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Chiese agostiniane: Fano

Immagine della chiesa di S. Agostino a Fano

S. Agostino a Fano

 

 

CHIESA DI SANT'AGOSTINO A FANO

 

 

 

Sorta come chiesa di S. Lucia, esisteva già nel 1265 quando fu ceduta assieme ad alcune annesse abitazioni, dal Capitolo della Cattedrale ai Frati Agostiniani di S. Stefano in Padule, che dopo il 1266-1267 vi trasferirono il loro convento, i quali vollero subito adoperarsi nella costruzione di un convento e nel rinnovamento della vecchia chiesa. Qui san Nicola da Tolentino, così come riporta un'epigrafe quattrocentesca, fece scavare il pozzo ancora esistente: Templum mendacis Fortunae dirutum. Il complesso sorse probabilmente sull'area della basilica di Vitruvio o del distrutto Tempio della Fortuna i cui resti non sono peraltro stati mai sicuramente identificati con gli imponenti ruderi sottostanti il fabbricato conventuale. Degli edifici monumentali fanesi, la chiesa è certamente quella che più ha risentito per le distruzioni belliche che ne hanno fatto un rudere imponente e di difficile utilizzazione cui si è rimediato negli anni scorsi. Della chiesa medioevale sopravvive la bella fiancata orientale con lunghe monofore trilobate e una ricca cornice a doppia fascia di archetti. Dovrebbe risalire ai primi anni del Trecento quando l'edificio fu ricostruito dagli Agostiniani. La chiesa fu consacrata nel 1409. Aveva a quel tempo la facciata orientale all'opposto di quella attuale: l'inversione fu realizzata nel 1563, anno in cui furono poste le fondamenta per un nuovo presbiterio con profonda cappella centrale e due minori cappelle laterali. Tutta la costruzione purtroppo venne devastata dai bombardamenti del 1944. Oggi la chiesa si presenta con un'alta facciata a due ordini, preceduta da una scalinata. Al suo interno sono conservate numerose e splendide opere d'arte.

La trasformazione interna su disegno del fanese Ludovico Giorgi fu portata a compimento solo un secolo dopo, quando fu realizzata (1685) la grande volta a padiglione e il fanese Giambattista Manzi ne affrescò il riquadro centrale con una finta prospettiva architettonica di gusto bibienesco culminante in uno sfondato di cielo con S. Agostino in Gloria. Già nell'atrio si può ammirare uno splendido affresco trecentesco raffigurante la Natività accoppiato ad un'altra scena quattrocentesca che ci presenta la Madonna col Bambino e santi. L'interno della chiesa è a navata unica e a croce latina. Come esito delle successive ricostruzioni, il pavimento attuale è rialzato di circa tre metri rispetto all'edificio romanico e permette l'osservazione parziale della stratificazione relativa alla fase gotica della chiesa. Sulle pareti si conservano ancora splendidi affreschi realizzati fra il 1250 e il 1400. Vanno senz'altro ricordate le scene relative a una Madonna col Bambino e i santi Agostino, Antonio abate e Antonio da Padova; gli affreschi duecenteschi con santi, Madonna col Bambino, una santa, Madonna della Pace; altri dipinti del Trecento con la Crocifissione, i santi Pietro e Paolo, una Annunciazione. A destra del presbiterio, si sono conservati vari affreschi frammentari trecenteschi e quattrocenteschi fra cui L'Eterno e Santi; in altre cappelle sono visibili ulteriori affreschi della seconda metà del Trecento, tra cui una notevole Madonna della Misericordia e santi, e una Annunciazione, Crocifisso, Padre Eterno e due santi. Nel transetto di sinistra si osserva una quattrocentesca Annunciazione e Sposalizio della Vergine; lungo la parete, sul primo pilastro ci sono lacerti di figure quattrocentesche di santi e sul successivo si trova una Madonna col Bambino e santi dello stesso periodo. L'affresco trecentesco della Dormitio Virginis si trova dietro l'altare assieme ad altri affreschi del Quattrocento.

