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Chiese agostiniane: Cremona

La chiesa di S. Agostino a Cremona

La chiesa di S. Agostino a Cremona

 

 

CHIESA DI S. AGOSTINO A CREMONA

 

 

 

La chiesa di S. Agostino sorse nel XIII secolo sulla base della preesistente chiesa di S. Giacomo in braida, nei pressi della città "quadrata" romana. Nella parlata longobarda la braida era un'ortaglia presso l'abitato. La facciata, ad una cuspide, con galleria ad archetti gotici, risale al 1339-45. Nei secoli XIV-XVIII la chiesa era uno degli edifici più illustri, con 2 chiostri e la famosa Libreria, creata tra il 1461 e il 1478. Le modifiche apportate all'esterno, campanile compreso, e all'interno, con l'aggiunta di volte, testimoniano una ricostruzione rinascimentale, così come pure le due cappelle esterne, quella dei Cavalcabò e quella dei SS. Grisante e Daria, andata distrutta, tranne i Ritratti dei Duchi.

Mentre l'affresco della cappella Cavalcabò risale alla metà del Quattrocento, i dipinti e le terracotta dell'altra cappella manifestano influssi tosco-romani. All'interno di S. Agostino è custodita la celebre tavola con Madonna e Santi di Pietro Vannucci detto il Perugino, datata 1494. La costruzione subì nel 1553 una grande ristrutturazione interna, che le conservò, della forma originaria, solo la facciata. La chiesa e l'annesso monastero divennero ben presto un punto di riferimento per la vita religiosa e culturale della città. Le donazioni arricchirono la chiesa di importanti opere d'arte, che sono visibili ancora oggi. Di straordinaria ricchezza artistica sono gli affreschi di Bonifacio Bembo e della sua bottega nella cappella Cavalcabò (sec. XV) nonchè la pala del Perugino con la Madonna fra i SS. Agostino e Giacomo dipinta nel 1494. La chiesa subì un considerevole mutamento nella seconda metà del Cinquecento quando il corredo artistico venne aggiornato per rispettare le imposizioni dottrinali della Controriforma. E' a quest'epoca che risalgono le pale d'altare commissionate soprattutto al Malosso e al Chiaveghino. Proprio un'opera di quest'ultimo, per l'insolita iconografia, si differenzia dalle altre: si tratta della pala dell'altare maggiore con Cristo sotto il torchio. Mainardi la dipinse nel 1594 e realizzò un'opera che alludeva alla grandezza dei meriti di Cristo: il sangue che sgorga dalle sue ferite è la linfa dei credenti che viene raccolto e dispensato dalla Chiesa attraverso la penitenza e le indulgenze. Come accennato una peculiarità della chiesa di S. Agostino in Cremona le deriva dalla famosa Cappella di Cavalcabò che vi è ospitata. La Cappella venne fatta edificare dal "generosus miles" Ugo Cavalcabò nel 1399 per celebrare la Beata Vergine Maria.

La decorazione venne iniziata dopo il 1447 a seguito della donazione di terreni al convento da parte di Giovanna, figlia di Ugolino. Tale donazione impegnava i Frati Agostiniani a far dipingere "entro quattro o cinque anni prossimi futuri" la Cappella. La decorazione venne commissionata dagli Agostiniani a Bonifacio Bembo, il quale "realizzò una delle più alte pagine della pittura lombarda del 1400". Visitando la chiesa e fermandosi davanti alla Cappella si nota che è decorata da una serie di affreschi aventi come tema comune gli ultimi avvenimenti della vita terrena della Vergine, esempio di ogni virtù e Mater misericordiae.

Lapide all'ingresso della chiesa di S. Agostino a Cremona

Lapide all'ingresso della chiesa di S. Agostino a Cremona

Inoltre, vi sono raffigurate e affrescate le Virtù teologali e cardinali, personificate ognuna da una figura femminile, nonché le opere di misericordia. La Carità è colta in un duplice gesto: quello di allattare un bambino che porta in braccio e quello di porgere con l'altra mano un pane ad un vecchio, quasi a significare le due età dell'uomo, l'infanzia e la vecchiaia, i due estremi cronologici della vita umana, in cui si ha più bisogno di cure, di attenzione e di amore. Ma l'iconografia della Carità in atto di offrire l'elemosina compare anche negli affreschi del Cappellone di S. Nicola a Tolentino del 1325, luogo particolarmente caro agli Agostiniani per il ricordo del più importante Santo dell' Ordine dopo il fondatore.

