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PITTORI: Ary Scheffer

Estasi di Ostia

Estasi di Ostia

 

 

SCHEFFER ARY

1854

Londra, National Gallery

 

Estasi di Ostia

 

 

 

IL quadro che si conserva a Londra alla National Gallery è una copia dell'opera presente al Louvre di Parigi. Il soggetto riprodotto è tratto da un passo del libro nono delle "Confessioni" di sant'Agostino, dove si descrive un episodio noto come estasi di Ostia. La scena raffigura sant'Agostino e sua madre Santa Monica mentre discutendo del regno dei cieli hanno una specie di visione mistica. Poco dopo morì Monica sul lido di Ostia dove venne sepolta. Questa di Londra è una delle numerose repliche di uno dei quadri più noti e conosciuti di Ary Scheffer (1795-1858). Nell'originale, terminato verso il 1845, per la figura di Monica il pittore come modello scelse sua madre. Nella versione londinese si tramanda che Scheffer scelse come modella la signora Hollond, il cui ritratto, sempre di Scheffer, è presente nella collezione della National Gallery.

Il quadro è stato realizzato su tela dalle dimensioni 135 x 105 cm. Lasciato in eredità da Robert Hollond, l'opera è entrata nella collezione londinese nel 1885.

 

Alcune delle pagine più belle delle Confessioni sono dedicate da Agostino al commosso ricordo della madre Monica. In particolare, è rimasto famoso l'episodio della cosiddetta "estasi di Ostia", un'esperienza mistica che i due ebbero a Ostia Tiberina nel 387, a breve distanza dal battesimo di Agostino e pochi giorni prima dell'ultima malattia di Monica. Risalendo di contemplazione in contemplazione dalle cose create alla divina Sapienza creatrice, madre e figlio pregustano la gioia del paradiso. Nel viaggio di ritorno da Milano dopo il 387 Agostino e Monica soggiornarono a Ostia in attesa di potersi imbarcare per l'Africa. In questa città Monica trovò la morte, ma prima di morire Agostino ricorda un fatto curioso che li vide protagonisti: un'estasi platonica.

 

10.23. Incombeva il giorno in cui doveva uscire da questa vita - e tu lo conoscevi quel giorno, noi no. Accadde allora per una tua misteriosa intenzione, credo, che ci trovassimo soli io e lei, affacciati a una finestra che dava sul giardino interno della casa che ci ospitava, là nei pressi di Ostia Tiberina, dove c'eravamo appartati lontano da ogni trambusto, per riposarci della fatica di un lungo viaggio e prepararci alla navigazione. Conversavamo dunque assai dolcemente noi due soli, e dimentichi del passato, protesi verso quello che ci era davanti ragionavamo fra noi, alla presenza della verità - vale a dire alla tua presenza. L'argomento era la vita eterna dei beati, la vita che occhio non vide e orecchio non udì, che non affiorò mai al cuore dell'uomo. Noi eravamo protesi con la bocca del cuore spalancata all'altissimo flusso della tua sorgente, la sorgente della vita che è in te, per esserne irrigati nel limite della nostra capacità, comunque riuscissimo a concepire una così enorme cosa.

- 24. E il nostro ragionamento ci portava a questa conclusione: che la gioia dei sensi e del corpo, per quanto vivida sia in tutto lo splendore della luce visibile, di fronte alla festa di quella vita non solo non reggesse il confronto, ma non paresse neppur degna d'esser menzionata. Allora in un impeto più appassionato ci sollevammo verso l'Essere stesso attraversando di grado in grado tutto il mondo dei corpi e il cielo stesso con le luci del sole e della luna e delle stelle sopra la terra. E ascendevamo ancora entro noi stessi ragionando e discorrendo e ammirando le tue opere, e arrivammo così alle nostre menti e passammo oltre, per raggiungere infine quel paese della ricchezza inesauribile dove in eterno tu pascoli Israele sui prati della verità. Là è vita la sapienza per cui sono fatte tutte le cose, quelle di ora, del passato e del futuro - la sapienza che pure non si fa, ma è: così come era e così sarà sempre. Anzi l'essere stato e l'essere venturo non sono in lei, ma solo l'essere, dato che è eterna: infatti essere stato ed essere venturo non sono eterni. Mentre così parliamo, assetati di lei, eccola... in un lampo del cuore, un barbaglio di lei. E già era tempo di sospirare e abbandonare lì le primizie dello spirito e far ritorno allo strepito della nostra bocca, dove la parola comincia e finisce. E cosa c'è di simile alla tua Parola, al Signore nostro, che perdura in se stessa senza diventare vecchia e rinnova ogni cosa?

- 25. "Se calasse il silenzio, in un uomo, sopra le insurrezioni della carne, silenzio sulle fantasticherie della terra e dell'acqua e dell'aria, silenzio dei sogni e delle rivelazioni della fantasia, di ogni linguaggio e di ogni segno, silenzio assoluto di ogni cosa che si produce per svanire" - così ragionavamo - "perché ad ascoltarle, tutte queste cose dicono: 'Non ci siamo fatte da sole, ma ci ha fatte chi permane in eterno'; se detto questo dunque drizzassero le orecchie verso il loro autore, e facessero silenzio, e lui stesso parlasse non più per bocca loro, ma per sé: e noi udissimo la sua parola senza l'aiuto di lingue di carne o di voci d'angelo o di tuono o d'enigma e di similitudine, no, ma lui stesso, lui che amiamo in tutte queste cose potessimo udire, senza di loro, come or ora con un pensiero proteso e furtivo noi abbiamo sfiorato la sapienza eterna immobile sopra ogni cosa: se questo contatto perdurasse e la vista fosse sgombrata di tutte le altre visioni di genere inferiore e questa sola rapisse e assorbisse e sprofondasse nell'intima beatitudine il suo spettatore, e tale fosse la vita eterna quale è stato quell'attimo di intelligenza per cui stavamo sospirando: non sarebbe finalmente questa la ventura racchiusa in quell'invito, entra nella gioia del tuo signore? E quando? Forse quando tutti risorgeremo, ma non tutti saremo mutati ?"

AGOSTINO, Confessioni, 9, 10, 23-25

 

 

Ary Scheffer

Di origini olandesi, essendo nato a Dordrecht nel 1795, questo pittore era figlio di Johan Bernhard, pittore di discreta fama. Nel 1813, dopo la morte prematura del padre, Ary si trasferì a Parigi con sua madre, dove frequentò lo studio di Pierre-Narcisse Guérin. Nel 1819 partecipò a una mostra al Salon. Il suo stile, ancora incerto su quale percorso seguire, non poteva appoggiarsi ai suoi maestri Delacroix e Géricault, lontani dallo spirito romantico che iniziava a dominare la scena artistica francese. Il suo "classicismo freddo" fu mitigato dallo studio delle opere di Byron e Goethe. Eccellente ritrattista, famosi quelli di Chopin e Liszt, si applicò anche a soggetti religiosi di ispirazione cattolica, pur essendo protestante. Dopo il suo ritiro a vita privata nel 1848, con la caduta della monarchia cui era legato, venne promosso Commendatore della Legion d'Onore e nel 1850 assunse la cittadinanza francese. Scheffer continuò sempre a dipingere, fino alla morte che lo colse nel 1858 mentre si trovava ad Argenteuil. Parigi gli ha dedicato una strada e la sua città natale una piazza. Ary Scheffer, nonostante la sua impostazione giovanile, riuscì ad affermarsi fra i maestri della pittura romantica francese grazie alla forte ispirazione mistica e sognante delle sue composizioni.