Nella cosiddetta Cappella della Spina è conservato un reliquiario gotico che custodisce la S. Spina, che secondo la tradizione apparteneva alla corona del supplizio di Gesù. Questa reliquia si trovava in precedenza a S. Elpidio, ma venne rubata e trasferita a Fermo nel 1377. Oggi, purtroppo, volta e affresco sono perduti e solo la prima potrà essere recuperata: per questa chiesa fu dipinto il celebre Angelo Custode del Guercino (1641) ora custodito presso la Pinacoteca Civica. L'adiacente convento fu la sede degli Agostiniani fino alle soppressioni napoleoniche per diventare poi, dopo la restaurazione pontificia (1912) e fino agli anni dell'ultimo dopoguerra, la sede del Seminario diocesano. Nel 1922, per ragioni statiche si provvide alla demolizione della pericolante torre campanaria, ma solo otto anni dopo un nuovo terremoto compromise definitivamente la stabilità del complesso. È rimasto inalterato il bel chiostro rinascimentale dalle snelle colonne tuscaniche (1561-62) le cui lunette conservano interessanti affreschi del pesarese Giulio Cesare Begni, raffiguranti episodi della Vita di S. Agostino.

Eseguiti a spese delle maggiori famiglie patrizie fanesi del tempo (1640), sono stati recentemente restaurati. Sempre nel 1640, l'architetto fanese Ludovico Giorgi provvide ad ammodernare l'interno della chiesa. I nuovi lavori prevedevano l'occultamento della copertura a capriate mediante un'ampia volta e l'imbiancatura delle pareti che vennero arricchite di cornici, stucchi e sculture dell'Amantini (di cui si menzionano le statue di San Bartolomeo e Santa Maria Maddalena eseguite tra il 1672 e il 1675), il tutto secondo un gusto tipicamente tardomanierista fortemente in ritardo rispetto al contemporaneo stile barocco. Nel 1672 un terremoto atterrò la torre campanaria, la quale venne immediatamente ricostruita. Sul lato meridionale del chiostro sono anche ben visibili due eleganti bifore che appartennero alla costruzione primitiva e che forniscono luce a quella che fu l'antica sala capitolare dal bellissimo soffitto ligneo cuspidato risalente al sec. XV A questo medesimo secolo vanno fatte risalire anche la sottostante fascia pittorica tardogotica e le tracce di affreschi che decoravano le pareti. Sotto il convento (l'ingresso è nell'edicola posta sulla sinistra della gradinata della chiesa) sono visitabili i ricordati resti di un grande edificio romano in cui si è tentato di identificare il Tempio della Fortuna, ma anche la famosa Basilica di Vitruvio.

 

La chiesa

Sebbene non esistano riproduzioni relative all'antico prospetto della chiesa (quello medievale venne abbattuto secoli fa), possiamo comunque immaginare un profilo a capanna, come suggerito dalla copertura interna a capriate e dal moderno assetto del prospetto che risulta essere la ricostruzione di quello cinquecentesco. Del corpo architettonico tutto in laterizi, dell'originaria struttura medievale è visibile il lato nord-orientale, nonostante rechi tracce di campagne costruttive differenti. Tale lato risulta coronato da una doppia fila di archetti pensili che corrono ininterrottamente lungo tutta la lunghezza del muro. La fascia superiore è la più antica, ed è costituita da archetti intrecciati in terracotta poggianti su piedritti, particolarmente usati per coronare edifici religiosi o campanili soprattutto dal XIII secolo in poi; la fascia sottostante invece è indubbiamente più tarda. La superficie muraria è scandita da sottili lesene equidistanti che individuano alternativamente porzioni murarie piene ed altre aperte a monofore strombate con intradosso trilobato. L'interno della chiesa si presentava come un ampio vano ad aula unica terminante con tre absidi squadrate coperte a crociera su cui restano tracce di affreschi rappresentanti simboli dei quattro Evangelisti, entro cornici mistilinee tipicamente trecentesche, mentre sui diversi registri di due pareti delle cappelle si dispiegavano le Storie di Santa Lucia, oggi in pessimo stato di conservazione. Gli affreschi sembrano risentire della cultura umbra e marchigiana e si collocano cronologicamente nel secondo quarto del XV secolo.