In questo caso, però, la figura allegorica della donna riflette una tipologia più tradizionale, quella della distribuzione di denaro ad un gruppo di fanciulli. Per quanto riguarda le allegorie della Cappella Cavalcabò a Cremona, sembra di poterne individuare una fonte d'ispirazione nell'Arca di S. Agostino sita nella Basilica di S. Pietro in Ciel d'Oro in Pavia, opera dei maestri campionesi realizzata tra il l362 e il 1397. Nel complesso scultoreo le allegorie delle Virtù presentano più di un elemento in comune con quelle cremonesi: l'opera, infatti, era certamente nota agli agostiniani di Cremona poichè vi era sepolto il fondatore del loro Ordine. La Carità è anche qui in atto di allattare, sebbene due bambini contemporaneamente. La tipologia dell' allattamento era la più ricorrente in Lombardia per la presenza del prestigioso prototipo dell'Arca di S. Pietro Martire, nella Chiesa di S. Eustorgio di Giovanni Balduccio in Milano. Comunque, nonostante la pluralità delle realizzazioni, la precisa scelta della committenza agostiniana sul tema della carità trova sempre fondamento nella cultura derivata loro dal pensiero di S. Agostino, loro Maestro.

 

Opere d'arte

* Navata di sinistra: nella navata di sinistra si succedono sette cappelle con interessanti pale d'altare. Nel fonte battesimale è conservato il battesimo di Cristo con san Giovanni Battista, opera di A. Mainardi (1593). L'ancona e l'altare sono di G. B. Natali (1664). Sempre del Mainardi detto il Chiaveghino è la pala della Madonna in Gloria con il Bambino e Santi (1585) al secondo altare, realizzato anch'esso da Natali sempre nel 1664. Lo stesso Mainardi è l'autore della successiva pala che è posta sull'altare Roncadelli (la stessa che donò la pala del Perugino) e che raffigura l'incontro di san Gioachino e sant'Anna (1590). Segue un quarto altare con ancona realizzate nel 1664 da Natali con tela di G. Battista Trotti detto il Molosso che raffigura le tentazioni di sant'Antonio Abate (1590). Il quinto altare è ancora di Natali, mentre la pala è di Gervasio Gatti detto il Soiaro (1578) e raffigura la Natività di Gesù. Sul pilastro di destra è appesa una tavola votiva di anonimo della fine del 1600 con il Volto del Redentore. Il successivo altare è dedicato alla Beata Vergine del Buon Consiglio, una devozione tradizionale nella spiritualità agostiniana: l'ancona ha una immagine votiva della Vergine con intarsi lignei in oro zecchino. La pala raffigura una Pietà, opera di G. B. Trotti detto il Molosso. Nella colonna di destra c'è una acquasantiera sormontata da una Pietà di Bonino da Campione (XIV sec.). Segue una nuova pala d'altare di Marcantonio Mainardi detto il Chiaveghino che raffigura l'Eterno in Gloria con Sante in adorazione fra cui sant'Agnese, la Maddalena, santa Monica e santa Caterina. Sul pilone contrapposto che regge la cupola del presbiterio si conserva una splendida Madonna in Trono con il bambino e due angeli reggicero di Anonimo datato 1370. Nell'antisagrestia troviamo una tela di Gervasio Galli del 1620 che raffigura Gesù con Santi che scaglia saette sul Mondo: segue una copia della morte di san Giuseppe di Guido Reni e una tela della Scuola di G. B. Natali che raffigura la nascita di san Giovanni Battista.

Vele della Cappella Cavalcabo con gli affreschi quattrocenteschi di Bonifacio Bembo

Cappella Cavalcabo con affreschi di Bonifacio Bembo

* Presbiterio: vi si trovano varie tavole di grande pregio. Accanto a un affresco di G. B. Natali che illustra un Mosè, è appesa una tela di Angelo Massarotti (1723) che rappresenta sant'Agostino che medita sul Mistero della santissima Trinità. Nel coro (imponente la sua struttura esterna), abbellito da 58 stalli lignei del Cinquecento, si trova la grandiosa e stupefacente pala di Andrea Mainardi (1594) che raffigura il Redentore compresso sotto il Torchio Mistico, con gli Angeli che comprimono al Torchi il Redentore ai cui piedi sono raffigurati i quattro dottori della Chiesa Gregorio, Agostino, Ambrogio e Gerolamo. La cornice in legno è stata intagliata e dorata con grande maestria da Domenico Capra. Segue una tela di Angelo Massarotti (1723) con S. Tommaso da Villanova nell'atto di erigere Templi e di beneficare i Poveri. Sul pilone di destra c'è un affresco di Giovan Battista Natali che raffigura il profeta Elia. Davanti all'altare si trovano numerose tombe con relative lapidi (Bartolomeo Terrisengi, Bernardinus de Guarneris, Famiglia Persichelli, Cabrini de sancto Maffeo, De Scaccabarociis).

* Navata di destra: nel locale prossimo alla Cappella del SS. Sacramento si trova la Sacra Famiglia e san Giovannino di Giovani Maria Zupelli (fine XVI sec.). Sulla volta Dottori della Chiesa e simboli allegorici di Giovanni Paolo da Cemmo della fine del XV sec. Alla parete una tela di Mainardi (1577) con la Vergine in trono assieme al Bambino e santi. Nella Cappella si ammira una tela votiva seicentesca con un Ecce Homo di anonimo; un'altra tela di Francesco Pesenti il Sabbioneta (1557) con l'Adorazione dei Magi. Addossato al pilone un pregevole confessionale seicentesco con scolpito il Ritorno del Figliuol Prodigo di Giacomo Bartesi. Lungo la navata segue la famosa tela del Perugino con la Madonna in Trono con i santi Giovanni Evangelista e S. Agostino. Dopo una lapide nella cappella seguente una tela di Giulio Campi (circa 1571) con l'Annunciazione a Maria, sant'Anna, sant'Antonio da Padova e l'Eterno in Gloria.

