Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Duecento: Duccio di Buoninsegna

PITTORI: Duccio di Buoninsegna

Madonna in Maestà o Madonna Rucellai: sant'Agostino vescovo e santi

Madonna in Maestà: con sant'Agostino vescovo e santi

 

 

DUCCIO DI BUONINSEGNA

1285

Firenze, Galleria degli Uffizi

 

Madonna in Maestà o Madonna Rucellai: sant'Agostino vescovo e santi

 

 

 

Questo che può essere considerato il più grande dipinto (tempera su tavola; 450 x 292) del Duecento italiano arrivato fino a noi, costituisce la più antica opera certa di Duccio, commissionatagli il 15 aprile 1285 dalla compagnia dei Laudesi e destinata alla loro cappella in Santa Maria Novella di Firenze: «rectores sotietatis Sancte Marie Virginis ecclesie SMN... locaverunt ad pingendum de pulcerrima pictura quandam tabulam magnam, ordinatam fieri pro sotietate predicta ad honorem beate et gloriose virginis Marie, Duccio quondam Boninsegne pictori de Senis, promictentes et convenientes eidem Duccio... in termino quo picta et completa fuerit libras centum et quinquaginta florenorum...; et versa vice dictus Duccius... promisit... pingere et ornare de figura beate Marie virginis et eius omnipotentis filii et aliarum figurarum ad avoluntatem et piacimentum dictorum locatorum... Actum Florentie iuxta scholas fratrurm Predicatorum ecclesie SMN» (ASF, Dipl. SMN 15.IV.1285).

Intorno al 1570 la pala fu spostata sull'altare della Cappella dei Rucellai, una delle più potenti famiglie fiorentine del tempo, e da qui ha poi preso il nome di "Madonna Rucellai". La trecentesca cappella è situata all’estremità destra del transetto, che si può raggiungere da una gradinata sul cui pianerottolo si trova la tomba di Paolo Rucellai (sec. XV). Durante la seconda guerra mondiale fu trasferita provvisoriamente e per motivi di sicurezza alla Galleria degli Uffizi, e qui è rimasta esposta fino ad oggi. In questa grande pala d’altare troviamo già alcuni dei tratti stilistici che caratterizzano la pittura di Duccio e della successiva scuola senese che da origina da lui.

La tavola è stata attribuita a Cimabue da Vasari e critici almeno fino alla fine dell’Ottocento, ma la paternità di Duccio è sicuramente attestata dal contratto di commissione ritrovato nel XVIII secolo. Rispetto alla pala di Santa Trinità di Cimabue, questa Maestà di Duccio ha una costruzione spaziale molto più incerta e labile. Il trono è posto in tralice, ma non dà profondità alla scatola prospettica. Gli angeli, posti sui lati del trono, sono collocati in verticale perfetta: non hanno un piano reale d’appoggio ma si pongono uno sulla testa dell’altro. La tavola ha caratteri stilistici che sono molto diversi dallo stile bizantino, stile dal quale, del resto, anche Duccio proviene per formazione. Il sottile bordino dorato del manto della Madonna crea una linea di chiara matrice gotica. Di gusto gotico è anche il cromatismo molto intenso della tavola, con colori squillanti e intensi. Una corona di santi si snoda lungo il bordo della cornice fra cui si riconosce anche un sant'Agostino.

 

 

Duccio da Boninsegna (1255-1316 ca)

La data di nascita di Duccio, sulla quale non si hanno peraltro notizie precise, è posta concordemente dalla critica intorno al 1255. Il nome dell'artista ricorre per la prima volta in un documento del 16 novembre 1278 relativo a un pagamento di 40 soldi fatto a "Duccio pictori" dall'Ufficio della Biccherna del Comune di Siena per aver dipinto dodici casse per la custodia dei documenti. A questa data il pittore è in grado di riscuotere pagamenti per lavori eseguiti. Altri pagamenti sono registrati nel 1279 al 1295 per la pittura delle perdute tavolette dei registri della Biccherna. E' del 1280 la prima notizia riguardante le multe che il Comune di Siena inflisse più volte all'artista nel corso degli anni. Nel 1285 i rettori della Società dei Laudesi di Santa Maria Novella a Firenze commettono per la propria sede a "Duccio quondam Boninsegne pictori senesi" una grande tavola dedicata alla Madonna, oggi concordemente indicata con la Madonna Rucellai. Del 1287-1288 sono i documenti relativi alla grande vetrata del Duomo di Siena.

Nel 1295 fa parte della Commissione circa la controversia per l'erezione della Fonte Nova o Fonte Ovile. Nel 1308 Jacopo de' Marescotti commette a Duccio la grandiosa pala della Maestà collocata sull'altare maggiore del Duomo senese. Da un contratto con Messer Tommaso di Dino, risulta che Duccio abitava presso la porta Stalloreggi, nel popolo di San Quirico, in una casa in comproprietà con Pino e Bernardino di Arriguccio di Dietisalvi. Di lui scrisse Lorenzo Ghiberti nei suoi Commentari datati 1450: "Fu in Siena ancora Duccio il quale fu nobilissimo pittore: tenne la maniera greca. E' di sua mano la tavola maggiore del Duomo di Siena: è nella parte dinanzi la incoronazione di Nostra Donna e nella parte di dietro il testamento nuovo. Questa tavola fu fatta eccellentemente e dottamente, è cosa magnifica e fu nobilissimo pittore."