Degli enormi pilastri cilindrici monolitici (forse colonne romane reimpiegate) oggi rimane solo la parte prospiciente le cappelline; i restanti sono stati murati nelle pareti innalzate in epoca moderna. Le pareti laterali risultavano scandite da sei altari minori in legno scolpito e dorato, tre per ogni lato, ognuno dei quali doveva accogliere pale dipinte, tra le quali "La Vergine e S. Tommaso da Villanova" del pittore pesarese Simone Cantarini. A partire da destra, il primo altare accoglieva la pala rappresentante San Nicola da Tolentino di G. B. Draghi da Parma; il secondo invece recava un Sant'Agostino di Geminiani da Pistoia; nel terzo altare invece i restauri del dopo terremoto del 1930 hanno riportato alla luce parte di un affresco quattrocentesco rappresentante un crocifisso; nell'altare maggiore si trova una pala con "Il martirio di Santa Lucia" dipinta da Sebastiano Ceccarini; il primo altare a sinistra era occupato da una copia della Madonna della Cintura di Simone Cantarini, il secondo recava una Sacra Famiglia di Geminiani ed il terzo una Santa Filomena di Clemente Alberi; nella cappella a sinistra dell'altar maggiore si ammirava il celebre capolavoro del Guercino, L'Angelo Custode, commissionato nel 1640 dalla famiglia Nolfi al grande pittore, oggi conservato presso la Pinacoteca civica di Fano.

 

Chiostro

Addossato al fianco sud occidentale della chiesa si trova il chiostro di Sant'Agostino, le cui origini sono da scrivere al XIII secolo, in concomitanza alla concessione ottenuta dagli Agostiniani. L'attuale aspetto di gusto tardo rinascimentale è però da attribuire alla ricostruzione eseguita nella seconda metà del XVI secolo. La ripetizione armoniosa di sottili colonne tuscaniche in arenaria assicura una discreta eleganza al chiostro che è arricchito da un ciclo pittorico che raffigura alcuni episodi salienti della vita di Sant'Agostino, opera del pittore pesarese Giulio Cesare Begni (Pesaro 1620 -1680) che lo eseguì nel 1640 a conclusione di una serie di interventi iniziati nel 1562 per volontà dei frati agostiniani fanesi. L'episodio pittorico, oltre a rappresentare un interessante spaccato artistico cittadino poco conosciuto, costituisce un altrettanto interessante strumento di ricostruzione della storia sociale fanese seicentesca, in quanto è ravvisabile nella presenza degli stemmi gentilizi - conservati al centro di ogni lunetta - il ruolo avuto dalle più note famiglie aristocratiche fanesi in qualità di finanziatori dell'opera.

Da un punto di vista strettamente stilistico, gli affreschi discendono da una matrice di marca baroccesca con echi di Raffaellin del Colle, quest'ultimo visionato dal Begni probabilmente alla Villa Imperiale di Pesaro, dove nella prima metà del secolo egli stesso intervenne. Essi adottano la consuetudine tecnica del non finito, soprattutto negli sfondati prospettici di ambientazione, dove la presenza di architetture interne od esterne unita alla maestria dimostrata nella resa scenografica confermano la vocazione del Begni di essere pittore-scenografo esperto di teatri. Lungo il lato sud del chiostro la cortina muraria è interrotta da due aperture a bifore, oggi identificate come neoromaniche, che danno luce all'antica sala capitolare a pianta quadrata coperta da uno splendido soffitto ligneo cuspidato del XV secolo. Esse secondo gli studiosi sono gli unici elementi superstiti di un preesistente chiostro sul quale si sarebbe innestato l'odierno.