Di fronte alla Cappella di san Nicola da Tolentino si osserva un'acquasantiera con bassorilievo in marmo del XIV sec. opera di Bonino da Campione che raffigura una Madonna con Bambino assieme ai santi Agostino, il Battista, Giovanni Evangelista e Giacomo. Segue la cappella di san Nicola: alle pareti laterali una tela di G. Battista Natali con la morte di san Nicola e, di fronte, la tomba marmorea di Lorenzo Trotti (1501) dedicata al matematico e astronomo G. Battista Plesio. All'altare statua di san Nicola e sulla volta stucchi di Natali.

Segue la bellissima cappella Cavalcabò. Sulle pareti laterali affreschi di frammentari del XV sec. con una crocifissione e, di fronte, la Madonna del Melograno di Lorenzo Beci. Ai lati Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti. Un affresco riposto sul muro riporta una Madonna di B. Bembo con una dedica. Sulla volta magnifici affreschi quattrocenteschi con i Padri della Chiesa. L'altare marmoreo è di G. B. Zaist con una statua lignea della Madonna della Cintura. La cappella seguente è quella della Passione di Gesù Cristo, con un grandioso ciclo di stucchi di Giovanni battista Barberini (1666) con le scene della Flagellazione, Cristo coronato di Spine, la Crocifissione e la Deposizione.

L'ultima Cappella "delle reliquie" (ben visibile all'esterno) conserva una bella tela di Giacomo Guerrini (1700) con la Visitazione di Maria Vergine a santa Elisabetta inserita in una grande ancona del 1500 che contiene le reliquie di S. Tiburzio, santa Agrippina, san Giustino Apologista. L'alzata e la nicchia conservano san Giovanni di san Facondo. La pala d'altare raffigura la Deposizione di G. Battista Trotti detto il Molosso (1559). Su lato destro si nota una bella tela di Giacomo Guerrini (1700 circa) con la Presentazione al tempio di Maria Vergine. Alquanto interessanti le decorazioni a muro.

* Navata centrale: lungo la navata, sui piloni ci sono numerose statue che raffigurano profeti e personaggi del Vecchio Testamento (Davide, Giuseppe, Phinees, Tobia, Giobbe, Daniele sul lato destro; Salomone, Melchisedec, Abramo, Sansone, Giacobbe, Ezechiele sul lato sinistro). La volta si presenta a botte.

 

Pala del Perugino

'Petrus Perusinus pinxit MCCCCLXXXXIIII'. Queste poche parole sono visibili sulla tavola Madonna col Bambino fra i santi Giovanni evangelista e Agostino. L'autore è Pietro Vannucci, meglio noto come il Perugino. Le fonti storiche, sia pure con qualche interrogativo ancora aperto, ricordano che la pala di Sant'Agostino venne commissionata al Perugino nel 1493 da Eliseo Roncadelli, che era stato capitano di Galeazzo Maria Sforza, probabilmente per l'altare di famiglia. Un anno dopo, nel 1494, la tavola veniva consegnata al committente. Lo studioso Marco Tanzi nel libro, curato da Mina Gregori, Pittura a Cremona dal Romanico al Settecento scrive che "Nulla ci vieta di ipotizzare un soggiorno cremonese del Perugino in occasione del suo viaggio a Venezia nell'estate del 1494. Grande è l'importanza di un dipinto del Perugino a Cremona, non solamente perché primo fra quelli eseguiti fuori dal triangolo Perugia-Firenze-Roma, in anticipo rispetto alle opere di Pavia, Bologna, Venezia e Napoli, ma proprio per segnalare il prestigio di una città che riesce a procurarsi un'opera dell'artista forse più celebre ai suoi tempi". La pala del Perugino costituisce un momento fondamentale nell'evoluzione della pittura cremonese, proprio perché permette il passaggio da una maniera secca, come viene definita dal Vasari, ad uno stile definito protoclassico. Sono gli anni in cui Boccaccino comincia la propria evoluzione stilistica. Altrettanto singolare è il fatto che Perugino, normalmente al soldo di potenti, come il doge a Venezia o gli Sforza a Pavia, abbia dipinto questa tavola per Eliseo Roncadelli, che non era figura certamente di primo piano. Questa tavola nel 1796, come molte altre in quell'epoca, prese la via del Museo del Louvre al seguito dell'esercito vittorioso di Napoleone. Vi rimase fino al 1818, quando con la Restaurazione, ritornò a Cremona nella chiesa di sant'Agostino.