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Chiese agostiniane: Napoli

Particolare della facciata della chiesa di sant'Agostino a Napoli

Chiesa di S. Agostino a Napoli

 

 

CHIESA DI S. AGOSTINO MAGGIORE O ALLA ZECCA DI NAPOLI

 

 

 

La chiesa di Sant'Agostino alla Zecca o Sant'Agostino Maggiore è tra le più grandi chiese di Napoli. Fu costruita nel Centro Antico nel quartiere della Forcella probabilmente nel Trecento durante i regni angioini di Carlo I e Carlo II e completata durante quello di Roberto d'Angiò per volere degli agostiniani su di un precedente convento di monache basiliane. Al 1287 risale la fondazione dello studio dell'Ordine agostiniano. Posta in Via S. Agostino della Zecca, da cui la chiesa prende nome, la chiesa presenta una grandiosa la facciata con un robusto campanile. La Chiesa, originaria del 1300, fu ricostruita nel XVII secolo, a opera di Bartolomeo Picchiatti e Francesco Antonio Picchiatti. Giuseppe de Vita e Giuseppe Astarita la terminarono nel tardo settecento. Il primo progettò il campanile, decorò il chiostro insieme a Francesco Antonio e l'ampia navata centrale. De Vita progettò e realizzò la crociera e all'Astarita si deve la singolare soluzione della cupola che si trasforma in calotta absidale. Oggi, la chiesa è chiusa ed è in grave stato di degrado.

Tra le opere dell'interno, una Madonna del Laurana, un bel pulpito decorato da Annibale Caccavello e notevoli pitture di Giacinto Diano. La chiesa fu gravemente danneggiata dal terremoto del 1456. Di quella vecchia costruzione tutto ciò che resta è una stampa della città di Napoli di Alessandro Baratta del 1629, in cui la chiesa ed il campanile sono raffigurati ancora con le antiche forme gotiche. Vi si si può riconoscere anche la bella struttura della Sala capitolare.

 

La ricostruzione

Nel 1641 i Padri Agostiniani decisero di ricostruirla affidandone i lavori all'architetto Bartolomeo Picchiatti, ma i lavori furono sospesi nel 1697. A quest'epoca risalgono la navata centrale con ampie colonne corinzie, il rivestimento in marmo piperno e mattoni del campanile, ed il contiguo chiostro a cui si può accedere oggi, del corso Umberto I. Fu terminata da Giuseppe Astarita e G. de Vita solo a tardo settecento. Dobbiamo infatti aspettare il 1756 per rivedere l'avvio dei lavori per la crociera, i cui progetti furono eseguiti dal padre teatino Giuseppe De Vita. La cupola che all'esterno ha una forma a sua curva ellittica e che si conclude con l'alta lanterna fu progettata dall'ingegnere regio Giuseppe Astarita. Il monastero venne soppresso nel 1865: nei lavori di ristrutturazione buona parte del complesso conventuale venne distrutto. Gli unici ambienti che si sono conservati sono il chiostro maggiore, che oggi adibito ad aula dell'Istituto Universitario Navale, e la sala capitolare che risale all'età angioina.

 

Il convento

Dei due chiostri allora realizzati durante la prima metà del XVII secolo ne rimane a noi uno solo a pianta quadrata e circondato da 16 colonne. Il chiostro su colonne di marmo, tradizionalmente attribuito a Bartolomeo Picchiatti e a suo figlio Francesco Antonio, cinto da balaustra, è formato da una discreta policromia di diversi materiali. Sugli archi offre una inconsueta decorazione, mentre sul lato orientale del chiostro si apre una porta ogivale di età angioina che dà accesso alla Sala capitolare. Quest'ultima è un vero e proprio ambiente duecentesco carico di memorie storiche. La sala è a pianta rettangolare coperta da sei volte a crociera i cui costoloni si reggono al centro su due alte colonne marmoree. Ai lati sono sostenuti da dieci capitelli pensili che presentano forme vegetali ma anche umane (figura di telamone) o animali (l'aquila). Due dei capitelli, ornati agli angoli da figure di aquile ad ali spiegate, sono stilisticamente di origine sveva.

