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ICONUM S. P. AUGUSTINI ALIORUMQUE SANCTORUM (1629): Santa Chiara da Montefalco

Stampa da un codice fiorentino di Pasini con la beata Chiara da Montefalco

 

Stampa della beata Chiara da Montefalco

 

 

SANTA CHIARA DA MONTEFALCO

 

Biblioteca Angelica codice 1267

 

 

 

 

La stampa si trova nel volume Iconum sancti Patri Augustini Aliorumque sanctorum pubblicato nel 1629 da Raffaele Pasini, un agostiniano. Nato verso la fine del Cinquecento, maestro di Teologia e Provinciale della Marca Trevigiana.

Si tratta certamente della sua opera più interessante dal punto di vista storico e iconografico: una sua copia è conservata nel codice noto come 1267 ff. 397 e conservato presso la Biblioteca Angelica a Roma. Il titolo completo, che rivela l'originalità del suo lavoro, è Immagini del Santo Padre Agostino e degli altri Santi e Venerabili Padri dell'Ordine degli Eremitani, ornati da piante medicinali e fiori poetici tratti dagli orti degli Eremitani.

Nell'opera sono raccolte utilissime informazioni che descrivono la tradizione agiografica e leggendaria diffusa all'inizio del Seicento sulla vita di sant'Agostimo e sull'origine dell'Ordine Agostiniano.

Tra le interessanti stampe scopriamo una serie accurata e ben fornita di figure di santi e venerabili, tra cui molti oggi del tutto sconosciuti o dimenticati.

In questa stampa è raffigurato la beata Chiara da Montefalco una celebre monaca agostiniana umbra delle origini di fine Duecento. Pasini la definisce ancora beata perchè tutti gli incartamenti furono dimenticati fino all'età moderna quando, finalmente ripreso il processo di canonizzazione, la beata Chiara fu proclamata santa da Leone XIII in S. Pietro l'8 dicembre 1881. Dalle dichiarazioni di vari testimoni e, da ciò che riferisce Berengario nella sua indagine nel 1308, è ormai accertato che all'età di sei anni, Chiara, figlia di Damiano e Iacopa, una famiglia benestante di Montefalco, entrò nel 1274 nel reclusorio, che suo padre nel 1271 aveva fatto costruire per la figlia maggiore Giovanna. Quest'ultima aveva vent'anni quando si ritirò con l'amica Andreola a vivere di preghiera e di penitenza in un reclusorio dove oggi sorge S. Illuminata, una chiesa anch'essa agostiniana. Damiano e Iacopa ebbero altri tre figli: Chiara nel 1268, Teodoruccia, morta in fasce e Francesco, di quattro anni più giovane di Chiara. Nel 1274 il reclusorio fu approvato dall'autorità ecclesiastica e Giovanna fu autorizzata ad accogliere altre postulanti. La prima fu proprio la sorellina Chiara, già incline alla preghiera nella casa paterna. Chiara mostrò ben presto una predisposizione alla penitenza sostenuta da un carattere appassionato e volitivo. Essa era mossa da un sincero amore verso il Signore con una speciale devozione verso la Passione di Cristo. Chiara era una ragazza sana, di buon appetito, anzi golosa delle bontà della cucina a tal punto che si impegnò in una quaresima permanente di mortificazione dei propri desideri. La forza di carattere della giovane Chiara è significativamente mostrata da un episodio che la vide protagonista un giorno in cui le capitò di rompere il silenzio della comunità, che era obbligatorio dalla sera (compieta) sino alla mattina (ora terza): ebbene si obbligò da sè a tenere le gambe in un mastello d'acqua gelata fintanto che non ebbe recitato con le braccia alzate cento Pater. Nel 1278 entrò nel reclusorio anche Marina, amichetta di Chiara, e poco dopo Tommasa, Paola, Illuminata ed Agnese. Nella previsione della entrata di nuove postulanti Giovanna, dopo essersi consigliata con le compagne, decise di trasferire il reclusorio sul colle di S. Caterina del Bottaccio, in un luogo più prossimo al paese. Fu ancora papà Damiano che si adoperò per realizzare il nuovo reclusorio. La morte tuttavia lo colse durante i lavori. Dopo la morte di Damiano la comunità femminile di Giovanna dovette subire varie vicissitudini talune anche gravi, che comunque confermarono la ferma volontà del gruppo di dedicarsi alla preghiera e all'elemosina. Nel 1290 Giovanna, secondo Berengario e altri testimoni oculari "domina mirabilis sanctitatis", chiese al vescovo di Spoleto di trasformare il reclusorio in monastero.