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PITTORI: Maestro di Atotonilco

Tolle lege nel giardino di Milano nella chiesa agostiniana di Atotonilco

Tolle lege nel giardino di Milano

 

 

MAESTRO DI ATOTONILCO

1900-1930

Atotonilco el Grande, chiesa di sant'Agostino

 

Tolle lege nel giardino di Milano

 

 

 

La scena descritta nella vetrata riprende la famosa scena del tolle lege che avviene nel giardino della casa milanese dove Agostino abitava. Il santo è seduto sotto un albero di fico e sta meditando su una pagina di un libro. Il suo sguardo corre verso l'alto quasi fosse stato illuminato dalla parola paolina che ha letto.

Poco discosto si vede Alipio che osserva la scena. Più lontana, affacciata a una finestra, si scorge Monica che intuisce quanto sta avvenendo e se ne rallegra.

Nelle opere scritte subito dopo la conversione, Agostino non fa il minimo accenno alla famosa scena dell'orto o del tolle lege che ricorda nelle Confessioni. Si può osservare, come sostenne Pincherle, che la descrizione che fa Agostino del suo stato d'animo è, da una parte, tutta dominata dalla preoccupazione, polemica contro i manichei, di dimostrare l'esistenza e il valore del libero arbitrio, la possibilità di una scelta fra bene e male e che, d'altra parte, essa è redatta sotto l'influsso di quei passi paolini che parlano del contrasto fra lo spirito e la carne.

E si potrebbe ancora suggerire, insistendo sull'importanza di questo fatto, che l'episodio dimostra come Agostino abbia conosciuto l'epistolario di san Paolo proprio all'inizio della sua conversione.

Tuttavia questa scena, vera senza dubbio in molti, probabilmente in tutti, i suoi particolari, è stata redatta con la preoccupazione di dimostrare appunto il contrario di ciò che taluno ha creduto di scorgervi: di mettere in luce cioè l'impotenza dell'uomo a operare da solo la propria salvezza e la necessità dell'intervento, subito efficace della grazia divina, intervento che non ha nulla di miracoloso.

Possiamo anche ammettere che il testo paolino, di contenuto così caratteristicamente etico, e inserito in una esortazione morale ed escatologica, fosse per l'appunto quello che Agostino lesse effettivamente, ricavandone la forza di tradurre in atto i progetti che da qualche tempo maturavano nella sua mente.

 

E, come racconta nelle Confessioni, recatosi in giardino, si mise sotto una pianta a piangere amaramente, e diceva: - Quanto tempo ancora? Quanto ancora? Domani, domani ! ancora un po' di tempo. Ed era desolato di non sapersi decidere o a restare nel mondo o a consacrarsi a Dio.

JACOPO DA VARAGINE, Legenda Aurea

 

Così parlavo e piangevo nell'amarezza sconfinata del mio cuore affranto. A un tratto dalla casa vicina mi giunge una voce, come di fanciullo o fanciulla, non so, che diceva cantando e ripetendo più volte: «Prendi e leggi, prendi e leggi». Mutai d'aspetto all'istante e cominciai a riflettere con la massima cura se fosse una cantilena usata in qualche gioco di ragazzi, ma non ricordavo affatto di averla udita da nessuna parte ... Tornai al luogo dove stava seduto Alipio e dove avevo lasciato il libro dell'Apostolo all'atto di alzarmi.

Lo afferrai, lo aprii e lessi tacito il primo versetto su cui mi caddero gli occhi. Diceva: « Non nelle crapule e nelle ebbrezze, non negli amplessi e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non assecondate la carne nelle sue concupiscenze ... » Non volli leggere oltre né mi occorreva. Appena terminata infatti la lettura di questa frase, una luce, quasi, di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono.

AGOSTINO, Confessioni 8, 12, 29