 

Facciata della chiesa di sant'Agostino alla Zecca a Napoli

Chiesa di S. Agostino alla Zecca a Napoli

Il Chiostro di Sant'Agostino alla Zecca

Il Chiostro ha un aspetto monumentale. Il complesso fu edificato vicino alla chiesa alla fine del XIII secolo per volere di Carlo D'Angiò. Durante la prima metà XVII secolo fu completamente trasformato da Bartolomeo Picchiatti e Francesco Antonio Picchiatti secondo i canoni del barocco napoletano. Il progetto prevedeva due chiostri, di cui uno a pianta quadrata, che è ancora oggi esistente, delimitato da sedici colonne tuscaniche in marmo con pilastri angolari della stessa pietra. Il tutto era collocato su piedistalli distanziati da una balaustra in marmo. Le colonne sorreggono gli archi e un cornicione in piperno. Sul cornicione sono stati incisi oggetti sacri, mentre nei peducci degli archi sono visibili i principali santi eremitani. Al centro del chiostro si trovano un giardino e un pozzo. Il secondo chiostro fu demolito durante la costruzione del Corso Umberto I.

 

L'interno

L'interno è composto da tre vaste navate. La chiesa è ancora chiusa poichè i lavori di restauro dopo il terremoto del 1980 sono stati interrotti. I dipinti e le sculture che vi si conservavano sono ora in deposito. L'interno della chiesa mostra chiaramente l'impostazione tardo-barocca di Giuseppe Astarita, tuttavia non mancano testimonianze di stratificazioni stilistiche più antiche.

 

La Sala capitolare

Il palazzo al N. 174 di corso Umberto I ingloba la Sala capitolare del complesso; l'interno, severo e gotico è caratterizzato da volte costolonate. Queste volte sono rette da due grandi colonne al cui culmine sono visibili i capitelli svevi riutilizzati.

 

Le pitture

L'abside presenta delle raffigurazioni S. Agostino, il Santo fondatore dell'Ordine agostiniano, in alcuni dei momenti più importanti della sua vita. Le opere sono a firma di Giacinto Diano e celebrano la Conversione e il Battesimo del santo. Dietro l'altare maggiore, si può notare la grande e maestosa statua in stucco di S. Agostino che calpesta l'Eresia tra Carità e Fede, eseguita da Giuseppe e Sanmartino. Allo stesso autore va ascritto anche il gruppo scultoreo con la Santissima Trinità ed Angeli che si trova sul timpano absidale. Sempre a Giuseppe Sanmartino sono attribuiti i due busti in stucco di San Leone Magno e Sant'Ambrogio, il primo sull'ingresso della sacrestia, il secondo sull'ingresso della cappella Tufarelli. All'interno di questa cappella sono conservate opere di un raffinato scultore, inquieto e romantico, Salvatore Caccavello che ha eseguito il pregevole pulpito di marmo, al terzo pilastro destro e la predella con gli Apostoli, mentre il grande Francesco Laurana vi eseguì la scultura che rappresenta la Madonna col passero, oggi al Museo Civico di Castel Nuovo.

Gran parte della decorazione pittorica dell'intera chiesa è da attribuire a Giacinto Diano: nella sacrestia ha eseguito la Dedicazione del tempio di Gerusalemme, nella volta e, a sinistra dell'ingresso, Davide che mostra al figlio Salomone i materiali per costruire il tempio di Gerusalemme (1776). L'imponenza del classicismo romano è pienamente avvertibile nella sua pittura con la Deposizione sull'altare. Nella chiesa venne sepolto il celebre musicista Nicola Jommelli (1714-1774) che aveva un fratello appartenente all'ordine agostiniano. Lo ricorda un monumento marmoreo con busto bronzeo erettogli in occasione del bicentenario della morte all'esterno della cappella Tufarelli. Infine è da menzionare il culto dei morti praticato sino alla metà degli anni '70 nel vasto ipogeo della chiesa, decorato da modesti dipinti murali seicenteschi. In piazzetta Salvatore Trinchese, addossata al lato sinistro di Sant'Agostino alla Zecca vi è la piccola chiesa della Disciplina della Croce, nota come la Croce a Sant'Agostino.