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PITTORI: Nunzio Quarto

Germoglio la casa di Sant'Agostino dello scultore Nunzio Quarto

Germoglio la casa di Sant'Agostino

 

 

NUNZIO QUARTO

2002

Barletta, Collezione Privata

 

Germoglio la casa di Sant'Agostino

 

 

 

Nunzio Quarto, la casa di Sant'Agostino e l'umana avventura

di Giuseppe Lagrasta

 

Esplorare, leggere e interpretare le figure, i dilemmi e le congetture plurali che la scultura di Nunzio Quarto, inedita e mai esposta al pubblico, dal titolo: "Germoglio la casa di Sant'Agostino", (Bronzo 2002, h. 1,65x77x75 cm, su base 40x80x80), consente all'osservatore di riconoscere le metafore del risveglio, della speranza, della nascita e della rinascita della vita che chiede luce, respiro vivo e accoglienza. Luce che dona figurazioni e riflessioni sul contesto che la scultura di Nunzio Quarto alimenta sia per la dimensione plastica che dona alla stessa opera ma anche per il dinamismo allegorico e metaforico che ci consente di riconoscere gli aspetti misterici dell'opera di San Agostino. Con stupore e meraviglia, l'opera di Quarto, annuncia il sontuoso dialogo tra gli eventi umani e una voce divina che attraverso Sant'Agostino, si fa pronuncia vitale, figurazione di volti e braccia tese verso l'alto che donano sangue ai visceri della terra e alle radici dell'umano. Così, dal palpito delle immagini che la scultura di Quarto promana, scaturisce il bisogno di narrare una storia, di documentare la memoria di un artista sempre più impegnato a scavare, a chiedersi, a narrarsi, a interpretare le alte solitudini e i profondi disagi che albergano il cuore e la mente.

La scrittura scultorea di Nunzio Quarto è intensa, vitale, impetuosa e combatte il male di vivere che assedia l'umano descrivendolo attraverso molteplici forme e immagini: l'uomo-focus e l'uomo-semplificato, l'uomo-nicchia, l'uomo-comfort zone, l'uomo amplificato, l'uomo incompiuto e con l'intrecciarsi di forme e figure destabilizzanti producono le spire di un serpente (quasi invisibile ma presente nel respiro) che pare sia già quasi padrone di quella materia cosmica, pronto per insediarsi. La scultura di Quarto emana così, la forza di invisibili virgulti che vogliono germogliare, estendersi verso la vita e combattere per un mondo migliore; ma il trasparire dell'immagine di una fortezza ma anche l'evolversi dell'immagine in una casa comune rendono la casa di Sant'Agostino un luogo simbolo di riflessione, meditazione e preghiera con il continuo richiamo alla città terrena e alla città celeste. E la casa di Sant'Agostino così si trasforma in un luogo dove le azioni realizzate leniscono ferite, dove le parole sacre danno asilo alle anime smarrite, tra lo svolgersi delle vite familiari e il riconoscimento della vita interiore.

La casa è il luogo dove si sviluppa la grammatica degli affetti e osservando la scultura di Nunzio Quarto, "Germoglio la casa di Sant'Agostino", assaporiamo il senso intimo che esprime lo svolgersi di una storia, il fluire di un racconto, lo splendere delle immagini mistiche tra temi e motivi che segnano la vitalità, il desiderio di una nuova rinascita e di una nuova comprensione. E poi, nell'intorno, tra le ombre assistenti, la presenza dell'acqua - madre e il mistero della luce, che avvolgono, che accolgono, e rasserenano; e più in là? Forse il deserto ma anche la memoria del mare, quel mare bambino di Nunzio Quarto che dona ai suoi giovani viaggiatori, i segni della natura viva e nutrendo di coraggio i suoi marinai. Così, tutti, prima o poi, chiederanno, per stanchezza, per solitudine o per nostalgia il luogo su cui approdare, dove riposare le proprie spoglie, i propri desideri e le paure; così leggendo l'opera di Quarto notiamo come essa sprigioni la potenzialità evocativa del germoglio, figura quanto mai sublime e significativa dell'umana avventura; il germoglio che si annida tra humus della terra e luce del sole, tra amore e vita, che appare e dispare con l'essere che nasce, esistente e dolce che sente la carezza lieve per la visione della luce, per la figurazione del nascere.

L'opera di Nunzio Quarto, quindi, narra eventi che l'artista ha già interiorizzato e che rende, con grande abilità creativa, la forza del progetto generativo - trasformativo che l'accompagna. Cosi tra generazione e interiorizzazione la grammatica artistico - ideativa del nostro scultore intercetta molteplici spazi e luoghi del germoglio: attraversa il linguaggio del sacro, evoca la natura del silenzio, indaga l'arcobaleno dell'umano- quotidiano, fatto di poesia e ragione, sorprende le parole e le cose, annuncia significati e metafore che dall'umano si fondono nel sacro e che dal sacro ritornano all'umano. Ecco le braccia di luce, carne viva dell'essere, mentre si innalzano verso gli orizzonti, verso il cielo, tendono verso il lume dei misteri: quelle braccia intrecciate, che osserviamo tra le penombre della scultura di Nunzio Quarto ci fanno scoprire la città di celeste, aprendo così la porta alle beatitudini.

