietro la facciata neoclassica della chiesa, un'opera del Magnocavalli del 1758, si apre il chiostro, caratterizzato da colonne trecentesche in cotto che si presentano di stili differenti.
Il suggestivo chiostro di Santa Croce un tempo era decorato e in alcune lunette erano state dipinte scene con episodi della vita di san Nicola da Tolentino. L'attribuzione degli affreschi è controversa: certa critica li attribuisce a Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, altri critici e storici dell'arte vi riconoscono la mano di un certo Alberini.
Queste lunette sono attualmente custodite al piano terreno del Museo Civico che ha sede nei locali dell'ex convento. Precisamente si trovano nella Sala delle Lunette, che prende il suo nome proprio dagli affreschi di Guglielmo Caccia che raffigurano le "Storie di San Nicola da Tolentino" e che sono stati strappati dal chiostro e fissati su tela.
Oggi l'ex convento ospita il Museo Civico, istituito a metà dell'Ottocento con il legato di Clara Cocconito Leardi, che donò alla città la collezione di cultura extraeuropea formata da Carlo Vidua.
Sulla parete esterna, sotto il porticato, si conserva ancora l'antico accesso alla sala con una decorazione tardo quattrocentesca.
Guglielmo Caccia (Montabone, 9 maggio 1568 - Moncalvo, 1625)
Guglielmo Caccia è soprannominato Moncalvo perche trascorse la giovinezza nel comune di Moncalvo. Fu allievo del Sabatini ed è forse l'esponente più importante dell'arte della Controriforma in Piemonte: è l'artista devoto per eccellenza, umile e modesto glorificatone di Dio, ma grande in quanto sa esprimere sentimenti universali. Viene considerato come il più importante esponente dell'arte della Controriforma in Piemonte, tanto da essere definito il Raffaello del Monferrato. E' possibile che Guglielmo abbia esordito come frescante come collaboratore o associato di Pier Francesco, con cui lavora nel 1593 alla pala di Larizzate e che in un documento del 1596 lo chiama "mio compagno" in ogni caso, è probabile che sia attraverso di loro che il Caccia recupera la tradizione gaudenziana, anche se non bisogna dimenticare che Gaudenzio era stato attivo a Casale, dove a quel tempo si conservavano numerose sue opere.
È stato anche notato che in queste opere Caccia dimostra di ben conoscere l'estremo approdo del manierismo lombardo, studiato evidentemente dal vivo a Milano, soprattutto il linguaggio di Antonio Campi, così come appare evidente l'antico ma sempre valido modello delle architetture di Bramante (percepibile nella nitida struttura archittettonica della Presentazione al tempio). È altresì vero che sulla complessa cultura del Caccia, in questi anni giovanili in rapida evoluzione, agiscono profondamente le suggestioni della Controriforma, non solo quelle letterarie di Carlo e Federico Borromeo, e dei trattati-precetti del tardo Cinquecento, ma anche quelle irradiate da centri del territorio piemontese-lombardo: non si dimentichi che vicino alla sua città natale vi è l'importante nodo religioso costituito dal santuario di Boscomarengo, promosso da papa Pio V Ghislieri, a suo tempo decorato con opere di Giorgio Vasari e della sua scuola (e dove il Moncalvo esegue due dipinti importanti); ed anche che il pittore ha occasione di collaborare con uno dei più notevoli esponenti dell'arte del cattolicesimo controriformato italiano, Federico Zuccari, negli affreschi della Grande Galleria di Palazzo Reale a Torino (commissionata da Carlo Emanuele I di Savoia e terminata nel 1607), oggi scomparsa.
Non v'è dubbio, però, che il Caccia doveva considerare con sospetto questi grandi artisti, coltissimi depositari delle verità divine più elevate: la religiosità del Caccia, forse meglio aderente all'esempio proposto da San Carlo Borromeo, è vicina agli umili, al pio e devoto popolino di campagna, alla piccola nobiltà rurale, che viveva con piccoli possedimenti e piccole rendite, in piccoli paesi e coltivava piccoli e semplici sogni. Tra il 1605-1607 dipinse la galleria di Palazzo Reale di Torino voluta da Carlo Emanuele I, insieme al pittore Federico Zuccari, opera andata distrutta in seguito ad un incendio. In questa circostanza acquisì il titolo nobiliare di barone. La sua opera migliore è la Deposizione dalla Croce nella chiesa di San Gaudenzio a Novara. Inoltre ha dipinto la cupola di San Paolo sempre a Novara, la chiesa dei Conventuali a Moncalvo, l'Annuncio ai pastori (1614) per l'Arciconfraternita di San Michele a Casale Monferrato, San Paolo con Sant Andrea per la chiesa di Sant'Antonio Abate. Operò anche a Guarene, Vercelli, Crea, Torino, Novara, Milano. Il Moncavo collaborò con Gaudenzio Ferrari.
A Carabbia nella chiesa parrocchiale di San Siro si conserva una sua tela raffigurante la Madonna col Bambino tra i Santi Giacomo Maggiore e Francesco d'Assisi. Il Caccia creò una scuola pittorica le cui opere si possono ammirare nei dintorni di Montabone, nelle chiese di Monastero Bormida, a Nizza Monferrato e a Acqui Terme. Tra i suoi allievi più famosi vi furono la figlia Orsola Caccia e Daniele Crespi.
Seguendo la linea della ricerca del "decoro" predicata dal Gilio e poi dagli alfieri della Controriforma, il Moncalvo si allinea alle tendenze della contemporanea pittura italiana, sia padana che dell'Italia centrale, che diviene squisitamente "religiosa" in quanto intende "commuovere" il fedele, spiegandogli con semplicità e forza persuasiva i misteri delle Sacre Scritture: operazioni affini sono svolte negli ultimi decenni del Cinquecento da pittori quali Ludovico Carracci (che certamente il Caccia ben conosceva) e Bartolomeo Cesi a Bologna, Girolamo Muziano e Federico Zuccari (con cui il Caccia lavora negli anni 1605-1607) a Roma, e nella Milano borromaica, tra gli altri, da Simone Peterzano, Ambrogio Figino e - più tardi - da Daniele Crespi, con cui Moncalvo ha occasione di collaborare. Il linguaggio che adotta Moncalvo è comunque colto e raffinato, sopportato da una tecnica eccellente, di cui già i contemporanei coglievano le preziosità, anche se essenzialmente finalizzato alla divulgazione delle idee propugnate dal Concilio di Trento.
Le scene sopravvissute:
1. San Nicola da Tolentino: il miracolo delle pernici
2. La petizione per la beatificazione di San Nicola da Tolentino a Roma
da Papa Giovanni XXII
3. San Nicola da Tolentino: il miracolo delle rose
4. San Nicola da Tolentino: la resurrezione di Filippa da Fermo
5. La guarigione del bambino che aveva ingoiato un chiodo
6. La liberazione di Amelia
7. San Nicola da Tolentino: la morte
8. La liberazione dal demonio di frate Germano
9. La salvezza di Nazubo da Osimo e dei fratelli Vanni
10. La liberazione di Lorenzo di Bottone e Bernardo da Montemilone
11. Papa Giovanni XXII indice il processo di canonizzazione di frate Nicola