Ma perché abitare quei luoghi di luce, perché sostare nella luce allontanandosi sempre più dalla zona inanimata e misteriosa del deserto? Ma per ricevere il battesimo dei nostri frammenti - canterebbe poeticamente il grande poeta Mario Luzi -. E così Nunzio Quarto, attraverso la scultura "Germoglio la casa di Sant'Agostino", raccogliendo i frammenti battezzati dell'umana avventura, tra il segno della croce e un'ostia sacra che inneggia alla luce e alla salvazione, ripropone la lotta contro il nulla e il vuoto, contro la desertificazione della grammatica dell'umanità. E pone al centro della riflessione, tra pensiero umano e sacralità della vita, il desiderio di andare verso la divina leggerezza, verso lo scandaglio dell'umano, tra molteplicità, visibilità e coerenza. Ma saprà mai l'osservatore o l'abitatore, dopo aver ritrovato il lume che quella è la dimora di Sant'Agostino? Lo scoprirà svegliandosi nella luce, affondando lo sguardo verso uno spazio di nuova energia, sia nel rispetto della vita altrui sia nel rispetto del mondo e della natura circostante.

La dimensione mistica della scultura di Quarto, in questo deserto storico, apre nuovi orizzonti di senso e di significato, ricompone i frammenti di un'avventura umana dissacrata e avvilita dal vuoto. Lo spazio che abita la scultura di Nunzio Quarto è spazio visibile e invisibile, scritto e non scritto, pensato e immaginato, voluto e dedicato, esplorato e indagato, spazio congetturale, spazio che abita la materia invisibile e frastornata dalla ricerca di un'esistenza difficile, per ritrovarsi poi, all'interno di linee metaforiche che consentono di scrivere, disegnare e riesplorare i luoghi e i non-luoghi dell'appartenenza e della dis-appartenenza. Così osserviamo due braccia rivolte al cielo che, con mani strette, pregano e nella preghiera attraversano gli atti, le parole e le cose, i sentimenti e le emozioni che umanizzano la vita dell'uomo con i riti di passaggio che la supportano. Ritroviamo così l'esperienza di vite, di esistenze che si incrociano, intrecciano pensieri, non hanno più timore e tremore nell'affrontare la vita – per dirla con S. Kierkegaard - e insieme, soffrono e combattono l'angoscia, la violenza e gli assassinii per futili motivi, nell'indifferenza dell'umano gelo umano. Nel ritrovare il luogo per dare battesimo ai frammenti umani, Nunzio Quarto, con la sua opera, accende una luce, propaga plasticità e dinamica votiva alla vita bronzea e offre paternità a chi ha smarrito la voglia di vivere restituendo valore alla vita umana che, all'improvviso, ha perduto il suo valore.

 

 

 

Nunzio Quarto

Nato a Barletta nel 1941, Nunzio Quarto è un pittore e scultore autodidatta. Dopo le prime esperienze pittoriche, dalla seconda metà degli anni '50, si avvicina alla scultura modellata in creta ed alcuni anni dopo a quella fusa in bronzo per la chiesa di S. Agostino a Barletta (1958). Nel 1966 a Carrara frequenta l'Accademia di scultura e perfeziona la tecnica della lavorazione del marmo. Oltre a scolpire il marmo e dipingere, nel suo studio di Carrara crea un piccola fonderia dove esegue personalmente le fusioni in bronzo. Nel 1967 costruisce un torchio calcografico e nel 1968 riceve la targa d'argento dalla rivista "En plein air" al Concorso Nazionale di pittura estemporanea a S. Agata dei Goti.

Nella prima metà degli anni '70 Quarto si trasferisce a Milano anche se continua a trascorrere periodi di lavoro a Carrara, dove espone i suoi lavori in numerose mostre di gruppo. Nel 1979 in una mostra cui partecipano trenta scultori di trenta nazioni, organizzata dal comune di Carrara, la sua opera viene apprezzata dal critico Antonio Di Genova, che lo definisce "un eccellente rifinitore".

Secondo il giudizio della critica "Lavorare la pietra, il marmo, progettare il bronzo ha sempre significato per Quarto una sorta di rapporto con le forze primordiali della natura, con le energie disseminate del creato. Non soltanto un'operazione intellettuale, dunque, ma un'operazione squisitamente manuale, fabbrile, laboriosa. Un lavoro della mano, inteso come via primaria di conoscenza."